BOLOGNA 1943 - FRANCA BAGNOLI

grazie per la tua testimonianza che suona come una denuncia, ancora oggi, dopo più di sessant'anni. cambiano i posti ma gli orrori sono sempre gli stessi.
mio nonno era in grecia, dopo l'armistizio è finito in un campo di lavoro tedesco e quando è tornato pesava quaranta chili. a lui piace ricordare il lato tragicomico della guerra, quell'arte di arrangiarsi che gli italiani conoscono bene, le bucce di patate a pranzo e a cena, il grosso gatto del cuoco tedesco che si sono mangiati i prigionieri affamati (lui dice di averne assaggiato solo un pezzettino!), gli amori con le ragazze cecoslovacche che erano costrette a lavorare in germania, gli spettacoli improvvisati con i travestimenti da donna per i soldati americani in cambio di sigarette e cioccolata...

è stato un piacere leggerti, pdg
benvenuta

BENVENUTA, FRANCA!

Grazie, Alain. Piacere di conoscerti. Franca.

Grazie a te, Manuela. Un abbraccio. Franca.

Ciao a tutti e in particolare ciao Franca,
a me piace leggere, leggo tutti i vostri racconti, alcuni mi piacciono molto e altri un po’ meno, però non commento, penso di non esserne all’altezza. In questo caso, invece di commentare, voglio pubblicare questa satira scritta da mio prozio Franz Kaiserjager dell’Impero Austroungarico, morto a soli 26 anni, lasciandoci in eredità i suoi preziosi diari e le sue poesie.

Satira
dei pidocchi scritta fra una grattata e
l’altra nel Giugno 1915

Miei cari lettori mi fate il favore
Di far attenzione al mio piccol comporre
E intrattenervi con me un momento
Interessandone tutti il suo bell’argomento.

E’ del pidocchio che voglio parlare
Di quelle bestie che fanno grattare
Avendone tutti una quantità infinita
Che gira e rigira intorno alla vita.

I pidocchi son bestie che dan tale fastidio
Da farne venire quasi il delirio
Di ciò ne da fede ogni disgraziato
Ch’è stato in Galizia a fare il soldato.

S’alza per tempo il povero militare
Stanco e sfinito del furioso grattare
Pensando afflitto alla lunga durata
D’una vita penosa così scellerata.

Non v’è parte del corpo che sia senza pena
Dal collo ai piedi dal ventre alla schiena
Inoltrandosi ovunque questi animaletti
Per deporvi a gara le uova a mucchietti.

Se non si distrugge questa semente
Aumenta la dose meravigliosamente
Rigenerandosi in tutti i cantoni
A centinaia a migliaia e fors’anche a milioni.

Ve ne sono in quei buchi framezzo ai calzetti
Di grandi e belli come capretti
Che corrono e mordono a più non posso
Da minacciar di distruggere la carne e anche l’osso.

Se poi cercate nelle mutande
V’impaurirete a veder quelle gambe
Vedrete ovunque il sangue che corre
Una vera scena da far orrore.

Osservate una volta intorno ai calzoni
In tutte le falde framezzo ai bottoni
Di questi soci ne troverete pur là
D’ogni grandezza ed in gran quantità.

La blusa che forse crederete aver netta
Visitatela un poco e non dirlo si in fretta
Fra le spalle, alle braccia, nelle tasche o al collare
Vedrete sicuro qualche cosa a girare.

Se pure per bene vi servon gli occhi
Dovrete asserire che siano pidocchi
E non vantarvi con delle scuse
Dicendo: “Io pidocchi non ne ho nella bluse”.

Agli altri capi di vestiario
Farete pur bene farne l’inventario
Persuasi che pur certamente
Colà, ne troverete dose sufficiente.

Ogni singolo dunque senza preferenza
Ne ha più che abbastanza di questa semenza
Non occorre che temi la carestia
Finché ha in sua casa la macelleria.

Per fare il martirio una volta cessare
Vi son tanti rimedi che si posson provare
Però uno valevole lo testifica ognuno
Non l’ha trovato ancora nessuno.

Dall’uomo più semplice al generale
Conosce ognuno questo animale
Che è la causa di tanto patire
E che mai la notte lascia dormire.

Non è escluso il curato di campo
Che gratta la notte e il dì tutto quanto
Nonché il dottore colla sua medicina
Che graffia furioso sera e mattina.

