La inseguiva, la braccava, ogni giorno. Ovunque lei andasse, lui nell’ombra si nascondeva dietro di lei. Era un vigliacco. Forse era un’ossessione, senza dubbio una malattia. Qualunque cosa lei facesse lo infastidiva terribilmente, di quel fastidio fisico che fa quasi digrignare i denti.
Lei lo ignorava, sentiva che le veniva dietro, di quella impercettibile presenza che s’avvicina alle cose e sfiora il vuoto. Sperava si stancasse, ma una malattia non muore mai. Non reggeva la sua gioia, il suo modo d’essere scanzonato, le sue risate che gli rimbombavano nella mente. Lei era, lui non era nulla. Non resse quel giorno a vederli abbracciati.
Il proiettile giunse alle sue spalle, penetrò la sua carne, parve quasi fermarsi per un istante nel cuore, poi proseguì dritto, attraversò di nuovo la carne di lui, i vestiti, giunse alla camicetta di lei, la oltrepassò e si piantò nel petto.
Il loro bacio divenne un bacio di sangue, i loro occhi si ingrandirono gli uni negli altri per poi spegnersi in un ultimo sguardo. Neanche il tempo per un addio.
Barcollarono, vacillarono, i loro denti sbatterono gli uni contro gli altri, caddero a terra; faccia piantata su faccia, labbra su labbra, corpo su corpo.
Incerto si avvicinò, un ultimo colpo dritto alla nuca, nuca su nuca, e poi il silenzio.
Guardò le sue mani, la pistola, le loro bocche ancora unite da cui colava sangue e materia grigia.
Ricordò i baci di lei, melensi, i suoi orgasmi sul copriletto, non era mai riuscito a penetrarla. Mise nel mani nel sangue, era caldo e denso e i suoi ricordi volarono leggeri, senza domande senza risposte.
Le aveva detto che era bella solo una volta, che l’amava due volte soltanto, in realtà la odiava.
La odiava con tutto se stesso di un odio che penetra nelle viscere passa attraverso i tessuti, sgorga in arterie, capillari, diviene sangue, infine, vita. Se avesse potuto vederla trasformarsi groviglio di vermi sarebbe stato felice, camminarle sopra saltellando lo avrebbe reso felice.
Ora poteva. Un calcio al corpo di lui, che rotolò malamente lontano, e poi oplà, un salto sul petto di lei. Il piacere che provava nel sentire rompersi le ossa di lei, era ineguagliabile.
Forse il migliore amplesso che aveva mai avuto, mai provato prima.
Ma cos’era poi lui del resto? Chi era? Chi era mai stato? Un’ombra che si accavalla nella mente, calpestata da mille e più ombre più grandi di lui.
Si sedette a cavalcioni su di lei e con un dito prese ad imbrattarle il viso. Rise forte di fronte a quel mascherone rosso che i colpi avevano deformato, rise più forte, ora era brutta davvero, al pari del mostro che lui era sempre stato.