Fin da quell’incontro entrambi avevano saputo quanto potevano aspettarsi l’uno dall’altra, tuttavia fecero sforzi per essere cortesi, non tanto per compiacersi quanto per l’abitudine alle buone maniere.
Avvenne nel più classico dei modi con l’indiscreto ascensore come complice, che da quel momento diventò anello di congiunzione a volte casuale a volte voluto, e spesso anche un’inconscia sala di posa.
Quella prima volta si trovarono a recitare la parte delle persone a modo, con la lei che aspetta di salire ed il lui che arriva per secondo con borse della spesa.
Ed il lui fece il suo ruolo di comparsa aprendo la porta ed aspettando che l’attrice entrasse.
E la femmina compì egregiamente l’altro ruolo ponendosi con le spalle allo specchio, ambedue le mani unite nel tenere una borsetta sospesa a coprire la ipsilon di venere, in attesa che lui chiedesse il qualcosa che serviva.
Nel fotogramma successivo ci furono due frasi semplici, la richiesta del piano, detta suadente con voce da tenore ed il capo leggermente inclinato, e la risposta del quarto, espressa con piglio argentino da soprano su labbra sorridenti ed il viso eretto, voltato subito dopo verso le porte dinanzi a sé; inoltre rimase in sospeso anche il non detto che il quarto era anche il piano di lui, ma lei ancora non lo sapeva.
Ciò che successe di particolare, o forse è meglio dire “ciò non successe”, fu il modo dello sguardo; infatti non si guardarono se non per le due frasi necessarie a mettere in moto la cabina, ma intanto si vedevano lo stesso. Il piccolo vano non permetteva di poter stare a fianco, lei rimaneva nella sua posizione a schiena speculare e lui di fronte alla pulsantiera per farne uso.
Due occhi guardavano l’entrata/uscita, due occhi guardavano una paretina di plastica con tasti ed il numero delle persone trasportabili.
Ma si potevano vedere.
Lui notava una figura graziosa con capelli molto corti sebbene curati, i contorni del viso ed i lineamenti ben definiti e in particolare si era accorto di un collo lungo e nervoso.
Lei sentiva nel suo campo visivo un leggero sorriso, appena accennato, ma sempre presente, che denotava la sicurezza personale unita al gesto gentile, compiuto non per rispetto di un’etichetta formale, ma per innata signorilità di comportamento.
Non era un silenzio pesante da rompere con una conversazione forzata, l’assenza di parole era piena di sensazioni.
Primo piano, secondo piano…
In lei nasceva un sorriso; leggero, s’intende. Sentiva la pressione della considerazione.
Lui non la toccava, non la guardava, solo lo sguardo si incrociava con il suo in un indeterminato punto sospeso a centro cabina ed altezza occhi. Ma è vero, la considerava.
Lei sentiva il volto di un uomo giovane maturo muscoloso, senza ornamenti non necessari, con la classe di un bastante a se stesso non esibito.
Terzo piano…
La spia rossa con illuminato il numero -3- si era appena spenta che lui si rivolse solo un poco verso di lei, mentre i suoi occhi giravano ancora di più non per vederne il viso, ma il collo e la nuca riflessi nello specchio. Si soffermò per quell’attimo prima che l’ascensore cominciasse a rallentare la corsa e pensò che le donne con i capelli corti, rispetto a quelle con i capelli lunghi, mossi o con tagli voluminosi, fossero più nude, non si nascondessero, comparissero sempre più visibili.
Lei sentì che l’uomo l’osservava quel momento di più del naturale invito al congedo e si girò a sostenerne lo sguardo e ad osservarlo meglio.
Lui distolse lo sguardo dallo specchio ed incontrò gli occhi.
Quarto piano…
“Arrivati, prego signora.”
“La ringrazio.”
Lui aprì le due porte interne, poi quella esterna allungando il braccio e con lo stesso compì un leggero invito alla donna per uscire riguardandola con un sorriso più accentuato.
Lei rispose con un cenno affermativo del capo e mosse i passi necessari ad uscire nel pianerottolo aprendo la borsetta alla ricerca delle chiavi.
Disse anche un “Buonasera” voltandosi cordiale e dirigendosi verso la sua porta.
Lui rispose con un altro “Buonasera signora” e sorrise mentre usciva dall’ascensore, chiudendo poi le porte piccole e quella principale.
Lei subito non capì e lo osservò non direttamente, captando più i suoi passi e movimenti che la figura.
Lui si diresse verso un ingresso opposto a quello della donna.
Si sentivano i due girare di chiavi nelle toppe.
Entrambi si girarono per guardarsi ancora.
I sorrisi precedenti erano a bocche chiuse, e lui conscio di una sorpresa di lei, aprì le labbra e dimostrò affabilità a viso aperto;
“Buonasera Signora.”
La donna rispose con altrettanta serenità;
“Di nuovo, buonasera.”
***
La seconda volta che si incontrarono fu determinata da una fatalità forzata da lui nell’aver sentito che lei stava uscendo dal suo appartamento; sarebbe uscito lo stesso come si accingeva a fare, ma sentire i rumori classici del lasciare la casa fece accelerare i suoi ultimi preparativi.
