[…] Del resto qualunque uomo ha sempre bisogno di trovare qualcuno da disprezzare, verso cui rivolgere le proprie frustrazioni, amarezze e fallimenti, per sentirsi in qualche modo accettato da una società che lo rifiuta e che niente vuole avere da spartire con lui ed al contempo non sentirsi l’ultimo gradino della gerarchia costruita da quella stessa società a favore della quale, senza volerlo, regge il gioco.
Questo ho pensato una sera, uscendo da casa per fare due passi dopo esser rincasato in anticipo dal lavoro, mentre vedevo il parcheggiatore sotto casa, denigrare, allontanare schifato ed imprimere gratuitamente vergogna con la volgarità tipica del più rozzo e sporco uomo di strada, pronunciata da una voce sottile e femminea, ad un immigrato che provava ad avvicinarlo chiedendogli dei soldi.
Questi se lo vedeste ha un aspetto ripugnante: vestito di stracci rimediati chissà in quale discarica, non è alto più di un metro e sessanta, zoppica e camminando goffamente, va alzandosi di continuo i pantaloni più larghi di due misure e senza cinta; la calvizia scopre la testa annerita dal sole per le troppe ore trascorse all’aperto come parcheggiatore abusivo in tutto il centro storico di Catania; ti è impossibile guardarlo negli occhi per via dello strabismo che gli devia l’occhio sinistro come la biglia impazzita di un flipper.
Al tunisino diceva “nun mi tuccari ca sta fitennu comu a merda”.
Mi hanno convinto che in lui germoglino i semi del male!