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 e poi dicono che non ricordo le cose....

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Massimo Guisso
Mauro Scicchitano
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Mauro Scicchitano
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Mauro Scicchitano


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MessaggioTitolo: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime28/10/2008, 12:50

Burj el Baraj.
Chissà che diavolo vuole dire, per me è arabo.
Però è anche notte a Burj el Baraj. Notte fonda. Non ci sono luci a Beirut, è tutto buio. Uno spicchio di luna lascia una luce lattiginosa, l’umidità che arriva dal mare contribuisce a rendere irreale questa luce grigia come il nostro umore.
Abbiamo spento il motore della Campagnola (che razza di nome, andrebbe dato a una ragazza non a un mezzo militare). Il tenente mi guarda. Dobbiamo chiamare il checkpoint, mi dice. Certo, dobbiamo chiamare, peccato che tu non sappia una parola di inglese, quindi dobbiamo diventa devi.
Lui è il capomacchina, io il marconista, quindi spetta a me.
Il caporale Cottone che fà l’autista è seduto al suo posto, fuma nervosamente, borbotta tra sè e sè tamburellando le dita sul volante.
La radio è accesa, sintonizzo e chiamo.
Siamo la pattuglia “Eco One”. Metto la cuffia, e aspetto una risposta.
L’americano dall’altra parte “accusa ricevuta” come si dice in gergo.
Segno l’ora sul registro, sono le due di notte.
Ascolto per un po’ le conversazioni. Tutte le pattuglie sono ai loro posti, a Sabra c’è qualche movimento, a Chatila tutto tranquillo. Aeroporto, niente da segnalare.
Scendo dalla “Campa”, il tenente ha la faccia a punto interrogativo, vuole un rapporto: il rapporto che vorrebbe non glielo posso prorio dare, ma riferisco che è tutto regolare. In lontananza sentiamo dei gatti che fanno casino tra loro, beati animali, che ne sanno di quello che succede attorno.
Secondo me non siamo in una bella posizione, questo incrocio ha troppi lati scoperti.
Faccio un cenno al tenente. Vado dal lato opposto della strada.
C’è un mucchio di pietre e mattoni, caduti dal palazzo di fronte, riempito di cannonate.
Guardo i miei compagni di sventura.
Cottone scende dalla macchina e viene a sedersi accanto a me. Non parla molto questo ragazzo astigiano però ha un cuore immenso. Mi porge una sigaretta. L’accendo con lo Zippo che mi ha regalato un marine conosciuto quando sono sbarcato. Dovevamo aspettare le assegnazioni, era l’unico americano ed ero il solo a parlare inglese. Alla fine il marine Kochran mi ha lasciato qualcosa in ricordo.
La fiamma ondeggia un po’. C’è un po’ d’aria.
Cottone mi porge una bottiglietta. Il micidiale e devastante Cordiale, marchiato E.I.
Non servono parole, anche se non ho voglia mi tocca bere. Ad Asti si incazzano se rifiuti da bere.
Faccio un cenno al tenente, che è ancora dall’altro lato della strada.
Si avvicina anche lui. Beviamo tutti e tre, senza parole.
Non servono le parole quando hai paura. Eppure è una notte tranquilla. Abbiamo paura. Tanta.
Sai cos’è che ti fa tanta paura? Il silenzio. Spettrale. Qui c’è una guerra, non è possibile che ci sia tanto silenzio. Persino i gatti si sono ammutoliti. Le due e quarantacinque.
Finiamo il turno alle sei, hai voglia a stare zitti.
Devo fare rapporto ogni quindici minuti, prendo la radio portatile e chiamo Base Aquila.
“Condor a base Aquila”. Che cazzo avranno mai da dirsi un condor e un’aquila, penso.
“Avanti Condor”.
“Condor a Aquila, da Burj el Baraj nulla da segnalare, forza presente e attiva, passo”.
“Aquila a Condor, ricevuto, alla prossima, chiudo”.
Fatto. Come timbrare il cartellino.
Due e quarantotto.
Cottone borbotta qualcosa, mentre sento in lontananza il rombo cupo di un motore. Alzo la mano, chiudo il pugno e faccio quei gesti dei film, così mi hanno insegnato. Indice e medio aperti, davanti agli occhi, mano distesa in verticale a indicare una direzione. Non serve altro. Cottone scatta verso la macchina. Il tenente si muove verso l’angolo opposto. Io copro te, tu copri me. E’ la regola.
