SCRIVERO' UN LIBRO PER TE - ALBERTO TARQUINI

SCRIVERO’ UN LIBRO PER TE.
Anche una lettera di addio può parlare d’amore, di un grande amore. Una lettera d’addio forse tardiva mio perfido amore; una lettera che forse ti sorprenderà, che non aspettavi e che neanche io avrei mai pensato di scrivere. Ma la decisione che ho preso, in qualche modo, ti devo comunicare.
Proprio io, l’uomo che tu hai giudicato sempre inutilmente prolisso, ripetitivo, ridondante (anche se ancora mi domando perché), quello che curiosamente appellavi col nomignolo di “sinonimo”, ti stupirà; mi supererò e farò della sintesi una nuova scelta di vita, di esistenza, di soffio vitale, di sopravvivenza.
Se per tuo demerito o per la mia atavica coglionaggine non so, il risultato non cambia.
Scriverò un libro che parla di te, dedicato a te.
Mi farò violenza, abuso, prepotenza, angheria; pensarti  ed avere il vomito è per me, oramai,  cosa automatica, meccanica, involontaria, istintiva, inconsapevole.
Ma lo farò, mi voglio punire, sfogare, nel pensarti, nel ricordarti, nell’amarti, nell’odiarti. Lo farò per non pensarti, per non pensarti più d’ora in avanti.
Per prima cosa dovrò scegliere la copertina; quel libro, già da fuori, deve lasciar immaginare il suo contenuto a chiunque lo guardi anche distrattamente, sbadatamente, negligentemente, superficialmente. Deve trasudare di me e di te.
Per questo la copertina sarà nera con le scritte in oro, come si usa per gli epitaffi sulle lapidi poste a ricordo.
Poi sceglierò la carta; non sarà facile trovarne una ruvida abbastanza da avvicinare il ricordo che ho del tuo essere; grezza, come solo tu sei riuscita ad essere con noi.
Grezza e scura deve essere, buia, povera di luce, opaca, per infastidire gli occhi di chiunque si cimenterà in quella terrificante lettura. Terrificante al pari del tuo splendido cinismo nell’ingannarmi.
I caratteri di stampa poi dovranno raccontare di te, quasi una tua fotografia, che ti si possa anche vedere nel leggere. Un carattere impudente per stampare le mie parole, sfrontato, impertinente, arrogante, tracotante, impassibile di fronte al mio soffrire nello scrivere, che freddo resti a raccontare la tua freddezza, la tua indifferenza, la tua distanza, la tua insensibilità.
Fatto questo, non resterà che scriverlo. Ed è questa la fatica minore, marginale, trascurabile, meno importante, secondaria. E’ tutto già scritto, tu l’hai già scritto, un monologo già abbozzato che io, il tuo …..spettatore, ho subito nel consueto silenzio; banale, teatrale, scontato quel tuo “Ho bisogno di sentire la tua mancanza”, lasciatelo dire, una vera stupidaggine, idiozia, insulsaggine, insomma una vera  stronzata
Attonito, come sempre, ho subito anche questo ultimo insulto, come se nel tuo copione il finale fosse già scritto: “sì, se è di questo che hai bisogno” ho detto, e lo ripeterei anche, se mai dovessi dirmelo ancora.
Ma il libro che scriverò per te non parlerà di questo. Piuttosto che di noi, parlerà di me, delle cose che non ti ho detto e che avrei dovuto dirti, di quello che sarei dovuto essere, subito, immediatamente, all'istante, sul momento, immantinente e che solo ora trova il coraggio per parlarti.
Per dirti cosa, come, quando. Per dirtelo in modo conciso, stringato, succinto, essenziale, sintetico, netto, chiaro.
Non per rimproverarti del tuo tradimento, del tuo adulterio, del tuo voltafaccia, del tuo inganno. Neanche per chiederti conto della Mastercard esangue. Nemmeno per i tuoi creditori che ancora oggi bussano alla mia porta. Ed anche le bugie, le falsità, le menzogne che ho bevuto non chiedono più ragione, come non soffro oramai più per la mia Mercedes che tu hai voluto a tuo nome e che ora non ho più, come pure la casa al mare.
No! Non è di questo che parlerà il mio libro.
Sarà il sunto di una storia d’amore vissuta unilateralmente, mentre tu covavi disegni diversi, differenti, dissimili, difformi.
Sarà un libro di poesia. Quella poesia che io solo ero capace di far vivere tra noi.
Una sola poesia. Capace di raccontarti e di raccontarmi. Non una vendetta, una rivincita, una ritorsione, una ripicca, una rivalsa. Piuttosto l’epilogo di quello che pensavo un grande amore.
Ne stamperò una sola copia e te ne farò dono, regalo, offerta, omaggio, presente.
T’ho amato, lo giuro, e t’amo ancora. Non ho mai smesso di farlo. Parlarti, dirti, manifestarti, scriverti e dedicarti questo libro, ancora, ne è la prova lampante, brillante, splendente, lucente.
Fossi capace, te lo direi con una canzone; fossi capace, te lo direi dipingendoti; fossi capace, te lo direi uccidendoti.
Ma solo di questo sono capace, e questo farò.
Non lo sono stato nel farti innamorare di me; non lo sono stato nell’impedirti di farmi del male, di farci del male.
Ma questa cosa la farò. Io, ancora dolorante, sofferente, dolente, pesto, porterò a compimento questo gesto eroico, coraggioso, valoroso, glorioso, intrepido.
Scriverò questo libro per te, perché tu possa intendere, capire, comprendere, intuire quanto male mi hai fatto, ci hai fatto.
Il titolo sarà
“AL MIO AMORE”;
la sola poesia che leggerai avrà per titolo
“ED IO CHE MI FIDAVO CIECAMENTE DI TE”;
la poesia avrà una sola parola:
“TROIA”.
Addio amore mio.

P.S. La mia lettera potrebbe finire anche qui mia adorata, amata, bramata, venerata, desiderata; ma oltre che con te, ho deciso di condividere questo scritto con altri amici di penna, perché a tutti possa arrivare il mio urlo di dolore. Proprio loro, mi ricordano quello che, nel ricordarti, avevo dimenticato, ignorato, trascurato: 5000 battute (spazi esclusi).
Sarà forse un segno del destino, del fato, del caso, della fatalità dover parlare di te e con te per altre 679 battute, (forse inutili ma doverose, dovute, debite, imperative, necessarie); quel destino beffardo che ho subito e che ancora deprime i miei pensieri, il mio cuore. Quel destino che, invece, il mio avvocato chiama semplicemente “pratica”.
Eppure, ti penso; Dio quanto ti penso, non ci posso pensare!
Una volta lessi (dal verbo, non dal cane) una cartolina che diceva: “Di giorno non pranzo, ti penso; la sera non ceno, ti penso; la notte non dormo, ho fame.”
Ecco: questa è la mia vita senza di te.
Addio da quello che una volta chiamavi affettuosamente “sinonimo”.