SERE D'ESTATE DELLA NOSTRA FANCIULLEZZA

Giocavamo per strada nelle sere d’estate della nostra fanciullezza, fino a tardi, fino a sentire sulla pelle la brezza soave della notte. Giocavamo per strada – nascondino, acchiapperello, mosca cieca –, sotto un cielo sereno trapunto di stelle, nel mezzo del quale splendeva rotondo il pallido volto della luna.
E le grida si alzavano acute, attiravano il lento osservare degli adulti, uomini e donne, al fresco sull’uscio delle case.
Essi narravano fatti a noi sconosciuti, risalenti a tempi lontani: fatti ora lieti ora tristi, che non attraevano in quell’istante la nostra attenzione, come in altre occasioni.
Non paghi di giochi e di allegria, guardavamo gli adulti a nostra volta, sperando vederli sempre là per moltissimo ancora: vederli parlare, ridere, piangere anche. Ma quando l’ultimo d’essi rincasava, rincasavamo anche noi, a malincuore, ciascuno per voce della mamma.
A un tratto deserta e silenziosa, la strada pareva che dormisse, sotto il cielo trapunto di stelle, nelle sere d’estate della nostra fanciullezza.