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 Daniela Micheli

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MessaggioTitolo: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:01

LE ORTENSIE DI PIERA

“Era il dodici di febbraio del 1957. Era il giorno che raggiunsi la maggiore età e, assieme a quella, l’uomo che vedi seduto là in poltrona”.

Ho conosciuto Piera venerdì sera.
Sono arrivata al suo Bed & Breakfast perché in quello ove soggiornavano i miei amici non aveva più disponibilità.
Le Ortensie di Piera è dipinto su un cartello all’ingresso: sono le ortensie che formano una siepe dai colori che dal lilla passano all’azzurro scuro, fino ad un tenue color panna con qualche palla di viola intenso, su un giardino ombreggiato e perfettamente curato che dà freschezza al solo guardarlo.
Una meraviglia, un ristoro ai sensi accaldati da questo torrido inizio agosto.
Piera mi accoglie con un sorriso ed un abbraccio, come se fossi un’amica che non vede da tempo.
E’ alta quanto me, le spalle diritte, un sorriso aperto, gli occhi azzurri, i capelli biondi raccolti un una crocchia.
La guardo ed immediatamente penso a Vanessa Redgrave, le assomiglia moltissimo e, mentre le stringo la mano, glielo dico.
Lei mi ringrazia e mi prega di darle del tu.
Non è facile per me rivolgermi ad una persona con un tono così confidenziale, ma Piera è talmente solare che non riesco a non esaudire la sua richiesta.
Mi fa accomodare in veranda, le mie valigie in un angolo che aspettano assieme a me che Piera mi mostri la mia camera.
Percepisco che non sarà molto presto e visto che non ho alcuna fretta, che sono in vacanza, che sono serena e che non ho nulla da fare, aspetto che Piera torni con il caffè che è andata a preparare in cucina che mi viene servito in un servizio di porcellana inglese bianca e blu, su un vassoio d’argento con un centrino di pizzo dal sapore antico.