Il rombo si avvicina, il regime dei giri è alto, qualunque cosa sia non sta passeggiando.
“Condor a base Aquila, Burj el Baraj, sentiamo veicolo sospetto, passo”.
“Aquila a Condor, allerta Foxtrot, passo”.
Cazzo, devo chiamare il checkpoint degli americani a tre isolati da qui. Con la radio della Campagnola. Faccio un cenno a Cottone. Vuol dire coprimi. Annuisce e sento lo scatto del FAL. Via la sicura e colpo in canna. Il rombo del motore sale, non capisco da dove arrivi, con la coda dell’occhio vedo il tenente che si mette in posizione, sdraiato, verso non so dove, punta il suo mitra.
Corro come un pazzo verso la Campagnola, basta qualche secondo. Gli echi prodotti dai palazzi in rovina non ci fanno capire da dove arrivi il mezzo, il rombo è meno cupo, si sta avvicinando. Cottone schizza verso la MG che abbiamo sulla macchina. Armeggia con il nastro delle munizioni. Sento più gli scatti dell’arma che il mio respiro, ma è questione di istanti.
Mi appoggio alla parete esterna della campagnola, prendo il microfono.
“Eco One, Foxtrot Foxtrot”. Lo ripeto non so quante volte, forse, forse cento.
“Eco one, position?”. Grazie Cielo, rispondono. Riferisco, nine-four-three-four-one.
“Roger Eco One, level charlie”. Cazzo, cazzo cazzo!
L’effetto doppler ci fa capire che il rombo ci ha superati. E’ passato a un paio di isolati, ma non abbiamo visto nulla. Solo quel rombo cupo. Maledetto e cupo.
Resto ipnotizzato davanti alla radio. Cottone è lassù, muove la MG a casaccio. Non sa cosa fare.
Il tenente corre verso di noi. E’ a metà della strada.
Poi, il boato. Un lampo. Mi sento i timpani scoppiare. Per un millesimo di secondo si fa silenzio, poi arriva l’onda d’urto. Afferro la mano del tenente, Cottone si buttà giù. Tutti e tre ci infiliamo sotto la Campagnola. I FAL pronti e carichi, e insieme al terrore sui nostri volti la polvere. Tanta polvere.
Mi fischiano le orecchie, vedo le labbra del tenente e di Cottone che si muovono, ma non sento nulla.
Il fischio, Dio ti prego, fai che smetta. Non so quanto duri. Torno a sentire quando sia la radio portatile che quella della macchina prendono a gracchiare, voci che si accavallano, non si capisce nulla in quel caos.
Voci italiane, americane, francesi. Falli smettere, per un attimo, falli smettere.
Il tenente fa un cenno. La conta. UNO, DUE, TRE!
Ci siamo tutti. Cerco di chiamare base Aquila, ma si è scatenato il caos. Per fortuna dall’altra parte c’è un operatore con i coglioni, che ha capito, ordina a tutti il silenzio radio. Poi chiama, sembra interrogativo, la voce un po’ gli trema.
“Aquila a Condor. Condor, rispondete”.
Armeggio con la radio portatile. Nel casino ho spostato qualcosa. Sento di nuovo l’appello di Aquila. La voce stavolta trema per davvero. Cazzo, fai in fretta, in fretta, in fretta!
Finalmente si accende la dannata lucetta rossa.
“Condor a base Aquila, riportiamo esplosione nel nostro settore, probabile auto bomba, tutta la forza presente e attiva, nessun danno, passo”.
“Aquila a Condor, rientro immediato, riportate ogni cinque minuti, chiudo”.
Non sappiamo cosa sia successo, ma seguiamo le regole di ingaggio. Cottone sta bestemmiando in piemontese, si alza da sotto la Campagnola e si mette al posto di guida. Il tenente è pallido come un cencio, io ho la sensazione di essere morto o qualcosa del genere. Paura. Paura e ancora paura.
Cottone esagera, mette pure la sirena, bravo, bella idea, così magari per tirarci un RPG gli basta seguire il suono.
Arriviamo al campo, i cancelli sono aperti, appena li superiamo si richiudono, come se servisse un cancello a scacciare la paura, quando hai il cuore in gola, quando intuisci che a tre isolati qualcuno ci ha lasciato la pelle, ma poteva toccare a te. Per un pelo. Magari perchè quelli del checkpoint avevano la radio alta.
Noi eravamo in silenzio. Muti. E rassegnati. Così mi dicevano al CAR: muto e rassegnato.
Cottone frena come un rallysta, dalle sue parti si usa. Scendo con un balzo dalla Campagnola, con in mano il registro, perchè dovrò fare rapporto e il mio FAL. Versione alpina, calcio ripiegabile.
Sono le tre e ventisette.

