Un pò sul motivo con cui ho iniziato a scrivere su " in punta di penna "
mi congedo con questa, che della canzone d'un impressionista ha
forse il tema della scomposizione, della polifonia dell'anima, che in
alcuni casi, è sintomo di follie\malattie.
Con questa dicevo, mi congedo dal forum, perlomeno in quanto
alla pubblicazione di poesie, spero di reincontrare molti di voi
nel corso della mia vita, me lo auguro.
Arrivederci a tutti
Il Professor P.Mi hanno detto,
che l'arte è una possibile via,
di sogni e cappelli.
La morte sembra quasi una terapia.
Ho rifatto di
note i miei sguardi,
rapendo la realtà dalle cose,
compongo da me questa sinfonia
di vita.
ti suono i miei bloc-notes
che oscillano stanchi,
e se la musica si ferma,
nell’anima mia,
mutano forma, diventano altri,
come pendolo in mezzo
ai miei passi.
Non so più descriverlo
che si prova a sentirti
spogliata di suoni,
non saprei più distinguerti (?).
Un medico pazzo mi disse
che la vita non è che un contorno
smarrito nel vento,
ero io che vedevo come stava
il mondo :
E tu che ne sai
cosa ho perso negli anni,
per vivere il giorno come
bagnato di tempera e olio,
pallido come un ricordo,
il surrealista, il visionario cieco,
senza quel guizzo di cielo sono,
e ora lo cerco,
nell’infranto emisfero.
Forse
un po’ è come il mio
non vederti,
il vederti.
Perché se tu sei nuda e mi spii,
contando i tuoi miti segreti
sui miei limiti svaniti,
per me sei vestita di mille visioni
ti vedo incarnare quei suoni,
e anche se perdo quell’ora, e finisco
senza tempo, eppure io,
io riesco a vedere le tue emozioni,
spogliate di te, e questo, notturno amore ,
mi fa sorridere di lacrime
nuove.
Ma la vita, in quei sigilli da libro medico
non volli credere,
che fosse così,
e infatti il mio cervello
pizzicando la mente
mi fece volare, si mise a rifiutare.
La vita è una musica,
mio dio professore,
cantavano voci mai sfiorate,
padrone di facce cubiste.
ed io la suonai,
questa vita, come se fosse
un quadro realista, e anch’io lo fossi.
Vidi cose assai nuove, nella mia
dimensione da poeta patologico
e senza la tua mano
sottrassi alle anamnesi,
scalinate , in abiti rossi
con gradini,e finestre ,e mattoni,
in volti rubati a milioni
di notti, sommai i risultati
ai miei silenzi, ne estrassi
il giorno della mia morte.
Intrisi il giudizio
di ombre contorte, e persi contatto
con tutto.
Perchè per me la vita ,
è una percezione errata,
il confino fra handicap
e genio , così piena di tutto,
e la mia paura, è il non-suono,
quello del nulla,
che cancella ogni cosa quando
io , amore , non ti riconosco.
Ciò che chiami il giardino
per me è deserto, vivo della
probabilità , della possibilità che io
fossi in quel dato momento,
infondo non puoi biasimarmi,
mio caro lettore,
mia moglie è un cappello,
guardatela ancora,
le sfioro le palpebre,
chiedendomi come
questo pugno di mondo
l'ho perso eppure mi guida
e una musa notturna prosegue
e continua;
sta tutta lì,
e io non so chi sia se non c’è
un filo, che mi riporti indietro.
Un filo di vita che
spoglia città di ogni mura
e mi mostra
l'essenza alla mattina.
Sono l’uomo che creò i labirinti
della storia. Il Dedalo che
scompose il pianto degli uomini,
in note precise, e ne fece una dimora
per uscire , mischiando il dentro col fuori,
per riuscire a guardare le cose
senza perdere la via.
Ho visto uomini e ombrelli
penetrare la mia nostalgia
di anima-cantina rubando vini
d’annata ai miei sogni fin troppo
ubriacati di stelle perse.
Lei è malato ,
mi disse il
dottore , ha perso la rotta del cielo,
e io gli risposi : Signor Minotauro,
chiamiamola libera
chiave di lettura delle notti,
di ogni architettura dell’essere,
non sono nessuno,se non ho in mente
la musica delle divinità costellate,
lei anche ne ha mille ma vive la sua,
io vivo nel tutto, anche se non sono dio,
non mi rincresce,
ora provi a guardarmi, a guidarmi, Sir,
se ci riesce.
Amorfou