“Salvatore era stato incaricato da un amico venezuelano di progettargli uno scalone di marmo per la sua villa. Gli dissero che se voleva i marmi migliori doveva venire qui, a Carrara. Così fece, prese il treno da Napoli ed arrivò una mattina di settembre. Ai tempi, io e la mia famiglia avevamo un ristorante di fianco alla stazione dei treni. Salvatore entrò, ordinò da mangiare e mentre lo servivo mi chiese dove poteva trovare dei marmi. Io lo guardai bene: era bellissimo, in quel preciso momento seppi che ciò che leggevo sui libri circa i colpi di fulmine poteva avvenire davvero anche nella realtà, non erano solo fantasie.
Salvatore aspettava una mia risposta e gli dissi che se aveva pazienza di aspettare che finissi di servire tutti quanti, lo avrei accompagnato dai De Freo, che erano rinomati in tutta la zona. Mia sorella, maggiore di me di qualche anno, sorrideva e faceva il tifo per me. Dopo poco tempo papà mi liberò. Presi la lambretta ed invitai Salvatore ad accomodarsi sul sedile dietro. Era un poco titubante, forse voleva guidare lui, ma salì in silenzio, senza protestare.
Fu il nostro primo incontro, al quale seguì una fitta corrispondenza per i successivi mesi invernali.
Poi cessò. Io non comprendevo, temevo di avergli scritto qualche cosa di sbagliato, e non capivo, gli avevo solamente scritto dell’emozione che avevo provato nella sala ristorante al nostro primo incontro e lui mi rispondeva, confermandomi che la stessa emozione era quella che anche a lui aveva ammaliato il cuore.
Dopo qualche tempo venne fuori la verità: mia mamma non vedeva di buon occhio quella relazione epistolare con un terrone, ed aveva iniziato a sequestrare le lettere di Salvatore.
Il dieci di febbraio dell’anno successivo gli inviai un telegramma con il quale gli davo appuntamento alla stazione dei treni di Viareggio per il giorno dodici, verso mezzogiorno.
Quella mattina uscii di casa senza null’altro che gli abiti che indossavo.
Mia sorella aveva intuito dove stavo andando ed anche mio padre, ma entrambi non dissero nulla a mamma e nulla fecero per dissuadermi: conoscevano bene Piera e la sua cocciutaggine.
Salvatore arrivò mentre sedevo sulla panchina: era ancora più bello di come lo ricordavo e ci abbracciammo, mentre non riuscivo a non fare scendere le lacrime dai miei occhi.
Fu in quell’occasione che capii il perché aveva smesso di scrivermi.
Gli dissi che se lui era ancora dell’idea, avremmo preso assieme il treno del pomeriggio per Napoli.
Salvatore annuì, mi confermò che sì, lo voleva.
Andai in una merceria all’angolo della stazione, comprai un pigiama – lo ricordo ancora, era azzurro a piccoli fiorellini più scuri -, un paio di ciabatte e ci mettemmo ad aspettare il treno sul quale ci scambiammo, qualche ora più tardi, il nostro primo bacio.
Arrivammo a Napoli a notte inoltrata.
Il padre di Salvatore mi accolse aprendomi le braccia, accogliendomi come una figlia. Il mattino seguente mandò un telegramma a casa mia per tranquillizzare mio padre. Ero arrivata a casa, Salvatore sarebbe diventato mio marito appena possibile.
Sono passati cinquantuno anni da allora.
Qualche anno fa è stato molto male, io e i nostri figli abbiamo temuto che ci lasciasse.
Ed invece il mio Sà ce l’ha fatta.
Solo tre anni fa, un mattino, stava rifinendo un mobile, è stato un ebanista molto quotato il mio Salvatore.
Il mobile era destinato alla gioielleria di Milano di mio figlio.
Salvatore guardava il suo manufatto, di fianco ad un altro simile e scuoteva la testa. Disse e me ad a mio figlio che era più basso di quattro millimetri, che non andava bene, che aveva sbagliato, per la prima volta in vita sua, aveva sbagliato le misure nonostante le avesse controllate e ricontrollate.
Non valsero a nulla le mie rassicurazioni e quelle di mio figlio: chiuse il labortorio, gli attrezzi, le vernici, e tutto quanto per non scenderci mai più.
Fu anche la data che segnò il lento avanzare di ciò che lo ha portato ad essere come è ora: ha un malattia degenerativa delle cellule cerebrali che gli causa vuoti di memoria incredibili di quello che ha fatto poche ore fa, ma che gli fanno, ad esempio, ricordare perfettamente episodi di quando abitavamo a Caracas.
O cantare a memoria le melodie di Caruso, anche se non le sente da tanti anni, ricorda tutte le parole.
Sai, Daniela, non ha però mai dimenticato il mio nome. A volte dimentica quello dei nostri figli e dei nostri nipoti, ma il mio mai, mi ha sempre chiamato Piera. Sempre!”


Piera finisce il racconto, ha gli occhi lucidi e sulle ciglia trema una lacrima che ricaccia indietro con un sorriso coraggioso.
Io, invece, piango proprio come una fontana.
Ci è sempre voluto poco a commuovermi ma venerdì Piera mi ha preso per mano, mi ha regalato un pezzo della sua vita, ho sentito sulla pelle i suoi ricordi e, in quel momento, sono diventati un poco anche miei, un dono da una donna di settantun anni mai vista prima, che ha deciso che io dovevo ascoltarla.
Piera ha continuato a raccontarmi di sua madre, della morte di suo padre, della morte della sorella, annegata in mare per un bagno imprevisto a fine estate, mentre lei andava a prenderle l’asciugamano nella borsa della lambretta.
Mi ha raccontato del mestiere di suo figlio, disegnatore di gioielli, e della figlia, che ad ogni carriera ha preferito fare la mamma.
Mi ha detto che lei non ha studiato come i suoi figli, che ha fatto solo la terza media ma che ha letto tanto e tanto ha viaggiato per il mondo con il suo Salvatore.
Legge, legge tantissimo, anche adesso che la vista è calata tanto.
Mi ha detto una cosa, Piera.
E me l’ha detta in un momento che non poteva sapere quanto per me, sentire quelle parole, potesse essere sconvolgente.
Mi ha detto che non bisogna mai contare sugli altri, bisogna sempre e solo contare su se stessi, perché solo noi siamo i nostri migliori amici e dobbiamo volerci un gran bene, non dimenticarci mai del bene che ci vogliamo.
In quel momento, io sapevo che avrei scritto una pagina su Piera, sulle sue ortensie lilla e viola, sulle colazioni che per tre giorni abbiamo fatto assieme.
Sulla timidezza che aveva nel chiedermi il conto, quasi volesse scusarsi di farsi pagare.
Le ho detto che doveva accettare il mio denaro, perché nel caso lo avesse rifiutato io non sarei potuta tornare a casa sua.
Ed invece, io, le Ortensie di Piera, le voglio rivedere presto.
Voglio tornare all’ombra del suo giardino, ad ascoltarla mentre mi porta indietro negli anni, mentre mi racconta della sua vita, mentre mi sorride con quel modo così tranquillo che mi fa pensare che Piera è stato un regalo, inaspettato, una di quelle persone che non sai che esistono e che hai la fortuna di incontrare, al momento giusto, per donarti un poco della sua tranquillità e serenità.

