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 racconti dell'orrore 3

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Alfredo Canovi
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MessaggioTitolo: racconti dell'orrore 3   racconti dell'orrore 3 Icon_minitime13/5/2011, 20:06


Galang si era svegliato presto quella mattina ,quando il sole era ancora indeciso se alzarsi e fare capolino sul mare balinese oppure se rivotarsi nel suo letto celeste e dormicchiare ancora qualche minuto.
Il giovane ragazzo scese dalla piccola branda che usava come comodo letto e si diresse verso la cucina, era molti affamato e oggi sarebbe stata una giornata parecchio faticosa per lui, per la prima volta infatti sarebbe uscito solo in barca a pescare, anzi non sarebbe stato solo, la sua cara amica Suami, la ragazza di cui era innamorato da sempre l'avrebbe accompagnato nella battuta di pesca, certo non avrebbe preso la nuova barca a motore che suo padre si era acquistato con grandi sacrifici ma avrebbe dovuto recarsi al largo utilizzando la vecchia Harbor a remi, dotata di un unico bilanciere per poter recuperare la rete in tutta sicurezza.
Arrivato in cucina trovò sul vecchio tavolo una ciotola in ceramica coperta da un candido tagliolo in canapa che serviva per proteggere il contenuto dalle mosche o da altri molesti insetti.
Con lo stomaco che brontolava per l'appetito scoprì la ciotola che la sua mamma aveva preparato la sera precedente appositamente per lui e rimirò con un languorino il nasi goreng che lo aspettava; anche la sera precedente aveva gustato questo saporito piatto indonesiano fatto con riso fritto e pezzi di carne, gamberi e uova ma a lui piaceva molto di più al mattino, arricchito con del latte di cocco.
Prima però di sedersi e mangiare si volse verso un piccolo mobiletto in legno di banano chiuso da due sportellini decorati e traforati, lo aprì, estrasse un'altra ciotola con dello yogurt e si preparò un lassi, la bevanda tipicamente indonesiana creata aggiungendo allo yogurt magro la polpa di qualche frutto, Garang per il gusto di quel giorno scelse un mango, che pelò e schiacciò con un grande cucchiaio in legno a cui aggiunse dell'acqua di fonte leggermente zuccherata e arricchita con qualche goccia di lime.
Preparata la colazione si sedette e se la gustò appieno, poi si mise addosso una larga maglietta azzurra appartenuta al fratello maggiore e un paio di calzoncini corti, indossò i sandali ed usci dalla sua capanna proprio quando il sole, dipanato ogni dubbio si stava apprestando ad uscire del suo sonno.
Si fermò un attimo a ammirare estasiato l'incredibile tavolozza di colori che l cielo novembrino regalava, striato da sottili lamine di nuvole bianche che si addensavano copiose delineando il confine tra la volta azzurra e il mare.
Queste stesse nubi rifrangevano i primi raggi dell'astro cambiando nella loro parte inferiore il colore, che virava da una calda tonalità corallo ad un giallo leggero, attraverso un salmone scuro poi un rosso arancio e infine un delicato color ambra, esse spiccavano da un cielo che dal celeste luminoso si avviava ,man mano che si allontanava dalla sorgente di luce, verso un fiordaliso per divenire un severo blu oltremare.
Questa fantasmagorica tavolozza di fantastici colori si rifletteva a sua volta nel blu scuro del mare, cangiando continuamente e aggiungendo milioni di piccole punteggiature bianche dovute a un leggero ma dispettoso venticello che faceva sollevare simpatiche ondine che ricadevano sul pelo dell'acqua formandosi una piccola schiuma bianca, in cielo uno stormo di gabbiani reali si lasciava trasportare dalla deliziosa brezza apparentemente senza alcuno sforzo.
Si indirizzò verso la vicina capanna, salì i tre gradini per ritrovarsi sotto un piccolo porticato che proteggeva dal sole e dall’acqua la graziosa porta d’ingresso dell’abituro , bussò tre volte, era il segnale.
Dall’interno si udirono alcuni sommessi rumori poi la porta si apri rivelando la bellissima sagoma del la ragazza.
Galang la guardò estasiato, i suoi occhi neri risaltavano come onici da un viso molto armonioso e il sua figura dimostrava più dei quattordici i anni che effettivamente aveva, le sue curve non erano più acerbe e già una prorompente femminilità emanava da quel corpo da cui il ragazzo non riusciva a distogliere lo sguardo.
“Sei pronta? Andiamo?”
“Certamente” Rispose lei.
La barca scivolò veloce su pelo dell'acqua, qualche vigorose pagaiata e i due ragazzi si trovarono al largo, la spiaggia da cui erano partiti sembrava ora solo una striscia bianca che sottolineava il verde smeraldo della foresta.
