Ti ho amato padre, perché geneticamente sono stata programmata per questo.
Quando la tua luce non mi ha più abbagliato avrei voluto gridarti che ti volevo diverso.
Che le salite lungo la mia strada sarebbero state più dolci se tu mi fossi stato accanto senza giudicarmi.
Ancora oggi vedo il tuo sguardo di disapprovazione. Parli poco con me, mi hai lasciata disperata e sola con la rabbia delle tue parole, cos’altro avresti da dirmi.
Mi sono fatta spugna ed ho assorbito dal mondo che tu rifiutavi la linfa per crescere.
Ora so, l’ho fatto per me stessa, egoista però no. Nulla sarebbe mai bastato a migliorarmi ai tuoi occhi.
Quanto ho desiderato essere semplicemente persona, né maschio né femmina, e più tu cercavi di domare il mio spirito, più io opponevo resistenza con le mie scelte tra dolore ed entusiasmo nel saliscendi della vita.
Anche oggi continui a scrutarmi con quello sguardo indecifrabile, ormai stanco.
Ti amo padre e provo pena guardando i tuoi occhi, vorrei abbracciarti.
Al diavolo la genetica, ma siamo stati sempre troppo lontani e ormai sento che è tardi.