Salvatore, dalla poltrona, chiama la sua Piera.
Le chiede chi sono.
Gli risponde che sono la figlia della Michelotti, la loro vecchia amica.
Al mio sguardo interrogativo mi spiega che Salvatore non vuole estranei per casa, che il lavoro di affitta-camere lo fa a sua insaputa.
Da quel momento divento la figlia della Michelotti, che apprendo poi essere morta trent’anni addietro per un incidente a Torre del Lago.
Salvatore mi guarda e mi dice che mi ricordava coi capelli molto più lunghi ma che sono sempre bella come l’ultima volta che sono andata a fare loro visita.
Sorrido, continuo a sorridere mentre mi accomodo nella stanza che Piera ha preparato per me, con le pareti accese di una tappezzeria di tante rose, con i libri sul tavolino di cristallo, Viaggio in Italia di Goethe in cima alla pila ed un vaso colmo di fiori di campo che illuminano l’ambiente della loro semplicità.
Sorrido a vedere il bagno: c’è un manichino con appeso un accappatoio rosa; sotto, una camicia da notte e fiorellini ed una cuffietta di pizzo.
Sorrido quando Piera, orgogliosa, mi fa scendere nuovamente in giardino e mi porta dietro casa a mostrarmi l’auto che ha comprato la settimana prima: una mini minor color giallo vivo col tettuccio nero, l’unica auto nella quale, in effetti, vedo riflessa questa splendida Donna e la sua essenza.
Il colore della solarità che veste Piera.
Colore che dà tanto calore nel quale mi avvolgo, assieme al fiume di parole che non cessano mai ma che non smetterei mai di ascoltare.
Sul libro degli ospiti le ho lasciato, come Piera desidera, il mio pensiero:
Ci sono persone che per qualche alchimia arrivano nella tua vita; alcune ci transitano a lungo e non ti lasciano nulla. Altre ci sostano per poche ore e ti lasciano moltissimo. Tu, Piera, sei una di queste.
Daniela, 4 agosto 2008



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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:03