La piazza d’armi della base è illuminata. L’attraverso in diagonale, cammino strusciando i piedi, se lo sapesse Nonna prenderei degli scapellotti. Nonna, ti prego, non questa notte.
Sono spaventato, terrorizzato, impaurito. L’adrenalina è a mille, il cuore mi batte all’impazzata. Più cammino e più sollevo polvere. Voglio solo raggiungere la mia branda e scuotermi di dosso questa paura. Ci sono andato vicino, troppo vicino. No. Non voglio. Non voglio morire qui. Non adesso.
Di fronte a me intravedo una sagoma. Qualcuno che cammina verso di me.

Un ufficiale. Lo riconosco, il colonnello del reparto logistico. Ha l’aria incazzata.

“Caporale, si presenti!” – ordina imperioso.
Snocciolo la solita tiritera, nome, reparto, incarico e matricola.

“Lei è una vergogna per il contingente! Ha la mimetica lurida, gli anfibi impolverati e le mostrine fuori posto. Io la sbatto in punizione di rigore, si giustifichi!”.

Lo guardo dal basso verso l’alto. Il capo leggermente inclinato. Sollevo leggermente il FAL.
“Colonnello: ho un colpo in canna e non c’è la sicura, pensi dove la sbatto io”.

A Burj el Baraj sono stati uccisi quattro Marines, tra i quali Michel Joseph Kochran, Baton Rouge, Louisiana.
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Massimo Guisso
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime28/10/2008, 12:56

Cazzo!
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Rosario Albano
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime28/10/2008, 17:35

bel brano!

sul contenuto ci rifletto...

ma scritto benissimo!

bravo!
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime28/10/2008, 18:23

Ero con te, Max, ed ho respirato la stessa paura. L'ultima frase sì, l'hai detta per davvero, strafottendoti delle stelline e dei gradi, mi pare quasi di vederti Smile
Bravo, bravo per davvero.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime17/11/2008, 12:05

Perchè te l'ho sbattuta di là...
Condividendo o meno le motivazioni di chi è là andato, sono le pagine dal fronte che amo leggere, le pagine che da ogni angolazione nascano, dovremmo farne tesoro, per imparare dai nostri errori. E le guerre, qualsiasi guerra di qualsiasi colore, sono state tutte errori nonchè orrori.
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Almitra Newton
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime17/11/2008, 18:31

Grazie per averla messa in evidenza, Dani.

Purtroppo sono cose vere che accadono ancora dappertutto, nel mondo.
E se non è guerra come questa, può essere la "guerra urbana" come ho visto io, negli anni '70, nel centro della mia città: piccoli carri armati (da città), drappelli di militari armati con elmi, scudi e mitragliette, in formazione a quadrato per "prendere" in tutte le direzioni...
Non li avevo mai visti.
Quando c'era la guerra, per fortuna, ero troppo piccola per ricordare...

Sguardi più impauriti negli occhi di quei ragazzi, là, che non nei nostri; e non li potrò mai più dimenticare.
Al.
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Mauro Scicchitano
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime18/11/2008, 14:28

Non importa mai perchè ti ci trovi in mezzo, capita.
Io avevo da fare un anno di servizio, perchè stare a scaldare una sedia e una radio?
Il mio amico colonnello, ora generale in pensione, me lo aveva detto. Non c'è pericolo, vieni qui per un turno, guardagni un sacco di soldi, e conosci anche un mondo diverso.

Il mondo diverso l'ho conosciuto: quegli arabi pieni di astio, incazzati con tutto il mondo, ma poi sempre pronti a ricevere un aiuto. Perchè un tozzo di pane non ha colore, specie quando hai fame. Un tavoletta di cioccolata, per i tuoi figli, può essere meglio di qualunque altra cosa tu possa mettere in tavola, visto che in tavola non puoi mettere niente.

Non c'è un parallelo con la "guerriglia urbana", quella può essere persino peggio, specie quando hai visto, sotto i tuoi occhi, un giovane morire carbonizzato dalle molotov, e solo perchè era nel bar sbagliato, al momento sbagliato.
In entrambi i casi si tratta di idiozia, la stupidità umana che antepone la forza al dialogo.

E allora non importa se sei di destra, di sinistra, di centro o di una qualunque variante.

Prima chiedi perchè, e fin chè non lo hai capito non ti azzardare mai a mettere mano ad un'arma. Di qualsiasi specie. Perchè la paura dovrebbe farti ragionare.

Il quadrato è comunque desueto, è da preferirsi la colonna unita, su due file: in caso di attacco al centro si può convergere, negli attacchi a lato l'altra colonna può intervenire.
Come nel film "Il Gladiatore": COLONNA UNITA!

Così Maximo vinse, avviandosi verso i Campi Elisi.

That's all, Folks.

La prossima volta vi racconto di Xenia, assai più leggiadra come lettura.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime18/11/2008, 14:38

Citazione :
E allora non importa se sei di destra, di sinistra, di centro o di una qualunque variante.

è esattamente quello che penso anche io
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Monica Porta
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Monica Porta


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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime18/11/2008, 19:43

Pagina riflessiva, che stravolge il mio pensare.
Sì, perchè non l'ho mai letta con gli occhi di un soldato che vede la vita sfuggirgli di mano e, dopo il terrore, prova l'enorme sollievo per essere ancora vivo.
Ogni cosa assume un aspetto diverso.
Grazie.
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MessaggioTitolo: Re: e poi dicono che non ricordo le cose....   e poi dicono che non ricordo le cose.... Icon_minitime

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