Ho disegnato un cerchio
pensando che fosse perfetto;
mi son collocata in mezzo a quel cerchio
a stretto contatto con punti importanti.
Ho sbagliato a pensare che, tutto nel cerchio,
sarebbe rimasto perfetto, intatto nel tempo.
Non ho calcolato che il cerchio perfetto
era soggetto ad un gran movimento,
a sbalzi e a sussulti provocati dal tempo
e nessuno dei punti aveva più un senso.
L'unico punto che stava al suo posto
era il suo centro che stava lì fermo,
per dare un senso logico al cerchio.
Ma un altro scossone ed ecco che il centro
si sposta, si muove, vuole uscire dal cerchio.
Arriva sul bordo, è un pò limitato,
ma mentre nel cerchio c'è gran confusione,
sul bordo l'andare è più controllato.
L'andare è tornare, è un cammino chiuso,
che disegna il confine del cerchio
e il suo spazio racchiuso.
Ma dal bordo incrocia altri confini,
li tocca, li sfiora, sperando in un urto improvviso.
Un urto deciso per potersi staccare
da quel cerchio imperfetto
che io stessa ho voluto creare.