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 Isola

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Mario Ughi
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Mario Ughi


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MessaggioTitolo: Isola   Isola Icon_minitime23/7/2009, 23:48

Con i gomiti poggiati sopra il bancone del bar, lo sguardo perso nel riflesso dello specchio di fronte, lui sorseggia qualcosa di caldo in una tazza bianca.
Lei arriva trafelata, i lunghi capelli corvini sciolti in un dolce femminile disordine. Preme le bianche affusolate mani sul bancone del bar, e il suo sorriso dice al mondo intero che prenderà il solito caffé ristretto.
Io sono seduto ad un tavolo poco distante, e li osservo.
In un lampo vedo i loro respiri che battono a un solo ritmo del cuore, e gli occhi che si incontrano sulla lastra luminosa dello specchio e si incatenano in uno spazio senza tempo; l’istante infinito di uno sguardo spoglio di valutazioni, di schemi comuni, di cancelli.
L’Universo arresta il proprio moto a spirale, in attesa dell’evento che quello sguardo incrociato può creare; la scintilla dell’amore.
La realtà si sfalda intorno a questo sudicio bar, che prende a galleggiare nella dimensione delle possibilità; le luci sembrano affievolirsi.
Il loro poggiarsi di occhi su occhi resiste appena una frazione di secondo, rendendoli immobili per l’eternità.
Io lo sento, il tempo che arresta il suo moto. Le vedo, le due anime affini; stessi desideri, stesso dolore, identici sorrisi.
Siamo qua, come mosche immerse nell’ambra; immobili ma pronti all’imminente Big Bang.
Uno squarcio di assoluto mi travolge e sento immenso il tam tam del mio cuore, il desiderio di vedere la felicità dal vivo.
Lui è il primo a distogliere lo sguardo; lui ha gli occhi più tristi, la poesia della sua vita è uscita fuori da un buco che ha nelle tasche dei calzoni. Chissà se qualcuno l’ha raccolta.
Lei versa gli occhi sulla tazzina del caffé; è sua la fatica maggiore, lei ha cercato invano la poesia della propria vita… sbagliando, l’ha sempre cercata negli altri.
Sento le mani che stringono con forza la tazza del mio tiepido cappuccino; mi concedo solo il tempo di osservare quanto le nocche delle dita si siano fatte bianche, e nel rialzare gli occhi scopro che sono scomparsi. Ma è come se li avessi visti: è lei la prima ad andarsene, la sua voglia di felicità la spinge sempre più lontano; lui si è allontanato strascicando i piedi, il suo sangue pesante come piombo liquido non riesce più ad arrivare al cuore.
La ruota instancabile dell’Universo riparte con un rumore sordo, uno scatto indifferente, la lama che cala su di una realtà uccisa nel nascere.
Io mi guardo intorno, poi guardo le mie mani. Stringo tra le dita una tazza con del freddo caffé mischiato a latte. Uno stronzissimo, amaro cappuccino.
Decido in fretta che mi sto rompendo i coglioni, mi alzo e mi dirigo verso l’uscita del locale. Metto un piede fuori.
E cado nel vuoto infinito.
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