Si fermarono poco oltre la barriera corallina, dove l'increspatura particolare dell'acqua mostrò al pescatore provetto la presenza di un importante banco di pesci, cosi il ragazzo si alzò in piedi e lanciò la sua lunga rete con tutta la maestri di cui era capace per riuscire a fare una buona impressione sulla ragazza che seduca accanto a uno scalmo lo guardava divertita e ammirata.
La rete si espanse prima di spanciare sulla superficie dell'oceano poi i pesi sistemati strategicamente sui bordi esterni fecero il loro lavoro ed essa cominciò lentamente a affondare.
Galang legò le due estremità del tramaglio alla barca e si sedette ad aspettare, fissò la ragazza accanto a lui e le chiese:
"E' vero che tra poco te ne andrai dal villaggio?"
"Si" rispose lei abbassando lo sguardo:
"I miei genitori vogliono che io vada da mia zia a Semarang, è molto anziana e ricca, possiede diversi appartamenti in città, ma ultimamente si è ammalata così io andrò per accudirla, non ha nessun altro parente se non mio padre.
Tra una settimana mi trasferirò in città dove comincerò l’anno scolastico in una scuola nelle vicinanze, dopo le lezioni tornerò da lei e laverò, cucinerò e le terrò compagnia, per ripagare lei manderà dai miei genitori circa 600.000 rupie mensili"
"E' una bella cifra!" disse .....tentando di risollevare il morale alla ragazza intristita.
"Adesso però non pensiamo al domani, abbiamo una rete da tirare in barca"
Accompagnò la frase issandosi nuovamente in un tremolante equilibrio, sciolse i capi della rete e li afferrò saldamente cominciando a tirarla verso di sé.
L'acqua esercitava una forte pressione, anche se le braccia del ragazzo erano nerborute la fatica fu tanta ma riuscì nell'impresa , portò la rete verso il fianco della sua imbarcazione E la issò con non poca fatica.
Trepidamente la srotolò alla ricerca di qualche pesce, con piacere notò che la caccia era stata fruttuosa, estrasse dal groviglio di fili alcuni pagri, la varietà di dentici con la sua inconfondibile livrea rosea e le grandi squame iridescenti, fu poi la volta di due eleganti wahoo dal corpo allungato e dal peso approssimativo di tre chili ciascuno.
Già di queste catture Galang era soddisfatto ma nel finire di svolgere la rete, seminascosto da tutta quella matassa di cavi e corpi trovò un raro sgombro spagnolo di circa quattro chili, una delle prede più ambite di tutti i pescatori della zona.
Dopo aver diviso i pesci all'interno di due vaschette in plastica bianca prese lo sgombro e con orgoglio lo porse alla compagna d'avventura che ricambiò con un sorriso dolcissimo e compiacente, sapendo che proprio la sera stessa avrebbe gustato il delizioso pesce con i suo familiari, padre e madre e la sorellina Nami.
“La giornata è appena cominciata.” Ridacchiò orgoglioso il ragazzo quindi riprese la robusta pagaia in legno di ramino con le due pale con strisce rosse e verdi dipinte sullo sfondo nocciola e diede alcune ampi colpi di remo che lo mandarono ancora più al largo.
“Non sarà pericoloso spingerci così lontano?” Chiese spaventata Suami.
“Non ti preoccupare, sono un pescatore esperto, ormai ho quasi diciassette anni e poi oggi è una giornata magica, nulla potrebbe andare storto, vedrai , porteremo a casa tanto altro pesce e mio padre sarà orgoglioso di me”
La ragazza parve calmarsi alla luce di tanta sicurezza del suo nocchiero, quindi si sedette proprio mentre Galang lanciava nuovamente la sua rete.
Il mare era profondo, il sole ormai deciso aveva disperso le nubi mattutine quindi l’intera superficie marina era di un incredibile blu scuro, Suami guardava la liscia tavola he si stendeva sotto di lei, era triste pensando che per quasi un anno non avrebbe rivisto la sua famiglia, il caro Galang e l’oceano.
Pose la dita della mano sinistra in acqua lasciandole massaggiare dalle onde che discretamente bussavano sulla chiglia della barca, pareva come se volesse accarezzare un vecchio amico da cui sarebbe stata lontana per lungo tempo, improvvisamente se ne rese conto e il cuore si riempì di tristezza, fortunatamente dopo aver gettato la reta da pesca il ragazzo si sedette nuovamente accanto a lei.
“Sai” disse imbarazzato “C’è una cosa che voglio dirti da tanto tempo…” Le parole gli si spensero in bocca per l’emozione, anche perché i grandi occhioni di lei lo stavano fissando in modo interrogativo, un respiro e riprese il coraggio a quattro mani.
“Quello che voglio dirti Suami è che io ti voglio bene, so che siamo amici da tanto tempo, abbiamo passato intere giornate giocando insieme sulla spiaggia però adesso il mio sentimento si è fatto più forte, quasi inarrestabile.”
