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 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale

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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime25/9/2008, 17:54

La mattina del 19/07/1943 la donna, con la creatura di quattro mesi in braccio, si avviò verso S. Lorenzo. Sul tram cominciò ad allattarlo al seno. Il piccolo piangeva e, dopo alcune poppate di latte caldo, si addormentò.
La donna si ricompose, continuando a cullarlo. Una nenia appena percettibile si accompagnava ai movimenti del corpo. Era un canto sussurrato nelle orecchie del figlioletto, una cantilena di accoglienza e protezione.
I suoi occhi controllavano tutto: dal bambino in grembo allo sferragliare del tram; dalla strada agli altri viaggiatori; dalle nuvole bianche ai passanti. Lo sguardo scorreva, imparava. Cercava possibilità, occasioni e briciole di speranza, rimanendo fiero ed impaurito. Dicevano che la debolezza non portava pane, ma che di forza si poteva anche morire. Lei si nutriva della sola forza della disperazione, che era più potente di qualsiasi debolezza.

Alle dieci e trentacinque scese dal tram, nei pressi dello scalo di San Lorenzo.
Si accodò a un fila di persone dirette verso il piazzale. Erano poche, troppo poche per l’arrivo dei pacchi alimentari. Ebbe un fremito, solo un accenno, poi coprì bene il figlio, che ancora dormiva. Lo spostò tra le braccia, per bilanciarsi meglio. Decise di aspettare.
Passati dieci minuti, con quel fardello sempre più pesante, si mosse verso lo scalo.
Prima della galleria, poco distante dai binari, viveva una sua cugina di secondo grado. Il marito faceva la borsa nera. Non aveva figli e sarebbe stata contenta di prendere in braccia il bambino e coccolarlo. L’avrebbe aiutata, come altre volte, e lei si sarebbe sdebitata facendo il bucato, stirando e passando lo straccio. Ma non c’era tempo.

Alle dieci e cinquantacinquela piazza si animò di persone.
Pensò che fosse per via dei pacchi dono. Sorrise dicendo al suo piccolo fagotto che tutto andava bene e baciandolo ripetutamente.
Poi rimase impietrita: tutta quella gente non andava da una parte precisa, ma correva urlando verso ogni direzione.
Le campane della chiesa batterono le undici, quando senti il proprio cuore gonfiarsi di terrore. Non riusciva a muoversi. Strinse ancora più forte il figlio.
Le sirene ringhiavano l’aria, lamentose.
Corse verso la galleria, seguendo la folla.
Il rumore degli aerei non era più il sottile incedere di un pensiero frusciante.
Entrò nel tunnel, spintonando chiunque le sbarrasse la strada.
Alle undici, un minuto e quarantanove secondi, si accovacciò in terra, inarcando il corpo, come uno scudo per il proprio cucciolo.


Erano esattamente le 11, un minuto e cinquanta secondi, quando il primo passaggio di otto bombe toccò terra.
Venne investito in pieno il quartiere San Lorenzo e furono centrati il piazzale del Verano e l’adiacente piazzale San Lorenzo.
Le maggiori devastazioni furono concentrate nel triangolo formato dal piazzale Sisto V, piazzale San Lorenzo e piazza Porta Maggiore.
Un intero quartiere di Roma fu raso al suolo.
Quasi 3.000 i morti accertati e almeno 6.000 i feriti, causati dagli ordigni lanciati dai bombardieri anglo-americani, che colpirono in parte la stazione ferroviaria, obbiettivo strategico, ma distrussero le case civili.
Dalle rovine del quartiere di San Lorenzo partì il bombardamento della città.

*ROMA NON SARA’ MAI BOMBARDATA! *
*Né Roma, né Firenze, né Venezia, né Assisi *
Queste furono le assicurazioni degli anglo-americani, proprio mentre Eisenhower ordinava: *Se per salvare un solo uomo americano dovete buttare giù il Colosseo,…. buttatelo giù!!
*
(La tecnica di distruggere le città, per demoralizzare le popolazioni, ebbe il suo apice a Dresda, nel febbraio 1945 e a Hiroshina nell’agosto 1945. Non ha più smesso).

