L'indole padrona

Giorni di un inverno d’altri tempi questi: il freddo ed il suo gelo restano aggrappati ovunque. Come spessa pellicola trasparente ricoprono ogni cosa. Sono trascorsi oramai diversi giorni dalla grande neve eppure, ancora a tratti, resiste tenace nei campi e per le strade. Era tutto più attutito, sordo sotto la coltre bianca. Persino i miei pensieri si agitavano più lenti nella testa; quasi senza far rumore. Ho spalato di buone braccia in quei giorni vicini, per liberare il mezzo a motore… e chissà che d’altro in verità, dalla morbida morsa. Un casuale pretesto che ho accolto di buona intenzione, questo. Così un semplice badile, diviene all’occorrenza servile compagno, aiuto sincero a mitigarmi le inquietudini. Tale è stato per me quel temporaneo “rimuovere”: un soccorso inatteso. Un semplice gesto necessario intrecciato a quel bisogno, tra il pulsar delle braccia ed il peso gravido della mente. Come fossero stati alleati inconsapevoli e perfetti, non lasciando che, dal loro transitorio accordo, nessun azzardo potesse rapirne la simbiosi. Sincronia di movimenti ripetuti, potenti, liberi di servire attraverso il gesto ad un cuore in tumulto, una via di profonda pace. Questo è l’incanto di scoprire dietro ad una semplice azione come tra le pieghe del tempo, le complessità di forma che la vita mi accosta agli occhi, lasciandomi a volte smarrito ed altre in ascolto. Ed ora che la mia età non rappresenta più coi suoi colori tinte assolute, rimango in egual modo un giovane apprendista d’animo, disposto ad accogliere ancora tutte le magie ed i giorni a venire così come arriveranno, anche se la fatica a volte, spingerà al supplizio i ginocchi. Ci sono molti perché in verità, che ancora non ho afferrato tanto da poterli accomodare per sempre nel passato e, tutto ciò oramai, a volte si ammassa come fosse spinto dentro allo stretto collo d’un imbuto. Il non saper affrontare scientemente, ad una ad una le amarezze e le illusioni che si accatastano in quell’angusto passaggio, spingono l’umore a tratti, al moto disuguale delle maree. Ecco perché ogni piccolo segnale di vita mi arriva come un’onda emozionale senza controllo alcuno. Ed anche se un facile pensiero adesso cerca percorsi più tolleranti, l’indole padrona si oppone con forza, lasciando al dolore, all’impeto del sangue, la guida degli intenti. Appartengo a questa forma di cammino io: tortuosa e indagatrice, ma di capirne il quanto esatto, forse non me ne verrà mai concessa la ragione. Ciò che mi circonda il sentimento invece, è questione impegnativa, dura, anche per chi passeggiandomi accanto, percorre la mia stessa strada. E di questo purtroppo, io ne posseggo un verbo. Così, parte dei miei profondi conflitti, dei silenzi urlati, migrano quasi per osmosi inversa, gravandone un peso che io posso riconoscere a tutto ciò che mi è di più caro. Non è mia ambizione né scelta condividere il dolore, quello che già è per me sofferenza viva, ma non ho facoltà d’opposizione a questo. Non può più tornare indietro ciò che si è spartito così tanto, e di questo, vorrei farne segreta preghiera di perdoni. Mentre fuori un giorno grigio e plumbeo, cede al buio ciò che rimane di quella poca luce, io, intanto, rimango ancora qui a inerpicarmi su tortuosi sentieri del mio assurdo sentire, rapito come sempre dai vortici sparsi delle mie incertezze smisurate. Ci vorresti tu qui ora, a posarmi una mano sulla fronte, cancelleresti così il frastuono dei miei pensieri. Mi basterebbe soltanto avercela quella mano adesso a perdonarmi un poco. Un altro soccorso a sconfiggere quel fitto svolazzo di fantasmi presuntuosi che mi albergano la mente. Saranno stati questi giorni di un inverno d’altri tempi a scavarmi dentro, sarà pure il tuo pensiero che si fa più forte dello stesso gelo quando non ci sei, ma sento ancora lontana oggi, l’opportunità che una quiete di passaggio mi raggiunga presto. E di serrare i denti e tutto ciò che mi rimane d’osservare adesso. Aspetterò così, che un pensiero più accogliente s’accomodi, almeno per un po’, come un ospite gradito a lungo atteso, tra il marasma chiassoso e delirante delle mie astrazioni mentali.