Un gradevole rossore patinò il grazioso volto di lei, abbassò gli occhi e con fare malizioso attese qualche attimo prima di rispondere, secondi che a Galang parvero secoli.
“Anch’io ti voglio bene!”
Parole che risuonarono nell’interno della testa dell’innamorato come un’esplosione di felicità, non riusciva quasi a capire dove si trovasse, semplicemente abbracciò la ragazza e la strinse forte a se attendendo che tutto smettesse di girargli intorno.
Poco oltre, a qualche palmo dalla superficie un tranquillo banco di piccoli pesci colore dell’argento si lasciava trascinare dalle correnti marine, procedevano zigzagando tutti insieme alla ricerca di qualche preda quando improvvisamente la luce del sole disegno sul fondale tre grandi e inquietanti ombre scure che si avvicinavano.
Colti da una forte paura i pesci cominciarono ulteriormente a compattarsi nel tentativo di sembrare un'unica sagoma e si lanciarono in una folle corsa lontano dal pericolo cambiando continuamente direzione per confondere il predatore.
Le silhouette scure però non li degnarono di uno sguardo, contrariamente a squali affamati che ronzano intorno a potenziali pranzi attendendo il momento giusto per colpire queste proseguivano il modo assolutamente lineare, si stavano dirigendo versa una piccola linea scura che proiettava la sua ombra fin sul fondo, la barca di Galang.
Il ragazzo in quel momento stava tirando in barca la rete per la seconda volta, la prima battuta di pesca era stata generosa, sperava che questa lo sarebbe stato altrettanto, avrebbe così concluso la giornata in modo perfetto, il suo amore accettato e la tavola imbandita con i saporiti pesci da lui catturati.
Era quasi alla fine del lavoro quando il tramaglio si bloccò di colpo, come se avesse imprigionato un pesce pesantissimo, Galang comincio a preoccuparsi, se dell’altro capo ci fosse stato uno squalo questi avrebbe avuto la possibilità di recidere facilmente le corde delle maglie facendo scappare le altre prede, diversamente sarebbe stato pericoloso issare in barca un simile predatore, decise di tentare comunque, piantò per bene i piedi contro la sponda e inarcando la schiena all’indietro tirò con tutte le sue forze.
Ottenne il risultato desiderato, per un po’ la rete sembrava voler lentamente rientrare quando di colpo non vi fu più resistenza dall’altra parte e Galang fini a gambe all’aria, proprio davanti alla sua innamorata, contemporaneamente un forte rumore uscì da sotto la chiglia dell’imbarcazione.
I ragazzi si alzarono, fissando l’acqua circostante alla ricerca della causa del rumore, poi ispezionarono attentamente il fondo del piccolo Kolae alla ricerca di qualsiasi infiltrazione, ma tutte le indagini diedero esito negativo, così prudentemente decisero di tornare alla spiaggia .
Si erano appena spostati dalla zona che Suami lanciò un urlo indicando col dito un punto poco distante in mezzo al mare, Galang si voltò in direzione dell’indice della ragazza e vide in acqua un corpo esanime di donna che galleggiava e senza pensarci un attimo indirizzò la prua dell’imbarcazione verso la sfortunata.
“E’ colpa nostra” Singhiozzò Suami. “L’abbiamo uccisa noi”
Il ragazzo non rispose, forse era vero che con la sua rete aveva agganciato la donna facendole colpire la barca, ma qualcosa non lo convinceva.
Si affiancarono alla donna, era distesa come morta, dall’acqua spuntava unicamente il bacino mentre le sua gambe scomparivano alla vista immerse nel blu profondo dell’oceano, Galang la chiamò ripetutamente:
“Signora, signora, mi sente?”
Nulla, allora il ragazzo si avvicinò ulteriormente, cercando di portarla a bordo ma quando la sua mano si strinse intorno al braccio della bagnante in difficoltà lei improvvisamente apri gli occhi, due scuri fanali privi di vita, il viso si atteggiò in una smorfia bestiale lasciando scoperte due fila di denti gialli aguzzi come la lama di un rasoio, due branchie si aprirono sul raggrinzito collo.
Un colpo di vita e si girò verso il ragazzo terrorizzato afferrandogli il braccio calato in soccorso, un schiumata di acqua si condenso intorno al torso, improvvisamente due teste di cane demoniaco uscirono dall’acqua e si rivelarono essere la continuazione del suo torso.
Velocemente una testa afferrò alla spalla bloccate di Galang e la divelse di colpo trascinandolo verso l’acqua, l’altra invece si accani sull’addome di Suami che urlava terrorizzata, implorando pietà inutilmente.
La scena durò un attimo, la testa che aveva avvinghiato Galang con un potente scrollone gettò la sua sanguinante carcassa il mezzo all’oceano in balia di orde di squali affamati poi si unì all’altra per afferrare Suami e trascinarla con se sul fondo; il demone Schilla aveva adempiuto al suo crudele compito e ora stava tornando alla base.


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