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 nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE

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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE   nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE Icon_minitime29/9/2008, 13:09

Spesso chiedevo a mia sorella, il mio personale archivio storico, che mi raccontasse dei suoi tempi: della guerra, delle dispense vuote e delle relative indigenze.
I bassi salari e le tessere annonarie, totalmente insufficienti, spingevano gli abitanti delle città a cercare in campagna un minimo di approvvigionamento.
L’alternativa era la borsa nera, impraticabile per la maggior parte delle persone.
Gli speculatori, per avidità (a volte cominciavano per bisogno), battevano la campagna comprando di tutto per pochi centesimi. Poi, approfittando della miseria e della mancanza dei generi alimentari di primaria necessità, lo rivendeva in città a un prezzo dieci volte maggiore.
Il mercato nero nacque con la tessera annonaria e, soprattutto, con il bisogno di pane.

Fu così che, mia madre e mia sorella, la maggiore, cominciarono le loro processioni verso i parenti, contadini a Torre in Pietra, circa 30 km da Roma.
Erano i viaggi delle Lattifere. I pellegrinaggi laici della speranza e, soprattutto, della fame: una delle risposte alla miseria.

Quelle parole di mia sorella mi rimasero in mente, così come la sorpresa per quel mondo scomparso e a me sconosciuto. Presi una paginetta di appunti, per mia memoria…

Le vie delle Lattifere si aprivano a ventaglio dal cuore della città, per snodarsi sulle le strade consolari. Furgoni e camioncini, a volte motocarri per i percorsi più brevi, s’immettevano sulle strade statali alle prime ore della notte.
Appena la città cominciava a farsi campagna, aveva inizio la loro opera di raccolta del latte presso i piccoli allevamenti contadini.
Spesso e per arrotondare, gli autisti caricavano passeggeri paganti. Due, tre, quattro ed anche cinque persone, che scaricavano negli incroci di destinazione. A fine giornata, sulla via del ritorno verso la Centrale del Latte, i furgoni li riprendevano a bordo per riportarli in città.


Le tessere annonarie, nominative e rilasciate dai comuni, erano composte da bollini rappresentanti il consumo mensile di pasta, olio, carne, zucchero ed altri beni. Erano esclusi il pane (500g all’inizio e, verso la fine della guerra 100g) ed il latte, solo per bambini e su indicazione del medico.
Ad ogni acquisto il negoziante staccava un tagliando: il bollino del prodotto richiesto. Dopodiché non si poteva acquistare altro.
Si facevano code di ore per aspettare che arrivasse il bidone del latte, per un quartino a testa. Finiti i tagliandi cominciava la fame.
Chi aveva la fortuna di avere farina di cereali o di mais, faceva la polenta. Quella gialla, fatta con il granoturco, era la preferita.
Il caffè era un surrogato: un insieme di semi, compresa cicoria, radici e bucce di arancia, da abbrustolire sulla stufa. Alla fine si macinava il tutto, con il macinacaffè a mano (uno dei giochi per i più piccoli). Veniva fuori come una polvere nera con la quale si faceva il caffè. Anche lo zucchero era quasi nero, a volte rossastro. Erano pezzi, quasi come pietre, da sbriciolare.

Era questa *la domestica* economia di guerra.


Il 19/07/1943, (la data fu scelta con riferimento ad una ricorrenza storica: l’incendio di Nerone), iniziò il bombardamento di Roma. Cominciò alle ore 11,03 e terminò alle 13,35.
Si svolse in due fasi: dalle 11,03 alle 12,10 sugli scali ferroviari del Littorio e di San Lorenzo, come obiettivi primari. Dalle 12,12 alle 13,35sugli aeroporti del Littorio sulla Salaria e di Ciampino sull'Appia, per riprendere, poi, alle 15.00.
Le fortezze volanti e 300 bombardieri scaricano circa 1060 tonnellate di bombe, più 4000 ordigni incendiarie e spezzoni, dalla quota di "Venti angeli", 20.000 piedi d'altezza.
Sulla verticale dello scalo merci di S.Lorenzo, da 6.000 metri, “Lucky Lady” cominciò a sganciare bombe da 250 chili, con gli Arkansas, i Travellers, i Pretty Boy, i Dark Lady, gli Winnie Oh Oh, gli Geronimo II” e gli altri B-17 della prima formazione.
Le bombe caddero anche sui quartiere Casilino e Prenestino, ma la devastazione maggiore la subì San Lorenzo.
Nelle relazioni ufficiali degli Alleati la missione Crosspoint venne giudicata "Poco interessante perché troppo facile". Too easy, dicevano i piloti e i puntatori, che definirono il raid su Roma col nome usato per le missioni tranquille: Milk run, la corsa del latte. L'itinerario fatto dal lattaio la mattina per consegnare le bottiglie di porta in porta……


