hai vesti così bianche che l'occhio
stupito, imbrillantato di soli,
non regge lo sforzo di mietere
allori di patetica noia ambulante.
mi passa per capo e per rovi,
quel che nevischia pennuto nel claustrum
dorato, nicchiando notevoli acuti,
cantando a voce spiegata ,
le mie labbra drenano pallori rosati.
sei bianca, energica e scaltra dicevo
mi abbandoni con saggezza e risate.
non merito nulla di più che asfissianti
compleanni sefraditi,
grancasse e tromboni, tombini e bambini
a correre pazzi nel cortile assolato.
ho le scarpe ora zuppe di pioggia
piene e grasse di sabbia,
incespico errando alla ricerca di un pollo,
inseguito da armadi di uomini, gorilla
imprestati dal circo, dallo zoo o che ne so.
braccato nascondo la mia anima in fondo
al posso o non posso?
patrizio alla fine e nobile recupero rapido il passo
e inoculo fiori e speranze a quello che resta
del mio passare in sordina l'apostrofo (delta di venere)
del torreggiante tedio del giorno.