IL SUONATORE DI VIOLINO

E’ un’aria diversa quella che si respira uscendo dal casello della Versilia.
La stessa aria che ritrovi sui visi delle signore ingioiellate che in bicicletta percorrono le vie chiuse al traffico del centro, dirette al bar più in della stagione per un aperitivo in prima fila, a controllare chi non fa parte del loro mondo e sfoggiare il loro miglior sguardo di supponenza.
Ci sono almeno trentotto gradi in questa domenica mattina di fine luglio, ma il sudore che cola a rigare i seni è priorità di quelle che pedalano gioiosamente verso il mercato, con il pareo svolazzante sulle gambe cotte dal sole del giorno prima.
Fa caldo, tanto caldo, ed il sole pizzica le spalle arrossate sotto la canotta leggera quando appoggio la bici e la chiudo con il doppio lucchetto; lui è lì seduto sulla panchina decorativa, la palma che cresce al centro del cerchio di marmo proietta una piccola ombra ristoratrice sulla figura magra dagli occhi chiari e acquosi e dall’età indefinibile. Indossa una giacca blu sopra la camicia, i pantaloni lunghi con calze e mocassini, stonando notevolmente coi nudi pezzi di carne che lo sfiorano di sguardi incuranti. Non chiede l’elemosina; imbraccia il suo strumento ed inizia a pizzicarne le corde che diventano melodia.
Gli fisso gli occhi addosso e non mi sposto, mentre il suono mi rapisce. La musica sale ed entra nelle mie orecchie, e mi costringe allo sforzo di ricordare dove ho sentito quel brano che so appartenermi.
Sorrido quando ho la risposta, è il tema di Nino Rota che ha composto per La strada di Fellini.
Ricordo che è nata come musica da pianoforte ma perché ora mi apre il cuore sentendola suonare da un violino?
L’uomo si è accorto del mio rapimento, sono l’unica che si è fermata di fronte a lui, e mi regala un timido sorriso.
Mi pare di essere in una scena di un film, attorno tutto si è immobilizzato e stinto in un bianco e nero, qualcuno ha spento le luci abbaglianti ed è rimasto solo un piccolo faro a illuminare l’uomo ed il suo violino.
Anche i rumori si sono smorzati completamente e non sento il vigile che fischia, l’automobilista che grida ed i bambini urlanti insofferenza dai carrozzini. L’uomo continua a suonare ed io resto drogata ad ascoltarlo, fino a che l’ultima nota muore tra le sue dita e torna vivo e colorato tutto il resto.
Mi regala un altro sorriso chiaro, stavolta più sfacciato, stringendosi la giacca sulle spalle magre ed infilandosi il panama che aveva poggiato sulla custodia al suo fianco nella quale ripone il suo violino lucido.
Non so perché, ma capisco che è felice perché qualcuno lo ha ascoltato, credo fosse l’unico scopo che lo ha portato lì in mezzo, con la sua inadeguatezza, a dare uno spettacolo non richiesto ad un pubblico che non avrebbe mai pagato il biglietto d’ingresso.
Lo so, lo sento, ne sono convinta di questo e maledico, riprendendo la mia strada, questi occhiali che si appannano.
Devo smetterla di fumare per la strada, non è fine, direbbero le signore di bianco lino vestite.
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:07

