Ciao topone,
ti scrivo con carta e biro, all’antica, niente computer, non c’è mica da fidarsi troppo dei piccì.
Sono la tua Mimì, anzi Lucia.
“Mi chiamano Mimì, ma il mio nome è Lucia”, ti ho detto quando siamo andati a cena la prima volta, ricordi? Sai, citavo “La Bohème”, l’opera di Puccini, ma tu di lirica non sapevi e non sai un accidenti, ti interessava solo guardare le mie tette giù per la scollatura. Lo so che erano in bella mostra, mi ero guardata bene allo specchio, le mie tettine mi hanno sempre reso un ottimo servizio.
Sai, potevo sparire senza una parola, ma mi sei veramente simpatico, mi sembra persino di volerti bene; e quel soprannome poi, Topone: a letto te lo sei conquistato con onore.
Quindi ti meriti almeno di essere protetto, che non ti capiti un’altra volta. Che non ti capiti cosa? Come, non lo hai ancora capito?
Prima di proseguire, se non l’hai fatto negli ultimi gorni, corri ad accendere il computer e dai un’occhiata al tuo conto in banca, sì quel conto telematico del quale sei così contento.
Lo hai fatto? Visto il saldo?
Già, zero. Ah, ora vai nella sezione “investing” e guarda il tuo portafoglio di azioni, poi il “pronto contro termine”.
Fatto? Tutto venduto, incassato, accreditato sul tuo conto. Il cui saldo naturalmente è sempre zero.
Se vai un poco a scavare, troverai che tutta la somma disponibile è stata bonificata verso un conto in Lussemburgo. Non sperare, anche lì non c’è più traccia dei tuoi quattrini e la società intestataria del conto è sparita, perché quella società ero io, tramite un prestanome si intende. Ah, non far caso al timbro sulla busta, ho imbucato questa lettera alla Malpensa prima di partire. Per dove? Eh no!
Sorpreso Topone ? (Mmm, mi mancherà il tuo toponcino, davvero!) Ti ho prosciugato il conto, le azioni, anche il tuo “pronto contro termine che non è la stazione di Roma, sciocchina”, come mi hai spiegato pazientemente. Insomma, ti ho lasciato in mutande. Veramente non è che quando eravamo insieme ti servissero a molto, non vedevi l’ora di togliertele…
Scommetto che ora stai per correre a denunciarmi al più vicino commissariato. E' giusto.
Prima però pensa alla figura di merda che farai. Dopo, se comunque decidi di andarci, sappi che non mi troverai, né tu né la polizia, e poi, anche se fosse, avrò già speso tutto, a me piace divertirmi, ballare, soprattutto andare ai concerti, e i divertimenti costano.
A proposito, non ti lamentare troppo, il tuo divertimento ero io e in fondo è giusto che tu abbia speso dei quattrini, non trovi?
Ma veniamo alla tua figura di merda.
Pensaci un poco, come mi hai conosciuta? A quella fiera dei mobili, ricordi? Tu nel tuo stand a fare affari, io interprete accreditata con il mio bravo cartellino appuntato alla camicetta scollata: “Lucia Mannucci” c’era scritto. Falso! Magari se ti ricordavi del Quartetto Cetra ti sarebbe venuto un sospetto. Ma tu non eri ancora nato quando cantavano Tata, Felice, Virgilio e Lucia. Nemmeno io ero nata, ma mia nonna aveva tutti i dischi e io da bambina li ascoltavo e mi divertivo un mondo, erano bravi sai?
Scusa la divagazione, ma la musica è la mia passione. A quella fiera sono passata da te per caso? Falso! Sapevo esattamente dove trovarti.
Ti ho buttato l’esca e tu hai l’hai ingoiata con l’amo, la lenza e la canna. La sera eravamo già a cena insieme, in quel ristorante ungherese con l’orchestrina. A proposito, faceva schifo, il pianoforte era calante, il violinista miagolava e non teneva il tempo, ma tu non sai nemmeno di cosa parlo, la musica secondo te serve solo a muovere i piedi e strusciarti addosso alla ragazza di turno. Invece non ti immagini nemmeno quello che rappresenta, ma è inutile che io parli ancora con te di questo argomento.
