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 Uno scritto di tanto tempo fa - Senza titolo

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Nicolette Aucassin
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Nicolette Aucassin


Numero di messaggi : 8
Data d'iscrizione : 15.12.10

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MessaggioTitolo: Uno scritto di tanto tempo fa - Senza titolo   Uno scritto di tanto tempo fa - Senza titolo Icon_minitime20/12/2010, 00:32

Quando il treno arrivò, in ritardo come sempre, aspettavo ormai da venti minuti sulla banchina e, in una sera di fine novembre, umida e fredda, non è proprio l’ideale. Alla mia età, poi.
Così, non appena occupai il mio posto nel vagone ben riscaldato mi lasciai avvolgere dal torpore, subito iniziando a sonnecchiare piacevolmente. Mi svegliai non so quanto tempo dopo al cigolante rumore del treno che si fermava in una minuscola stazione di campagna. Insomma, stazione è un termine notevolmente esagerato per quell’approssimato dado di cemento gettato dalla sorte fra due binari persi nel buio, però il treno si era fermato proprio lì, in quel deserto.
Avevo preso il libro in mano, sperando di riaddormentarmi presto, e il treno aveva già ripreso il cammino, quando le porte automatiche slittarono con un soffice fruscio gommoso.
Non ha bagagli, che strano – pensai, prima che, abbassando gli occhiali da vista, mettessi a fuoco la figura intera, prendendone possesso. Si mosse in un alone leggero di profumo e aria umida, sciolse la cintura del cappotto e si fermò un istante, fissando il buio fuori dal vetro appannato. Impossibile che non si accorgesse della pioggia di sguardi che le cadde addosso mentre era immobile accanto a me, i capelli che scendevano scompigliati fin quasi sulle reni arcuate, il seno sporgente sul ventre liscio come a contrappeso delle natiche alte. Il sottile tessuto nero non lasciava scoperto neppure un centimetro di pelle, ma mi colpì nitida la sensazione che fosse nuda, e sono sicuro che anche gli altri passeggeri la videro in quell’istante come la vedevo io, impudica e assente. Solo le donne, ovviamente, distolsero lo sguardo in fretta, alcune fintamente disinteressate, altre quasi compatendo l’ovvietà del comportamento dei poveri maschi presenti (temo che nel novero io fossi ahimè incluso), che quasi all’unisono si raddrizzarono nei sedili, sistemando cravatte e capelli, per chi li aveva. Se pure si accorse di quel silenzioso scompiglio, comunque, non lo diede a vedere: passando la mano dietro il collo a scuotere la chioma, si lasciò scivolare nel sedile accanto al mio, salutandomi con voce piacevolmente arrochita. A quel suono velato, ancora una volta i miei pensieri presero forma in maniera improvvisa e netta: ha pianto –mi dissi, con la certezza immotivata e assurda che attribuiamo a volte alle vite altrui, quando ci degniamo di osservarle.
Non mi aspettavo mi rivolgesse oltre la parola, e difatti non lo fece: restò a fissare lo schienale davanti a lei, così priva di movimenti che pensai fosse assopita. Invece guardava il nulla, o in ogni caso qualcosa che a me non era dato di immaginare, immobile: solo nella gola le palpitavano lunghi respiri che uscivano muti dalle labbra pallide. Gli occhi scuri leggermente cerchiati brillavano, e per un attimo temetti stesse per piangere. Già mi chiedevo come mi sarei comportato in una simile evenienza, cercando mentalmente nelle mie tasche un fazzoletto da poterle offrire insieme al mio conforto, quando un’ondata del profumo della sua pelle, riscaldata, ora, mi raggiunse improvvisamente schiarendomi le idee.
Idiota di un vecchio –mi insultai, saranno anche passati anni, ma non si dimentica l’odore di una donna che ha appena fatto l’amore. Odore di letto.
Leggermente imbarazzato dai miei stessi pensieri, mi guardai intorno: nei sedili giusto davanti a me, una donna parlava con il figlio poco più che adolescente, che giocherellava assorto, forse annoiato. Di fronte a loro, il marito occhieggiava poco discretamente nella nostra –eh, sì, nella mia testa eravamo già diventati “noi”- direzione; accanto a lui, la fidanzatina del figlio fingeva di non accorgersene, sorridendo più disinteressata che compassionevole.