Papa, Pio XII ( il papa che accoglierà e fornirà di passaporti per il sud america, previa secondo battesimo, tutti i nazifascisti che si rifugiavano in S.Pietro), si presentò nel quartiere distrutto di San Lorenzo, per dare Un aiuto morale ma anche pratico: 1.000 lire a chi aveva bisogno.


La galleria tremava assordante. Urla e lamenti facevano da contrappunto, tra le pause delle esplosioni.
Pezzi di calcinacci piovvero sui suoi capelli raccolti. Mise le mani attorno al volto del figlio, a protezione.
Le persone, a gruppi di due o tre, si stringevano in un unico corpo.
Lei strinse ancora di più il piccolo. Il suo pianto le sembrava la manifestazione della consapevolezza del terrore, ma era suo l’orrore e lei non poteva farsi ingoiare da quel buio.
Scansò scialle, camicione e maglia. Offrì il seno al suo pianto. Lo allattò per più di due ore, fino a dopo le tredici.
Le esplosioni diminuirono d’intensità, quasi all’improvviso.
Il bambino piangeva ancora. Lei pensò di uscire e fuggire, ma le sirene continuavano a suonare, laceranti.
In fila, col coraggio della paura, i rifugiati cominciarono a uscire dalla galleria.
I bombardamenti erano ripresi, più lontani. Ora avevano il sapore di un eco che scavava profondo, dissolvendosi rapidamente su se stesso.
Appena fuori, confusa tra le gente che si guardava attorno, fu presa dal panico: il piccolo sembrava non respirare. Il volto era paonazzo e numerose bolle sferoidali si andavano formando su ogni piega del suo viso.
La disperazione le diete un’ultima scossa. Cominciò a battergli la piccola schiena, chiamandolo per nome, finché non cominciò a piangere. Lo pose in terra, sopra il proprio scialle e, in ginocchio, prese a svestirlo, offrendogli la propria voce e le proprie mani.
Il corpo era interamente ricoperto di macchie rosse, di vario spessore.
La donna sentì un urlo crescerle dentro, ma non poteva, non ora. Ingoiò la disperazione e cominciò a chiedere aiuto, imperiosamente, quasi un comando.
Alcune donne si avvicinarono bombardandola di parole: …..è stato il latte malato…..è lo sfogo di Sant’Antonio…..è una scarica di istamine, disse un uomo in camice bianco…. dobbiamo portarlo in ospedale, subito….
I pomfi erano di qualche millimetro e diffusi per tutto il corpo. Alcuni si presentavano chiari nella parte centrale.
Uomini e donne -neanche l’orrore era riuscito a privarli della pietas- li caricarono su una delle autoambulanze appena arrivate.
Partirono dopo qualche minuto, stretti nel sangue e nei brandelli di carne dei feriti.
Arrivarono in ospedale, il Fatebenefratelli sull’ Isola Tiberina, a due passi dalla loro casa. Le infermiere ed un giovane medico si presero cura del bambino.


Erano le quindici e gli aerei riprendevano a vomitare i rumori della morte.
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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


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MessaggioTitolo: Re: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime25/9/2008, 18:45

I know it before you write. I'm very charted.

____gin
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http://www.bedo.it/allaricercadeltempop/
Massimo Guisso
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MessaggioTitolo: Re: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime29/9/2008, 11:57

