La primavera di Carmelina
Carmelina usciva sempre dopo ogni inverno.
All'inizio di ogni primavera amava passeggiare lungo il viale degli innamorati, aperto al primo sole del pomeriggio, ai profumi delle fresie e al giallo delle mimose. Teneva la stessa andatura lenta di gambe meccaniche, stessi passi, stesso marciapiede, stesso sguardo ambiguo di un altrove. Consumava quel viale con un corpo di ossa incartato da pelle stropicciata , il suo andare... come un pendolo a scandire il suo tempo avanti... indietro , lei era sempre in attesa e non faceva mai rumore.
Sedeva sempre nella stessa panchina , io guardavo le sue mani che con grazia univa al riposo, avvizzite e stanche ,erano magre come radici di un albero , le unghie artigli in perfetta laccatura di smalto intonavano il suo vestire.
Si, perchè il vestire di Carmelina era più di lei e d'altri tempi.. fuori dal tempo. Portava i suoi grandi cappelli a nuvolarle il capo con rose pastellate a seta che richiamavano il vestito stretto in vita che si allargava sopra i martelli aguzzi delle ginocchia con sottogonna rigido ad allargare la veste, le scarpe pugnali colorati insieme alla borsetta completavano l'opera. Era un timbro indelebile Carmelina, le sue uscite pomeridiane ci distoglievano dai nostri giochi e tiravamo a indovinare: " con che colori si esibirà Carmelina oggi? Chi indovinava doveva regalarle una parola..., per me fu un sacrificio quando le chiesi: "Chi aspetti Carmelina?" Mi guardò con timido sorriso: " Aspettu c' agghiorna a primavera ! "mi disse.
So che viveva una grande solitudine, le uniche visite che toccavano la sua casa erano quelle del postino che ogni tanto le portava delle scatole che le inviavano suoi parenti americani, ma loro non si erano mai visti dalle nostre parti. Nelle scatole c'erano tanti vestiti ... "alla moda" le scrivevano nella lettera, e tu devi restare sempre bella...
Qualcuno un giorno di primaveva si accorse che le passeggiate di Carmelina non erano più regolari, la trovarono inchiodata alla poltrona con lo sguardo nel vuoto, in mano teneva stretta una fotografia in bianco e nero, era un ritratto di un uomo in divisa...dicevano un americano.
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Lettere dal carcere
Quel volto era reso più lungo da alcune rughe verticali, profonde come cicatrici, scavate da insonnie ostinate e abituali, un volto mal rasato, lavorato dal tempo.
Così ti vidi la prima volta, in una foto stropicciata che mi arrivò insieme ad una delle tue tante lettere , mi rattristò tra le altre cose per il tono angosciato con cui mi scrivevi e che io non comprendevo, avresti dovuto essere felice per gli eventi che si preparavano per te, invece scrivevi:
" Questa notte ho pianto a singhiozzi come un bambino con questa mia età ormai ai confini e colorata dal bianco dei capelli e rughe che parlano da sole sul mio viso, ho pianto per la paura di affrontare un mondo estraneo che sta fuori di qui sono troppo abituato a vedere il cielo attraverso le sbarre, un cielo dentro tanti quadrati che fanno da cornice, quando sarò fuori le cornici spariranno o forse ne esisterà una più vasta e immensa che non arriva agli occhi dell' uomo , sarà che non è dato all'uomo il potere di vederla.
Mia cara, buona parte della mia vita è lievitata qui come un pane sprecato non ha sfamato nessuno tranne che me stesso ,forse è questa la condanna più atroce per gli anni rubati e vissuti qui, ma cosa ho sfamato a me stesso non so forse il pentimento, il raggiungere la saggezza dell'eremita ma l'eremita quello vero sceglie di esserlo .
Fuori non mi aspetta nessuno perché non avevo nessuno già da prima. le tue lettere sono la sola cosa che potrei chiamare affetti, punti di riferimento , condivisioni , sai quante volte le ho abbracciate, annusate , immaginandoti come la figlia o sorella che non ho mai avuto . Tu hai colorato gli ultimi dieci anni della mia esistenza qui, con i tuoi pensieri , con le tue pagine puntualmente ogni settimana, ti confesso che hanno cambiato un pò il mio modo di esistere. Si perché qui l'esistenza non è come da voi qui è quasi astratta. Sai carissima stare qui per così tanti anni vuol dire parlarsi dentro ,vuol dire riflettersi come non si faceva prima, vuol dire sviluppare per forza di cose l'emisfero destro della mente, cosa che prima non conoscevo , qui si diventa visionari per autodifesa per non impazzire e quelle visioni o sogni che mi facevano passare le ore i giorni gli anni inesorabili li ho messi in un cantuccio sempre vividi come dei film, bè te ne ho parlato già in altre lettere.
Ricordo un tuo regalo di natale di diversi anni fa mi sorprese molto, arrivò un pacco con un biglietto di auguri sul quale in grassetto alla fine scrivevi:
Incomincia Adesso!!
Nel pacco c'era tutto il necessario per un'artista alle prime armi, colori tele pennelli etc etc. Pensai che eri matta davvero , dopo qualche giorno seguì una lettera poche parole tue:" Prendi quelle visioni e trasferiscile nelle tele io ti seguirò passo passo se avrai difficoltà , nei prossimi giorni ti arriveranno dei libri manuali dove potrai capire come si fa ad usare le matite e poi i colori".
Che dire mia cara oggi ho contato le tele sono circa duecentoventi e questi ultimi dieci anni li ho sentiti leggeri, ma ancora la notte piango perché quel giorno ormai è vicino e la porta si spalancherà ad una condanna peggiore sarò un pesce furi dall'acqua, dove nuoterò? in quale mare mi tufferò?
Mancano ormai due settimane e poi sarò "libero", dietro quella porta...sulla strada ci sarai tu a darmi il benvenuto?"
con affetto Luigi.
Non andai mai a quell'appuntamento della "libertà" e lui sapeva che non lo avrei mai fatto , sapeva che avremmo pianto insieme.
Non seppi più nulla di Luigi , solo dopo due anni ricevetti un invito era la sua prima personale di pittura in una grande galleria che aveva creduto in lui .
Andai a quella mostra per sorridere insieme a lui e guardarlo negli occhi , sembrava ringiovanito. Mi raccontò del suo piccolo negozio di cornici e belle arti che aveva messo sù all'inizio della sua nuova vita , dei suoi quadri che andavano bene sul mercato e che stavolta era ricercato per altri motivi ... scoppiammo a ridere.
Gli sussurrai ad un orecchio : " l'arte ti ha salvato " no rispose sei stata tu!.
Tra la confusione di quella serata felice cercavo un'uscita per dissolvermi prima del pianto liberatorio che sentivo salire come un'onda gigantesca, mi ritrovai per strada in compagnia dei miei passi e dei pensieri . Non ero stata io la causa della sua dote artistica io avevo solo visto che Luigi la teneva dentro solo che non lo sapeva , gli avevo solo indicato la strada per raggiungerla. Ho sempre creduto che tutti siamo un pò artisti e che l'arte vive dentro di noi in svariate forme e i sogni lo dimostrano , non si decide di sognare si sogna perché la mente è per natura creatrice.
Titolo: Pinina Podestà 
17/7/2009, 19:27