A questi animali per toglier la vita
Servon per bene le unghie delle dita
E sebben sia un trovato di vecchia invenzione
E’ ancor oggigiorno in pien corso ed azione.

Per quanto il mestiere vada spedito
Continuamente sempre senz’aver mai finito
E quando avrete il braccio stancato
Potrete allor dire di esser da capo.

Finché resterete in questa Galizia
Non vi libererete da questa sporcizia
Dovrete asserire con afflitto tono
Ormai son ridotto come Ecce Omo.

La guerra coi russi è molto furiosa
Ma quella coi pidocchi è altrettanto noiosa
Distruggetene anche un milione per giorno
In un baleno ne avrete altrettanti d’attorno.

Per liberarsi una volta da questo gran male
Ci vuole una cosa del tutto speciale
Andare a casa e cambiarsi per bene
E si sarà liberati da tutte le pene.

Intanto non resta che aver pazienza
E proseguire la dura penitenza
Sopportare tutto con lieto viso
Per guadagnarsi la gloria del paradiso.

Galizia nel Giugno 1915

F. Dellagiacoma Zugsfuhrer
I° Rgt. T.K.Jg. 9 Komp.

fantastica Franca! quel paese delle meraviglie ha sempre da insegnarci

Che bella!
Non tanto perchè sia un capolavoro letterario, quanto perchè è commovente pensare a questo ragazzo impegnato nella guerra più sanguinosa e disumana della nostra storia recente, in cui sta bruciando la sua giovinezza e la sua vita, che ha la forza e lo spirito di scrivere un brano così leggero e divertente... anche letto ad un secolo di distanza!

Grazie Franca, vedi, questa poesia avresti ben potuto pubblicarla nel round che è appunto dedicato alla memoria, accompagnata solo da una piccola presentazione per introdurre l'ambiente.
Mi sembra perfetta!

La guerra, a gran voce aborrita, è sempre lì in agguato. Ben venga la memoria a modificar le menti che di tanto abominio son foriere. Non porto testimonianze, ma solo il raccapriccio di sentirla sulla mia pelle.
Bella pagina, Franca, scritta con i sentimenti di chi ha dovuto imparare a guardarsi intorno.

Grazie, Ragazzi. Allora diciamo in coro: "Abbasso le guerre passate e presenti".

e future!

Ringrazio Marghe e tutti quelli che mi hanno commentato. Potrei dimenticare qualcuno e mi dispiacerebbe molto. Un saluto a tutti. Il mio PC sta facendo i dispetti. Ogni tanto perdo il collegamento con internet. Domani torno a commentare gli altri post. Se non mi vedete sapete perché. Franca.

Leggo ora la poesia sui pidocchi. Siamo sicuri che parlasse di pidocchi, o piuttosto dei parassiti che lo hanno mandato in guerra? leggendo tra le righe, si potrebbe pensare che stesse parlando dei politici, dei re, dei capi che sono tanti, fanno tanti danni e inventano le guerre!

Caro Fabio, ti assicuro che non l' ho fatto apposta. Sono una grande confusionaria.
Un abbraccio. Franca.

Mi ricordo che alle medie ci fecero leggere "Centomila gavette di ghiaccio", penso che molti della mia età l'abbiano letto.
Mi colpì molto un passo che non so più citare a memoria, ma che grosso modo diceva così: ...ad un certo punto arrivo il camion con il sacco del vino...
Mi piacciono i racconti di quel tempo. Mio nonno mi raccontava sempre la "Grande Guerra" della trincea, del calcio di un mulo preso in bocca. Sono per me non vissuti, ma attraverso le parole di famiglia, un po' è come se lo fossero realmente. Fanno parte della memoria di casa, insomma.

E' un privilegio di noi vecchi ricordare cose che abbiamo vissuto. Possiamo farne memoria per voi giovani. Ciao. Franca.

Cara Rita mi piace pensare che in un futuro prossimo di guerre non ce ne siano più. Un abbraccio. Franca.

Franca Bagnoli ha scritto:

E' un privilegio di noi vecchi ricordare cose che abbiamo vissuto. Possiamo farne memoria per voi giovani. Ciao. Franca.

E questo è molto importante Franca. Non smettre mai, per favore e fino a che hai voce racconta. Qualcuno ascolta e qualcuno è meglio di nessuno.

Grazie, Anna Maria. A me piace raccomtare. Pescherò nella mia memoria altri ricordi. Un abbraccio. Franca.