TRA LE MIE MANI

Ho chiesto il trasferimento, impegnandomi a cambiare la mia vita.
Ho solo quarant’anni e voglio uscire dalla spirale di effimera felicità per la quale sono arrivata ad abitare gli appartamenti statali.
Stamane, quando mi hanno fatto scendere dal cellulare, mi sono guardata intorno e ho saputo che sarei riuscita a mantenere il giuramento fatto a me stessa.
C’è un grande giardino con molti fiori, ci sono delle panchine e la guardia mi ha detto che quando la stagione lo consente, i colloqui con le famiglie avvengono qui, all’aperto.
Ho percorso un corridoio nell’ala dove ci sono gli alloggi del personale, gli uffici amministrativi e l’ambulatorio.
Mi hanno fatto accomodare in una stanza: qui mi attendevano due psicologhe e la direttrice; avevano dei moduli davanti, mi hanno rivolto parecchie domande e ho risposto a tutte quante, mentre loro compilavano il questionario.
Dopo mi hanno fatto parlare un po’ di me, a ruota libera, di cosa facevo prima, se avevo studiato, come ero arrivata a farmi e cosa mi sarebbe piaciuto fare lì dentro.
Mi hanno detto che qui troverò solamente compagne accusate e condannate per detenzione e spaccio di stupefacenti; non troverò droga, nemmeno in cambio di favori e di regali esterni che saranno sempre perquisiti.
Nelle celle non sono consentite bombole di gas per cucinare, si pranza tutte assieme nel refettorio, i farmaci sono somministrati solo e unicamente a giudizio della dottoressa.
Avrò le mie crisi di astinenza, starò male e pregherò, urlando, che mi facciano uscire.
Hanno rimarcato che non mi sarà facile disintossicarmi se io non ne sono convinta per prima, se per davvero voglio lasciare la bestia fuori dalla mia vita.
M’informano che l’obiettivo primario della struttura non è nascondere al mondo persone come noi e i nostri crimini, ma rieducarci per riprenderci in mano la nostra vita.
A differenza di altri centri simili, il loro vanto è seguire alla lettera ciò che dice l’articolo costituzionale: dare un’opportunità, un aiuto concreto, per correggere il nostro destino e ricominciare da capo.
Ho annuito, mentre ho raccontato loro che lo voglio fare anche per mia figlia.
La rivoglio con me, Giada, è cioè che più desidero.
Non la vedo da mesi, ho solamente una sua foto, me l’ha fatta avere la signora che l’ha in affido; ogni tanto mi scrive, mi dice che cresce e sta bene. Le racconta che presto la sua vera mamma andrà a prenderla.
Ho mostrato la foto alla direttrice, ha sorriso gentile e mi ha fatto i complimenti per la mia piccola.
Poi mi hanno fatto accomodare nella mia cella.
Per arrivarci ho percorso parecchi corridoi; anche qui ci sono cancelli chiusi a chiave, le sbarre, le guardie penitenziarie preposte alla sicurezza.
Non ho ancora visto un uomo.
Mi sono meravigliata nel trovare solamente due letti per stanza, un lusso insperato, soprattutto se confrontato allo stanzone dove ho dormito fino alla sera precedente e dove ogni minima esigenza di intimità era annullata dalla mancanza di spazio.
La mia compagna di cella è bionda, mi accoglie in piedi, con un sorriso.
“Ciao, benvenuta, io sono Anna. Come ti chiami? Quello è il tuo letto, poi ti faccio vedere dove puoi sistemare le tue cose, ma dopo, ora dobbiamo scendere per il pranzo”.
Appoggio la mia sacca sul letto che Anna m’indica, mentre mi spiega che la sveglia è alle sette, alle nove iniziano le attività di studio, alle undici passeggiata in cortile, alle dodici il pranzo.
Il pomeriggio una nuova passeggiata prima dei laboratori nelle stanze polivalenti, fino alle diciannove, ora della cena; la giornata si chiude alle venti e trenta.
Mi dice che nessuna guardia verrà a battere sulle sbarre, che restano chiuse solo di notte; per il resto del giorno si è libere di circolare tra una cella e l’altra.
Mi domanda quale attività ho scelto.
Le rispondo che ho dato la mia collaborazione al gruppo scrittura e alle cucine, spiegandole che una vita fa ero una brava cuoca, prima di conoscere lui e il suo mondo.
Le chiedo se potrò prendere subito parte alle attività o dovrò prima aspettare di superare le crisi di astinenza che già sono controllate dal metadone.
Anna mi sorride incoraggiante, mi prende la mano: il suo calore mi contagia e le sorrido a mia volta.
E’ giovane, Anna, non può avere più di trent’anni e ha un volto pulito che faccio fatica ad associare ai tanti, sfatti, che ho incontrato in altri posti simili seppur diversissimi.
Qui, a Pozzale, mi pare che tutto sia fuori dall’ordinario, a iniziare dalla disponibilità delle dottoresse per finire al viso sereno della direttrice; ben poco a che spartire con l’atmosfera che aleggiava sempre a Rebibbia.
Anna continua a tenermi per mano; scendiamo nel refettorio, sotto gli occhi delle guardie che presidiano il corridoio.
La stanza è grande, alle pareti bianche sono appesi quadri colorati; Anna mi spiega essere opere delle ragazze che partecipano al laboratorio di pittura.
Mi racconta che il mese prima il comune ha allestito una mostra coi loro dipinti, tutte sono uscite per l’occasione e si sono divertite tantissimo, in mezzo alla gente.
Mi accomodo al suo fianco.
Di fronte si siedono altre due ragazze la cui giovane età è tradita solamente dagli occhi brillanti, vivi e speranzosi.
Anna mi presenta Claudia e Lorenza.
Hanno circa la stessa età di Anna, un paio di jeans logori e camicie spruzzate di colore, mi fanno pensare che fanno parte del gruppo di pittura.
Parlano velocemente, con modi affettuosi e affabili.
Mi raccontano che la loro scarcerazione è prevista per il mese prossimo ma che si sono date disponibili a restare a lavorare lì, come volontarie, perché non hanno nulla, fuori, che le attende.
Ci sono altri cinque tavoli, conto velocemente che siamo in tutto una quindicina di detenute, e il cicaleccio che sento è come musica se confrontata alle grida che sempre sovrastavano la sala mensa dell’altro carcere.
Da una porta entra una figura bianca: Lorenza mi spiega essere Suor Angela, che svolge le funzioni di cappellano.
Si accomoda al tavolo con la direttrice e le psicologhe, in un angolo.
Claudia mi dice che sempre pranzano con le ragazze; essere presenti è il loro modo per farle sentire in famiglia, a casa.
Mi mettono in guardia, consigliandomi di non protestare per nessuna ragione al mondo sul cibo che mi sarà servito, o Giovanna mi prenderà storta e servirà il nostro tavolo sempre per ultimo.
Giovanna è la cuoca del carcere, nessuno sa da quanti anni è dentro e perché non ne è mai uscita.
Forse anche lei, come Claudia e Lorenza, non aveva alcun affetto cui tornare e le ragazze della casa di custodia attenuata a Pozzale è diventata e rimarrà il suo unico domicilio.
Si avvicina; è tozza nel corpo e antica nei gesti lenti; ha un viso schiacciato, un grembiule a righe, un vassoio sotto il braccio.
E' l'ultima donna di questa storia.
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:14