La sera dopo, beh, ti ricorderai della stanza nel tuo albergo, vero? La nostra “prima volta”, e lì te la sei cavata molto meglio che a ballare, devo ammetterlo.
E poi la felice scoperta, che bello! Ci eravamo incontrati a Bruxelles per la fiera, ma eravamo entrambi di Milano! Vero? Falso? Ti ho mai detto dove abito davvero?
Da allora gli incontri a casa tua, le serate e le nottate a fare di tutto. L’unica cosa vera che ti abbia mai detto è che sei bravo a letto, hai proprio il senso del ritmo, ma questo non penso servirà molto alla polizia.
Come ho fatto a entrare nel tuo conto e fregarti così?
Pensaci, io che portavo il discorso sul patetico: - Aiutami, non sono pratica, ma quei conti “telepatici”, sono sicuri? C’è da fidarsi ?- Tu eri così fiero della tua intelligenza, del tuo essere aggiornato. Mi dicevi: - “Telematici”, non telepatici, tontolina - E mi spiegavi come fosse facile e sicuro; poi però ti stufavi e mi chiedevi di usare meglio la mia soave boccuccia, ché di parlare ne avevo fatto anche troppo. Mi sentivo tanto “boccadirosa” ma eseguivo, e ogni volta ti legavo un pochino di più.
Poi la settimana scorsa, ricordi? Ti ho chiesto se fosse davvero possibile fare tutte quelle belle operazioni da casa, senza andare in banca, e ti ho chiesto anche come si faceva, se era talmente facile che persino una piccola tontolina come me avrebbe saputo farlo. E tu me lo hai fatto vedere. Hai acceso il tuo computer e mi hai spiegato.
-Vedi Mimì, ora chiede il mio numero utente - e tu l’hai battuto, non era nemmeno criptato sullo schermo, era lì in bella vista. Sai che ho un’ottima memoria per i numeri, anche quelli di otto cifre?
Poi mi hai detto che non bastava, che ci voleva pure una “parolina magica”, me lo hai spiegato come avresti fatto con una bambina. Ecco, la parolina magica sullo schermo non si vede, e tu non l’hai detta, un briciolo di prudenza ti era rimasta. Ma questa bambina ha passato dei mesi a esercitarsi per memorizzare velocemente i tasti battuti, tanto le tastiere sono tutte uguali, basta ricordare bene la posizione delle dita. Tu, come un bimbetto che usa solo l’indice della destra, hai scritto “POMPINO69”, così, tutto maiuscolo; porco, bella password che ti sei scelto!
Ti stai dando dello stupido, vero? Capisci ora perchè parlavo di figura di merda? Spiegalo al commissario, già lo vedo il ghigno che farà, e sarà lui poi a trattarti da tontolino.
E ti ricordi che il giorno dopo ti ho detto che dovevo andare via per lavoro, un paio di settimane?
Avevo già dato un’occhiata, e ammetto di avere avuto fortuna. I tuoi “pronto contro termine” stavano per scadere, ho dovuto solo attendere due giorni. Poi sono andata via davvero, solo che il lavoro l’avevo già terminato, ed era stato anche piacevole, ogni tanto.
Ma è ancora più piacevole ora, con in tasca tutti quei bei soldini. Già mi pregusto le mie lunghe vacanze, poi i concerti cui andrò – sai, io sono quella che si dice una “melomane” -…come? No, non vuol dire che mi piacciono le mele, tontolone, “melos”, musica, io adoro la musica, quella vera. E anche quella dei soldi, belli e fruscianti.
Ora ti saluto, non te la prendere, ti rifarai, lo so che hai un conto in Svizzera e quello non ho potuto toccarlo.
Ah, un’ultima cosa. Mica li ho scelti a caso quei nomi, Lucia-Mimì. Peccato tu non capisca un cavolo di lirica. Se avessi conosciuto la Bohème forse ti salvavi. Vedi, poco prima di quel “mi chiamano Mimì”, Rodolfo canta un’aria abbastanza profetica, oltre che molto bella: "Talor dal mio forziere ruban tutti i gioielli due ladri gli occhi belli”.
E io ho gli occhi belli, me lo dicevi sempre.
Addio topone adorabile,
la tua Mimì