La Lattifera era in ritardo, pochi minuti. La donna e la bambina erano partite appena passata la mezzanotte, per trovarsi nel punto di raccolta. Erano sole, non c’erano altri viaggiatori. Entrambe vestite di nero, a più strati. Benché fosse l’inizio di giugno, a quell’ora era abbastanza freddo.
La madre, magra e sui quaranta anni, portava un ampio scialle di lana sulle spalle. Le mani nervose ne tiravano i lembi inferiori. I suoi occhi saettavano per le vie buie della città. Uno sguardo da lupa in cerca di tutto. I suoi movimenti erano intensi e repentini.
La figlia, quasi dodicenne, era avvolta in una mantellina di panno. Il cappuccio sulla testa. Guardava la madre e le strade, con curiosità ed emozione per quel viaggio. I suoi occhi, come quelli della donna, cercavano continuamente, sfrecciando su ogni cosa e persona. Avevano la luce di quando, con i suoi fratelli e sorelle, rovesciava sul tavolo il cassetto del pane. Pane non ce ne era, ma loro erano alla caccia di croste e molliche.
Il volto spigoloso della donna mostrava i segni della privazione. Era duro e determinato. Che ci fosse ansia lei non lo mostrava. Non poteva permettersela. A volte rideva, come in quel momento, quando la figlia le mostrò un ubriaco che ondivagava, parlando alle proprie scarpe. Era un riso intenso, da popolana. Squillante anche, ma solo per un breve attimo, per tornare subito attento ai segreti della notte.
La vista di uomini che si aggiravano per la città, penetrandole con gli occhi scintillanti, le faceva assumere uno sguardo tagliente, mentre la postura si faceva imperiosa, da cacciatrice.
La lattifera apparve all’inizio della via di Porta san Pancrazio. Arrivò sul punto di raccolta, con due colpi di clacson.
L’autista chiese se c’erano altri da far salire. Lei fece di no, con un cenno del capo. Salirono sul furgone e si sistemarono sedute, tenendosi alle corde, tra i fusti vuoti del latte.
La bambina sembrava aspirare ogni piccolo particolare del percorso, mentre la madre, tenendola per le spalle, la tirava a se.
Il sonno, agevolato dal rullio del mezzo, si affacciò più volte, ma non si riusciva a dormire. Il camioncino fece altre due soste, caricando tre passeggeri. Dovettero stringersi ancora di più. Lo spazio era limitato dai bidoni metallici.
Finalmente furono fuori della città. Superato il bivio della Monachina, il mezzo tirò dritto, senza più fermate.
Nei pressi di Malagrotta rallentò visibilmente, fino quasi a fermarsi. I passeggeri si alzarono in piedi, per vedere. La bambina aveva lo sguardo illuminato dalla sorpresa. Era come un gioco. Il gregge passò oltre e l’autista smise di bestemmiare, ripartendo.
Al bivio di Maccarese, la madre scosse la figlia, appena appisolata. Tra poco sarebbero giunte all’incrocio per Torre in Pietra, dove i parenti le stavano aspettando.
Era ancora buio quando, sopra un carro trainato da un bue, si avviarono verso il casolare di campagna, distante alcuni chilometri.
La bambina giocava con la cuginetta che, per l’attesa, aveva passato la notte insonne. Ridevano di complicità e divertiti dispetti, senza malizia, quasi non fossero passati alcuni mesi dall’ultima venuta.
Lo zio le fece tenere le briglia del carro e lei si profuse in esclamazioni raggianti. Arrivati al casolare e dopo i saluti, sempre calorosi e pieni di domande, fecero colazione, con latte e pane bianco.
Appena giorno le donne si riunirono davanti al camino, dove bolliva un pentolone. C’erano tante cose da dire. Sembrava che il tempo fosse insufficiente per raccontarsi tutto. Parlarono a lungo, mentre gli uomini si avviavano per i campi e la stalla.
La giornata si snodò tra i lavori della terra, dell’orto e la cura degli animali. Per la bambina era tutto un gioco: inseguire anatre e galline; nascondersi nel fienile; raccogliere legumi; guardare il vitellino mentre cercava il latte della vacca. Anche la mungitura fu memorabile. Lei stessa, dopo le istruzioni e seduta all’altezza delle mammelle della mucca, cominciò a strizzare i capezzoli. Ogni tanto, guardando la cuginetta alle prese con l’altra vacca, scoppiava a ridere. Poi, spalancando gli occhi, entrambe si leccavano le dita gocciolanti, cominciando a schizzarsi il latte, attente a non essere viste dai grandi
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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: Re: nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE   nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE Icon_minitime29/9/2008, 13:26

grazie almitra
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE   nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE Icon_minitime29/9/2008, 14:02

Passo alla seconda.
D.
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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


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MessaggioTitolo: Re: nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE   nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE Icon_minitime29/9/2008, 16:01

Poliedricità, conoscenza e agilità narrante connotano un vero artista.

_____gin
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http://www.bedo.it/allaricercadeltempop/
Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: Re: nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE   nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE Icon_minitime29/9/2008, 17:32

a maronna!!!!!!!!!!
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Massimo Guisso
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Massimo Guisso


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MessaggioTitolo: Re: nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE   nuova -1*parte - LE STRADE DELLE LATTIFERE Icon_minitime29/9/2008, 19:16

Sto migliorando... Stavolta ho letto subito la nuova versione della prima parte ... Molto ben scritto - degna della prima versione della seconda parte, ma sto facendo confusione... Mi diceva tempo fa un amico medico ormai anziano che anche da noi in Liguria succedeva così... (mio padre era invece prigioniero in Kenya, all'epoca, più o meno)...
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