Cara Anna Maria
Ti prometto che questo è l’ultimo bicchiere.
Vedi il calice è già vuoto:
in fondo è rimasto il passato
mai rischiarato,
il viaggio non ancora terminato,
dall’estate in cui sono nato.
Nel mio bicchiere c’è
il cane nero che non ho ottenuto,
la chitarra che non ho mai suonato.
Nel mio bicchiere
c’è la bara di un soldato
imbarcato in silenzio su un G-222
perché s’ era sparato…
Nel mio bicchiere
c’è un’osteria che ora non c’è più
nel vicolo sotto casa, Gesù!
In fondo al bicchiere se n’è andata
la notte stanca
di corse in auto
per imitare gli idoli della gioventù
sfumata.
Nel mio bicchiere
vedi, c’ era un amico spacciatore
oggi sepolto accanto a mio padre…
Nel mio bicchiere non c’è
la voce di mia madre, chissà perché.
Mi son giocato due vite su tre,
l’ultima la vorrei passare con Te
danzando in un quadro di Vettriano
fingendo sempre di sapere ballare.
Anche stasera sono
un falsario della danza
profumata di menzogna e
più vera dei sorrisi degli amanti.
Dipinsi unicamente
un Arlecchino crocefisso solo
nel mio deserto artificiale.
Non ho mai scritto niente
nessuna poesia per Te
-.-.-.--.-.-.-.-.-.-.-.--..-.-.-.
“Ecco quel che sono veramente: cattivo,
sbronzo, ma in gamba. Joseph Roth”
Parigi, novembre 1938.
(da “La leggenda del santo bevitore”).