Si accettano suggerimenti, proposte, variazioni, salti tripli carpiati con doppio avvitamento circa suggerimenti :-)
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:16

Posso dire che manca il mio preferito?
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:16

Qual è il tuo preferito?
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:16

Comunque i primi due non li ricordo o non li so. Mi tocca leggere.
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:17

quello carcerario
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:17

aahahahhahah
pigro di un palermitano che non sei altro!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

mi dici qual è il tuo preferito?!?!?
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:18

Quello che è in portale?
Ma sai che hai ragione?
Stronco i dodici centimetri e ci messo Tra le mie mani
Dammi un 5!
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:22

Sì, hai ragione Gibbì.
Via la pefidia, avanti con la speranza...
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:25

Daniela Micheli ha scritto:
Quello che è in portale?
Ma sai che hai ragione?
Stronco i dodici centimetri e ci messo Tra le mie mani
Dammi un 5!
5!
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:27

Fatto!
Ora aspettiamo il Dottor Rubino ché io la storia degli MP mica l'ho capita proprio bene...
Turiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:28

Ho letto le ortensie. Non le sapevo. E com'è che non le sapevo?
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:29

Perchè è una pagina scritta lo scorso agosto, quando al forum tutti dicevano ciao bello mio non ti conosco :-)
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:31

Ho letto anche il violino.
Ho scelto. Ti mando un MP? Lo mando a Turi? Faccio una raccomandata al notaio? Molto felice
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:32

Daniela Micheli ha scritto:
Perchè è una pagina scritta lo scorso agosto, quando al forum tutti dicevano ciao bello mio non ti conosco :-)
Ah, ecco. E io non lo conobbi.
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:32

Mandala a me poi vedremo che dice il doct.

Devo fare un foglio di excel con le preferenze?
Bohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 00:40

Votai. Mi introdussi nel segreto dell'unna, e votai. Poi Attila lo seppe e mi voleva fare un culo così.
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turirubino
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 06:20

Gibbì ha scritto:
Votai. Mi introdussi nel segreto dell'unna, e votai. Poi Attila lo seppe e mi voleva fare un culo così.
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 06:40

Daniela Micheli 32513 Dimenticavo:
Ciao, buona giornata a tutti!
Io vado a Mondello, stamattina... mi vedo con un paio di amici "in punta di penna" e ci sbafiamo una granita
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 15:39

Dopo aver conosciuto di persona Turi, sono senz'altro d'accordo con le sue proposte !

Cool Cool Laughing Laughing

( Non posso tradire un componente del Clan dei Siciliani, e in particolare se le sue proposte sono " sensate" !!)


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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 15:48

Prima o poi, Nuccio
(è una minaccia la mia)
vi arriverà una telefonata:
"Il vostro Admin preferito è atterrato, necessita urgentemente di una granita al caffè"
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Nuccio Pepe
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 15:50

Daniela Micheli 36612


QUANDO ???????


Daniela Micheli 36612
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime11/7/2009, 15:52

Chissà. Forse presto o forse mai.
Avevo proposto a mio marito ed ai nostri amici una vacanza siciliana, messa ai voti, ha perso Sad
La Croazia mi aspetta...
Oddio, non che mi lamento, ma c'è un solo scrittore qui di quelle parti e manco partecipa attivamente!
Comunque mi hanno bocciato la proposta quando ho imposto una foto al cartello stradale all'inizio della città di Corleone :-D
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MessaggioTitolo: Re: Daniela Micheli   Daniela Micheli Icon_minitime

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