È strano raccontare poi come le cose accadano in seguito a piccoli avvenimenti banali; e sapete com’è, fra i non richiesti regali che fa la vecchiaia ci sono dei bisogni improvvisi quanto irrefrenabili. Così si alzò per lasciarmi passare e il ragazzo ignaro si ritrovò d’improvviso inzuppato nel suo odore, e, voltando stupito la testa, inciampò nello sguardo scuro, e andò a fondo in un istante. Mi allontanai lungo il corridoio alla ricerca della ritirata, lasciandolo lì, animaletto preso in quelle spire amorose e mortali, la bocca semiaperta a cercare il respiro.
Me la presi con calma, obbligandomi a fare due passi fino alla carrozza ristorante, ma il mio pensiero era rimasto lì, al sedile accanto al mio. Tornai quindi a respirarle vicino, tristemente consapevole che mi sarei accontentato anche solo di così poco. Ma l’atmosfera, in quei pochi minuti, era molto cambiata: il ragazzo ora rischiava seriamente il torcicollo per guardare dietro di sé, e non lo nascondeva neppure, sotto lo sguardo imbarazzato del genitore. Il sorriso della fidanzatina era scomparso insieme al suo disinteresse, e la ragazza sedeva ora a braccia conserte, in un silenzio tempestoso.
Dovetti farla alzare nuovamente, per tornare al mio posto, e il ragazzo, le labbra così vicine al tessuto nero teso sui fianchi da poterli baciare, alzò nuovamente uno sguardo mendicante attenzione. Ignorata la richiesta con la stessa espressione assente, si accomodò e nell’intimità dei sedili (lasciate ad un vecchio le scarse illusioni che gli rimangono) tornammo ad essere “noi”.
La fidanzatina aveva a quel punto le lacrime agli occhi e finalmente il ragazzo sembrò accorgersi della sofferenza che stava infliggendo con tanta noncuranza: prese un taccuino su cui aveva pasticciato per tutto il viaggio e vi scrisse alcune parole d’amore in uno sghembo stampatello, girandolo poi verso la ragazza. Comprensibilmente, la frase non sortì alcun effetto rasserenante: anzi, l’amata si accucciò su un fianco, fingendo di essere assonnata. Lui, offeso, continuò a scribacchiare e non si sporse più a guardare la mia vicina.
Troppo, troppo presto, una voce nasale annunciò la stazione d’arrivo, e fu allora che una mano infilata fra i sedili davanti lasciò cadere un frammento di quello stesso taccuino sul quale aveva tracciato insincere frasi d’amore. La mano messaggera rapidamente scomparve, lasciando il bigliettino svolazzare leggero fino alla punta dello stivale nero, mostrando nel percorso cifre che componevano senza dubbio alcuno un numero di telefono. Se non fosse stato per il sorriso che le incurvò appena gli angoli delle labbra, avrei giurato che non se ne fosse accorta: invece mi rivolse per la prima volta uno sguardo obliquo e divertito, e allungò la punta del piede destro a coprire il pezzetto di carta.
La giudicai davvero male in quel momento. O forse invidiavo il gesto audace del ragazzo che poteva anche avere l’età di suo figlio, ma aveva mille probabilità in più di me in quel momento.
Comunque, restò immobile mentre il treno rallentava e poi si fermava, immobile mentre tutti si alzavano, recuperando giacche e bagagli. Fu solo un caso o pura sfortuna? Non voglio pensare che fu di proposito che, proprio quando la fidanzata, ormai sveglia, sebbene ancora immusonita, stava per passarle accanto, proprio quando il ragazzo stava per posarle il braccio sulla spalla, proprio allora, insomma, lo stivale nero occupò lo spazio ristretto del corridoio, spingendo il bigliettino traditore a brillare evidente sotto gli occhi dei due ragazzi. No, non posso pensarlo.
Nella brusca stasi che seguì, il cappotto sembrò avvolgersi da solo intorno alla donna già in piedi, mentre il caldo profumo di sesso già si rapprendeva nell’aria e nei ricordi.
“Buonasera…” anche il saluto roco era rimasto sospeso come una frase incompiuta. “…vecchio”, finii io nella mia testa.
Ma non era poi così male esser vecchi quella sera. Oppure sì.
Oppure sì.
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Giuseppe Buscemi
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Giuseppe Buscemi


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MessaggioTitolo: Re: Uno scritto di tanto tempo fa - Senza titolo   Uno scritto di tanto tempo fa - Senza titolo Icon_minitime17/1/2011, 23:22

Ma bello!
In poco spazio e con un io narrante/agente, tanti personaggi ben gestiti e un epilogo compiuto.
Mi piace molto lo stile.
A naso (prima lettura), non mi piacque "non appena occupai", che avrei visto meglio con "ebbi occupato".
E l'accostamento voce arrochita/suono velato non mi è sembrato felicissimo. Oppure sì?
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