Dove era finita la piccola Marvel?
Qualcuno da qualche parte e per qualche motivo aveva detto che si era persa alla ricerca di un’idea per una storia, una storia importante.
Eppure, sono qui per raccontarvelo, ieri ha bussato alla mia porta una storia. La storia mi ha ingaggiato per cercarla. Marvel - amandola - l’avrebbe animata.
Era lì, vuota, priva di un canovaccio per le lacrime. Mi disse: "Sono una storia senza senso, senza manico. Uno scaffale pieno di parole impolverate, in un ordine asettico, inventariate come vuoti a perdere, che da sole non significano nulla. Cerco la piccola Marvel per questo, lei è la musa che cuce le nervature morfologiche, lei il guerriero che lotta con i miei draghi blu, lei il cuore che detta all’anima i versi, lei la mano che brandisce la spada che intaglia parole profonde e cesella poesie in rilievo. Ma dov’è? Ti prego, trovala!, senza di lei sono soltanto un insieme di punti d’inchiostro che disegnano macchie eloquenti ma incomprensibili".
Non dissi nulla. La storia mi lesse un po’ gli occhi, poi si voltò sconfortata. Si alzò in piedi e fece per andare. Qualche lettera rimase sulla sedia, qualcun’altra era per terra, smarrita. L’ombra di un’idea replicava i passi nervosi della storia che si allontanava come sterpaglia al vento.
All’improvviso, apparve la piccola Marvel. “Ah, eri qui!” disse alla nebulosa di chiacchiere che boffonchiava disordinatamente, arrovellando idee e disordine. “Dove cavolo stavi?! E' da tempo che ti cercavo...”.
“Tu mi cercavi?” replicò dapprima seccata ma poi quasi timidamente la storia “… me, che sopravvivo come un giubbotto su una spalliera di una sedia in un angolo di un bar senza insegna?”.
Le due si guardarono tacendo le proprie colpe. Poi si avvicinarono.
Marvel accarezzò la storia, tirò fuori da una tasca un’idea tonda, perfetta, quasi come un uovo. La calzò nella storia come in un guanto, lasciò un attimo che questa l'accarezzesse, poi la prese per mano e andò via con lei, tra le righe di un racconto inimmaginabile.