Senza più parole

Le parole mi hanno stancato. Ho deciso così di sedermi, come si seggono ancora le vecchie del sud, su una piccola sedia di paglia a guardare chi passa. Così udrò le parole degli altri, senza ascoltarle. Leggerò le parole degli altri, senza scriverne di mie. Sarà la ripetizione di ciò che è sempre stato: la ragione degli altri

Le parole impegnano, equivocano, non si fa in tempo a disclipinarne una , che già mille altre fuggono. Un tempo possedevo un orfanotrofio lessicale, forse sarebbe meglio chiamarlo lager. Io ero sia Kapò che Blokova. Tirranica e despota, credevo di avere la supremazia su di loro. Quando le passavo in rivista, non ho mai avuto pietà, non si puo’ per chi è nato dal peccato della superbia.
Perchè questo sono le parole: eretici suoni satanici.

Un tempo esisteva il gesto, era un dio semplice, naturale comprensibile, mai arrogante, presuntuoso o equivocante.
Era un dio fatto di occhi, di pelle, di sangue. Poi, chissà perchè, un giorno da un gesto di labbra forse contaminato, nacquero le parole. Il gesto morì e nacque l’equivoco. Quando facevo la Kapò, o la Blokova, tanto è uguale, possedevo ancora l’arroganza grammaticale e facevo volteggiare per aria il mio scudiscio semantico. Loro si prostravano subdole, babiloniche mentitrici, come satrapi sottomesi o marrani usurpatori delle cose proibite.
Mi presentai al lager, con tre valigie di parole, il cambio necessario per la permanenza.

La valigia con le parole materne, quella dell’eros ingannevole ed infine quella delle assenzepresenze. Ho creduto di domarle. Ho solo creduto. Quando la notte scendeva, nella solitudine della mia camera, poggiavo sul letto la valigia delle assenzepresenze. Come lucciole uscivano, volteggiando sulla mia testa. Con loro non sono mai riuscita ad essere cattiva. Erano le parole più fragili, quelle non dette, ancora ectoplasmi onirici. Erano le immagini delle parole, evocative presenze di assenze.

Era il tempo in cui dormivo diagonalizzandomi in un letto, che prima mi aveva visto linea retta, parallela ad un’altra , assenzapresenza euclidea.
Piangevo.

Poi, come sempre arrivava il giorno.
Indossavo la divisa di ordinanza ed iniziavo il mio lavoro.
Ero rispettata e temuta. Un giorno, forse a causa di una mia distrazione, un gruppetto di facinorose, approfittando della debolezza del risveglio, s’impossessò di me.
Mi colonizzarono la schiena e il braccio destro.
Iniziò un lento e progressivo declinio.
Non riconoscevano più la mia autorità. Mi scacciarono, anagrammando il mio nome.
Adesso sono stanca. Il tempo che passa su di me, ha la villania di un estraneo che bussa troppo forte alla porta.
Oggi dico addio alle mie parole.
Mi rifugierò nel gesto dei gesti, chiudendo gli occhi, come di chi dorme o di chi muore.

Mammamia Gin che pagina che hai scritto!
La forma magistrale, il contenuto condivisibile da quanti hanno valigie stipate di parole.
Parole che aiutano e distruggono, parole che salvano e parole che uccidono, alle quali arrendersi o combatterle.
Tu non perderle mai, per favore...

Come ho già detto altrove, questo è il mio addio ai monti.

Ciao, Carissima.

____gin

La neve sui monti
presto sarà acqua

Dabbasso le valli
riprenderanno colore

Il sorriso si riempirà
di luce nuova
ad allontanare nebbie

bellissimo ADDIO...Gin...aspetto un tuo prossimo "ciao alle pianure" e ai verdi pascoli inermi di silenzi: chiassa infatti il silenzio..a volte molto più delle parole..______ciao Gin__dioy

Senza parole Gin?Non si può...Bisognerà solo imparare a non farsi fare male da loro o non farne.E' l'unica,tanto loro tornano sotto mentite spoglie,i pensieri.

io credo che tu non potrai mai dire addio alle tue parole...

Nu

Cosa saremmo senza di loro...forse animali per davvero. Ti mancheranno quei monti come le parole che hai tenuto per te :-)))).
Ciao
Tenore58

Interessantissima pagina. Molto brava.
Ci credo, ma solo per poco.

clelia

Belin, oltre che il tempo perduto hai finito pure i vocaboli!!!

Noi siamo le nostre parole, ma le parole non saranno mai noi: sempre le governeremo, sia che le ascoltiamo, sia che le pronunciamo! Del resto siamo noi a dar loro un'anima, altrimenti resterebbero solo geroglifici vuoti e insignificanti...
Comunque molto intensa e bella, questa tua pagina: forse un addio, ma non credo...
Con ammirazione e stima, Almitra

e ci sono cose che ti fanno innamorare, per forza, ogni tanto capita, queste mi sembrano ancora quelle indifese di diagonali piangenti. cosi' come solo un'innamorata puo' scrivere di un amore.

da un po' ci giro attorno a questo testo...cosa è che mi rende perfino difficile dire dia verlo letto? non saprei. le parole e il gesto. e il tuo testo naturalmente. ciao

Citazione :

Poi, chissà perchè, un giorno da un gesto di labbra forse contaminato, nacquero le parole. Il gesto morì e nacque l’equivoco

Sono tornata, perchè oggi le tue parole sono mie.

Senza parole
Complimenti per la profondità della riflessione e per la capacità di slacciare l'anima dalle parole.

Sono tornata a cercare questa tua perchè ricordavo che c'erano cose che mi appartenevano e dopo la giornata campale che ho avuto sono senza parole io.
Forse perchè mi sento tanto Kapò...
Non so ancora se piacermi o meno in questa veste.
Metto il mulo in scarico per vedere se ritrovo l'omonimo film di Pontecorvo e poi decido.

Parole scritte col sangue, sul sangue, da tatuarsi sul ventricolo sinistro. E non destro...
"Sogno o son destro?" No, sono mancino! (Parola di Hendrix a Seattle. Brano tratto dalla predica ai woodstoockesi).

questa è la serata delle pagine che avevo perso. e infatti l'ora è tarda. mi dispiace che lo sia, perchè più che in altri momenti mi è difficile fare un commento decente ad una pagina così. daniela ha scritto che il contenuto (è) condivisibile da quanti hanno valigie stipate di parole.
forse io le ho, e per questo non credo al tuo addio.
Mi rifugierò nel gesto dei gesti, chiudendo gli occhi, come di chi dorme o di chi muore.
o come chi si riposa perchè stanco. mi piace pensare così, perchè sono egoista, e perchè non posso e non vorrei dire io addio alle tue parole.
Elisabetta

Come orazione funebre non sarebbe male.

Le parole. Sono ambigue. Ci permettono la comunicazione, ma qualche volta tradiscono il pensiero. Come sarebbe bello comunicare senza bisogno di intermediari. Ma poi certi loro assembramenti ci affascimano e torniamo ad amarle.