Capolavoro!!! Purtroppo, causa forzata assenza dal sito, sto leggendo e commentando a ritroso... Se fossi più "furbo", avrei recuperato subito la prima parte, e poi letto la seconda...
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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: Re: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime29/9/2008, 12:38

max...la ripubblico intera (fatto editing)
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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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MessaggioTitolo: annullata   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime29/9/2008, 13:01

flussodiparole ha scritto:
La mattina del 19/07/1943 la donna, con la creatura di quattro mesi in braccio, si avviò verso S. Lorenzo. Sul tram cominciò ad allattarlo al seno. Il piccolo piangeva e, dopo alcune poppate di latte caldo, si addormentò.
La donna si ricompose, continuando a cullarlo. Una nenia appena percettibile si accompagnava ai movimenti del corpo. Era un canto sussurrato nelle orecchie del figlioletto, una cantilena di accoglienza e protezione.
I suoi occhi controllavano tutto: dal bambino in grembo allo sferragliare del tram; dalla strada agli altri viaggiatori; dalle nuvole bianche ai passanti. Lo sguardo scorreva, imparava. Cercava possibilità, occasioni e briciole di speranza, rimanendo fiero ed impaurito. Dicevano che la debolezza non portava pane, ma che di forza si poteva anche morire. Lei si nutriva della sola forza della disperazione, che era più potente di qualsiasi debolezza.

Alle dieci e trentacinque scese dal tram, nei pressi dello scalo di San Lorenzo.
Si accodò a un fila di persone dirette verso il piazzale. Erano poche, troppo poche per l’arrivo dei pacchi alimentari. Ebbe un fremito, solo un accenno, poi coprì bene il figlio, che ancora dormiva. Lo spostò tra le braccia, per bilanciarsi meglio. Decise di aspettare.
Passati dieci minuti, con quel fardello sempre più pesante, si mosse verso lo scalo.
Prima della galleria, poco distante dai binari, viveva una sua cugina di secondo grado. Il marito faceva la borsa nera. Non aveva figli e sarebbe stata contenta di prendere in braccia il bambino e coccolarlo. L’avrebbe aiutata, come altre volte, e lei si sarebbe sdebitata facendo il bucato, stirando e passando lo straccio. Ma non c’era tempo.

Alle dieci e cinquantacinquela piazza si animò di persone.
Pensò che fosse per via dei pacchi dono. Sorrise dicendo al suo piccolo fagotto che tutto andava bene e baciandolo ripetutamente.
Poi rimase impietrita: tutta quella gente non andava da una parte precisa, ma correva urlando verso ogni direzione.
Le campane della chiesa batterono le undici, quando senti il proprio cuore gonfiarsi di terrore. Non riusciva a muoversi. Strinse ancora più forte il figlio.
Le sirene ringhiavano l’aria, lamentose.
Corse verso la galleria, seguendo la folla.
Il rumore degli aerei non era più il sottile incedere di un pensiero frusciante.
Entrò nel tunnel, spintonando chiunque le sbarrasse la strada.
Alle undici, un minuto e quarantanove secondi, si accovacciò in terra, inarcando il corpo, come uno scudo per il proprio cucciolo.


Erano esattamente le 11, un minuto e cinquanta secondi, quando il primo passaggio di otto bombe toccò terra.
Venne investito in pieno il quartiere San Lorenzo e furono centrati il piazzale del Verano e l’adiacente piazzale San Lorenzo.
Le maggiori devastazioni furono concentrate nel triangolo formato dal piazzale Sisto V, piazzale San Lorenzo e piazza Porta Maggiore.
Un intero quartiere di Roma fu raso al suolo.
Quasi 3.000 i morti accertati e almeno 6.000 i feriti, causati dagli ordigni lanciati dai bombardieri anglo-americani, che colpirono in parte la stazione ferroviaria, obbiettivo strategico, ma distrussero le case civili.
Dalle rovine del quartiere di San Lorenzo partì il bombardamento della città.

*ROMA NON SARA’ MAI BOMBARDATA! *
*Né Roma, né Firenze, né Venezia, né Assisi *
Queste furono le assicurazioni degli anglo-americani, proprio mentre Eisenhower ordinava: *Se per salvare un solo uomo americano dovete buttare giù il Colosseo,…. buttatelo giù!!
*
(La tecnica di distruggere le città, per demoralizzare le popolazioni, ebbe il suo apice a Dresda, nel febbraio 1945 e a Hiroshina nell’agosto 1945. Non ha più smesso).