Non sapeva che anche lei spesso prestava attenzione ai rumori degli altri ingressi cercando di distinguere la varia umanità che popolava quel quarto piano.
L’uomo passò dal suo privato ai luoghi condominiali mentre lei apriva l’ascensore e la salutò con un altro:
“Buongiorno Signora”
Fu lei adesso, per debito di cortesia e per far vedere che fronteggiava senza timori, ad avere l’iniziativa di offrire il passaggio:
“Buongiorno. Scende anche lei?”
“Si Signora, un attimo solo che chiudo casa… eccomi.”
Lei si mise in un angolo sistemando la grande borsa da spiaggia e lui entrò, chiuse tutto e schiacciò il bottone con la -T-.
“Una giornata adatta per il mare”
“Si, finalmente, dopo questi giorni di nuvole..”
“Le previsioni adesso dicono bel tempo, speriamo, una vacanza con il grigio sarebbe una noia per tutti.”
“Difatti, siamo appena arrivati ed è il primo vero giorno di sole.”
“Arrivati. Prego Signora”
Anche questa volta fu lui a compiere il rituale delle porte e mentre le accostava con l’accompagnamento dei due vicendevoli buongiorno, si chiedeva che funzione potesse ricoprire quel “siamo”.
La differenza con il primo incontro fu che si parlarono a viso aperto ed occhi diretti e, seppur colloquiando su un argomento banale come il tempo, sentivano l’ansia dello studiarsi sotto il lenzuolo comune delle formalità di vicini occasionali.
Ma entrambi gustavano il recitare convenevoli convenienti all’insaputa dell’altro, tali da dare un poco di sé stessi senza darlo a vedere e senza che ciascuno potesse pensare che l’altro avesse un interesse.
La scena successiva all’uscita dall’ascensore da parte di lei, si svolse in modo che lui la vide camminare davanti a sé per il tragitto di uscita dell’edificio e del piccolo giardino comune. Chiaramente esaminò le fattezze mostrate da quel prendisole aderente e la proprietaria dell’abito estivo sentiva continuamente quella considerazione posata sulla sua figura. Le buone maniere furono messe in atto quando arrivati sulla strada principale lui volutamente prese una direzione opposta anche se doveva andare nella stessa della donna.
***
Il terzo incontro fu chiarificatore dei loro stati anagrafici.
Non fecero tragitti comuni, e successe che lui con moglie e bambini al seguito, in attesa di salire al suo quarto piano, trovò all’apertura dell’ascensore lei con marito e due ragazzine.
Chiaramente ci furono sorrisi di circostanza e cortesie ben ripartite fra le otto persone, dovute anche al fatto che erano due famiglie abbastanza simili vuoi solo per età dei componenti.
Scoprire però che ognuno dei due avesse famiglia, anche se lo si supponeva, mise ad assopirsi quel vago sentore di aspettativa, che acquietò il domandarsi nel proprio intimo come fosse l’altra persona.
Da allora in poi ci fu una pace dei sensi reciproca, ed anche se fino ad allora non c’era nessun presupposto relazionale, la calma inquietudine che era cresciuta dentro di loro si calmò al punto di essere solo saputa e non vissuta.
Si rividero solo casualmente pochissime volte, anche perché non spinsero la sorte nelle possibilità di un loro contatto e la casualità divenne l’unico motivo del loro vedersi.
Lei sentì anche venire meno la considerazione dell’uomo che tanto le piaceva e vedendolo apparentemente neutro, anche se cortese e gentile, dismise in modo incosciente la vena civettuola che l’aveva caratterizzata sino ad allora.
Lui invece recepiva che l’alone di curiosità femminile del quale era stato oggetto era scemato, essendosi creato un posto la semplice dignità di due vicini pro-tempore, e la leggera trepidazione che muoveva quegli occhi scuri nel contorno di capelli corti sul collo lungo, aveva fatto posto a… tranquillità.
Ciascuno dei due, in cuor proprio, diede demerito all’altro del calo d’interesse, pensando che fosse difetto altrui e non proprio. Non immaginavano, o forse non volevano immaginare, che le cose erano venute da sole.
Avvenne dopo qualche settimana di altri buongiorni e buonasere, che tornando verso casa lui vide la donna seduta in una panchina mentre stava conversando al telefono.
Capì dalla posizione assunta, dal parlare guardando un punto in basso, dal massaggiarsi con la mano libera una delle due gambe accavallate, dal sorriso ridente e dall’attenzione che lei riponeva nel conversare, che dall’altra parte c’era un uomo.
Si fermò ad osservarla attentamente ed il suo gesticolare, annuire con il capo, sorridere ora e chiudere gli occhi solo ascoltando dopo, confermavano in lui una telefonata con un non marito.
Non si era accorta di essere osservata e non ne aveva nessuna ragione oltretutto.
Continuando a guardarla con attenzione si mise in cammino e facendo solo una piccola deviazione camminò per un breve tratto di strada davanti a lei, in modo che potesse essere visto.
E quando gli occhi scuri su capelli corti e collo lungo casualmente lo videro, si girarono di scatto, quasi come per nascondersi, e con molto imbarazzo.
Bene.
Lui adesso era contento.
Da domani l’avrebbe corteggiata apertamente.