LA RESISTENZA DEL CACTUS - DIGITAMAN LUCA CURATOLI

Non ricordo mai di essere stata magra. Forse nei sogni di bambina, quando sopportavo a malapena quel peso. Volevo diventare grande il più presto possibile e intanto litigavo con te: avrei potuto ucciderti ma non l’ho fatto. Sembrava tutto normale. Una bamboccia stenta a crescere come i genitori vorrebbero e “la sorella più piccola di un anno già così bella”. Le sento ancora quelle stupide parole della gente. Sono sempre le stesse! Così idioti tutti da non rendersi conto quanto potessero farmi del male. Adesso sono cresciuta sorella mia. Stenti a crederlo vero? Hai mancato troppe volte di immaginazione nei miei confronti. Per te ogni giorno scorreva invano. La ragazza acqua e sapone con l’anima ripulita ogni santo giorno. Quanti complimenti e quanti sorrisi di compiacenza. Erano tutti per te e se io provavo a scrostare quella patina di bellezza (che tutti e ribadisco tutti me compresa contribuivamo a far ingrassare) io veniva additata come la bambina cattiva. Da adulti non siamo cambiati molto. Tu eri la bella ed io “la stronza”. Sentirsi definire dalla propria sorella in questo modo non aiuta a ricucire un rapporto. Non potevo certo metterti le mano addosso. Non più. Comunque in qualche modo te la facevo sempre pagare. Ma niente in confronto al male che mi facevi tu. Tutta perfetta lei e senza una parola di comprensione per me. “Una che si veste così non potrà mai combinare nulla di buono”. L’hai detto tu, ricordi? E chi eri per parlarmi così? Di un po‘, chi mi ha convinta ad una liposuzione? Chi ha finto dopo tanti anni di ipocrisia di essermi finalmente vicina, amica, complice. Ti vergognavi di me. Non potrò mai perdonartelo. Entrai in sala operatoria col terrore di morire e tu mi tenevi la mano, dicendomi nell’orecchio cose talmente orribili che vorrei dimenticarle: mi hai detto “Vedrai che tutti gli uomini cadranno ai tuoi piedi”. Che porcheria la vita quando hai una sorella così! Non mi hai mai conosciuta. Come ero fatta dentro, tu non te lo sei mai chiesta. La verità è che a un certo punto me ne sono fregata di dimagrire. Avrei voluta dirtela questa cosa. Ma prendere il telefono per parlarti è un gesto così inutile. Ti piace nasconderti dietro le parole che poi sono quelle degli altri. Io ti facevo uscire il sangue, ti scorticavo quella faccia e tu mi parlavi! La differenza tra noi, mia cara, non sta né nella bellezza né nell’intelligenza. In fondo qualche astuzia l’hai imparata pure tu. Ti vedo ancora in quella foto: la bambina graziosa era già la malizia fatta persona. Papà ti adora e spero che non apra mai gli occhi. Nostra madre è una perfezionista. Sei la sua creazione. Con me le è andata male. Anche lei ha contribuito a farmi crescere nel rancore verso te. I figli non sono cose, mia cara. Dovresti impararlo anche tu. I figli e le figlie meno che mai non si possono crescere come bambole. Tu queste cose non potrai mai comprenderle. La differenza tra noi è che a te tutto scorre peggio dell’acqua. Ti fai fottere da un drogato e quasi ci diventi pure tu. Poi ti lavi il viso, dopo aver pianto. Quante lacrime anima mia! Ti hanno perdonato quella volta. Ti hanno sempre perdonata. Le uniche volte che sono riuscita a parlare con mamma era per via delle tua scappatelle. Una volta ti ho fatto male. Me l’hai detto tu. Feci una scommessa con me stessa. A questo mi riducesti. Doverti dimostrare quanto valessi con i tuoi stessi  mezzi. Mi sono detta quella volta: vuoi vedere che con un po’ di trucco e qualche parola buttata lì, dove lei normalmente non arriva, mi prendo suo marito? “Ti sei presa mio marito puttana” mi dicesti tra le lacrime, quando capisti che la storia non poteva più rimanere tra noi. Ma chi l’ha voluto quel cagnolino! Dovevo dimostrarti cosa una donna potesse fare. Non ti ho mai reputata tale, nonostante la bellezza. Ripeto. Dalla tua parte c’era solo quella ed io non potevo farci niente. Sono andata a letto con tuo marito. L’ho fatto senza ritegno. Senza rispetto per me stessa. Voi vi siete ricostruiti la vita. Non hai divorziato perché c’era un figlio. Lo ami lo so. Tu ami tutti a parole. Specie te stessa. Io me ne sono dovuta andare. Caro mi è costato quel graffio! Da allora non ci sono state feste per me. Mi avete condannata all’ergastolo. Quello che ho fatto era la prova della mia cattiveria. Non ti sei mai chiesta quanto io sia stata stupida? Nemmeno una volta hai provato pietà per me. In questo modo sono cresciuta. Arida come tu mi hai sempre etichettata. Ti ho regalato solo le spine, soltanto perché non mi hai dato scelta. Non ti sei mai chiesta se anch’io avessi bisogno di piangere? Sai, le lacrime le ho conservate. Non le sciupo mica. Sono diventata donna in questo deserto. Ma oggi è diverso. Vorrei parlartene. Vorrei condividere con te questo momento. Mi sento rinata. Forse un giorno verserò tutte le lacrime per gli anni sciupati accanto a te. No sorella mia non mi sono sposata. Non sono diventata madre stanne certa. Mai e poi mai avrei imitato i tuoi passi. Sono destinata ad altro io. I miei percorsi (scusa se ti annoio con la mia vita) i miei percorsi incrociano quelli di altri come me. Potresti mai sospettare quanti siamo noi? Tagliati fuori dal giudizio degli altri, abbiamo fatto della nostra adattabilità una risorsa per continuare a vivere giorno dopo giorno. Non esiste solo la fame sorella mia. Quella brama che tu ben conosci; che non ti sazia mai e anzi ti fa dimagrire. Lo sei ancora vero? Sono stata una vita tagliata fuori dagli sguardi degli uomini solo perché le persone come te mi convincevano che così doveva essere. Sono stata anni senza sapere cosa fosse il sesso. Cosa credi che sia stato divertente con tuo marito? Un giorno ho incontrato una persona. Delicata come me. Lo so che sembrava un camionista! E con questo? L’ho amato per quel breve tempo che me l’ha permesso. Ancora oggi tremo al pensiero di tutti quegli anni senza amore. Sono di nuovo nel deserto. Questa solitudine non mi uccide. Un giorno, ne sono certa, si avvicinerà di nuovo qualcuno, magari non più di un’ombra e veramente non mi interessa più l’aspetto fisico di nessuno. Avrà tanta sete che sarò disposta a fargli bere dalla mia riserva d’acqua. Sono una splendida cinquantenne io. Addio sorella.