Papa, Pio XII ( il papa che accoglierà e fornirà di passaporti per il sud america, previa secondo battesimo, tutti i nazifascisti che si rifugiavano in S.Pietro), si presentò nel quartiere distrutto di San Lorenzo, per dare Un aiuto morale ma anche pratico: 1.000 lire a chi aveva bisogno.


La galleria tremava assordante. Urla e lamenti facevano da contrappunto, tra le pause delle esplosioni.
Pezzi di calcinacci piovvero sui suoi capelli raccolti. Mise le mani attorno al volto del figlio, a protezione.
Le persone, a gruppi di due o tre, si stringevano in un unico corpo.
Lei strinse ancora di più il piccolo. Il suo pianto le sembrava la manifestazione della consapevolezza del terrore, ma era suo l’orrore e lei non poteva farsi ingoiare da quel buio.
Scansò scialle, camicione e maglia. Offrì il seno al suo pianto. Lo allattò per più di due ore, fino a dopo le tredici.
Le esplosioni diminuirono d’intensità, quasi all’improvviso.
Il bambino piangeva ancora. Lei pensò di uscire e fuggire, ma le sirene continuavano a suonare, laceranti.
In fila, col coraggio della paura, i rifugiati cominciarono a uscire dalla galleria.
I bombardamenti erano ripresi, più lontani. Ora avevano il sapore di un eco che scavava profondo, dissolvendosi rapidamente su se stesso.
Appena fuori, confusa tra le gente che si guardava attorno, fu presa dal panico: il piccolo sembrava non respirare. Il volto era paonazzo e numerose bolle sferoidali si andavano formando su ogni piega del suo viso.
La disperazione le diete un’ultima scossa. Cominciò a battergli la piccola schiena, chiamandolo per nome, finché non cominciò a piangere. Lo pose in terra, sopra il proprio scialle e, in ginocchio, prese a svestirlo, offrendogli la propria voce e le proprie mani.
Il corpo era interamente ricoperto di macchie rosse, di vario spessore.
La donna sentì un urlo crescerle dentro, ma non poteva, non ora. Ingoiò la disperazione e cominciò a chiedere aiuto, imperiosamente, quasi un comando.
Alcune donne si avvicinarono bombardandola di parole: …..è stato il latte malato…..è lo sfogo di Sant’Antonio…..è una scarica di istamine, disse un uomo in camice bianco…. dobbiamo portarlo in ospedale, subito….
I pomfi erano di qualche millimetro e diffusi per tutto il corpo. Alcuni si presentavano chiari nella parte centrale.
Uomini e donne -neanche l’orrore era riuscito a privarli della pietas- li caricarono su una delle autoambulanze appena arrivate.
Partirono dopo qualche minuto, stretti nel sangue e nei brandelli di carne dei feriti.
Arrivarono in ospedale, il Fatebenefratelli sull’ Isola Tiberina, a due passi dalla loro casa. Le infermiere ed un giovane medico si presero cura del bambino.


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MessaggioTitolo: Re: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime29/9/2008, 13:20

Purtroppo le bombe e gli ordigni distruttivi non conoscono nazionalità: non ci sono "bombe dei buoni" e "bombe dei cattivi". Ci sono solo le bombe che uccidono.

E l'Italia fu colpita sia dalle bombe americane che da quelle tedesche. E morirono i colpiti da queste e da quelle...

Molto bella questa tua ricostruzione storico-letteraria.
Complimenti.
Al.
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime29/9/2008, 14:11

Mi piaci nella dimensione parole che fluttuano
ma così, come non ti avevo mai letto prima
non solo mi sei piaciuto, ma mi hai commosso
perchè ho ricordato la voce di mio padre
che narrava, raccontava, piangeva.

Grazie, M.


Daniela
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MessaggioTitolo: Re: 2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale   2*-LE STRADE DELLE LATTIFERE - parte finale Icon_minitime

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