L'ho conosciuta otto anni fa. Frequentava il mio corso.
Ci avevo pensato tantissimo prima di spedire quella maledetta mail con la quale confermavo la mia iscrizione. Se avessi saputo cosa aveva in serbo per me quel destino bastardo, avrei invocato, in quel momento, il blocco totale dell’ADSL.
La lettera arrivò con la distribuzione del pomeriggio, sul vassoio del maggiordomo di Incredible mail ed accompagnata dal solito scampanellio della posta in entrata: era la ricevuta di ritorno della mia missiva che poneva fine ad ogni mio dubbio.
Il dado era tratto ed ero ufficialmente iscritta al corso promosso dal comune, destinato a tutte le casalinghe fancazziste di mezza età e, quindi, anche a me.
Mia nonna mi insegnò a leggere. Mia nonna mi mostrò i libri e mi trasmise il suo amore per loro. Non mi insegnò, però, a fare alcun passo di danza e questo mi segnò per sempre l’esistenza. Credo che nella sua tomba si sia ribaltata dalle risate quando, il pomeriggio che avrei dovuto partecipare alla prima lezione, feci le prove davanti allo specchio della mia stanza da letto.
Oh, ero bellina, che credete: mi ero messa un reggiseno rosso fuoco, un pareo acquistato da un vù cumprà l’estate prima a Paestum; l’immagine che mi rimandava lo specchio era strepitosa.
Peccato che la figura che cercava di fare mosse sensuali, muovendo il bacino al ritmo della musica arabo-andalusa -mi ero fatta prestare il CD dai marocchini che abitavano al piano di sotto- andasse da tutte le parti meno che a tempo.
Sempre per colpa della mia nonna…
Abitavo a due passi da un negozio di cravatte, in una via secondaria di una città del nord; mentre mi osservavo allo specchio pensai che una cravatta colorata, da cucire al pareo, avrebbe nascosto quei lardelli di ciccia insolenti che mi facevano da salvagente.
Mi decisi a scendere, non prima di essermi messa il mio cappotto da milite russo in ritirata a coprirmi le forme seminude.
Maggio ad Abbiate Grasso è un mese caldo, meditabondo. Le giornate sono lunghe e umide. Avrei sicuramente fatto girare parecchie teste con il mio abbigliamento fuori stagione, ma non me ne curai minimamente.
D’altra parte in paese mi chiamavano Rosina La Pazza non per niente.
Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Rosa Scognamiglio: i miei compaesani potevano chiamarmi come volevano, mica mi fregava niente, a me, alla Rosa.
Dicevo che la conobbi otto anni fa, al corso di danza del ventre.
A vederla era magrissima, la Giasmin, le ossa si vedevano eccome e noi tutte iscritte al corso, che di magro avevamo solamente il portafoglio, la invidiavamo da morire, con le nostre pance un poco flaccide ed i cuscinetti dell’amore a ingioiellarci il giro vita.
Mi piacque talmente tanto che continuai a frequentare il suo corso durante gli ultimi otto anni, fino a che Giasmin non ci ha comunicato, stamattina, che non poteva più essere la coreografa delle nostre perfomance perché l’hanno assunta come cuoca a tempo pieno alla mensa di Via Fatebene Fratelli.
Ora sono qui, con questa volantino pubblicitario in mano, indecisa sul da farsi.
“Sono aperte le iscrizioni per il nuovo corso di mimo istituito dal Comune di Abbiate Grasso e destinato a tutti i cittadini, maschi e femmine, di età compresa tra i quarantacinque ai cinquantacinque anni”.
Insomma, la danza del ventre non l’ho imparata in otto anni, magari la mia strada è diventare un mimo famoso come Marcel Marceau e stupire con effetti speciali, all’età di quarantanove dico quarantanove anni, le platee internazionali.
Visto mai… Verrei sicuramente citata pure da Wikipedia e già vedo il mio nome a caratteri cubitali nei cartelloni davanti ai teatri: siamo lieti di presentarvi……… Rosa Scognamiglio da Abbiate Grasso……
Invece di scrivere una mail però stavolta vado a vedere di persona di cosa stiamo parlando.
Con il mio volantino in mano mi dirigo all’indirizzo. Lo stabile dove si terrà il corso fa parte del nuovo complesso residenziale in zona Fiera.
Una macchina si ferma al semaforo. Un attimo e ne scende una ragazza alta, bella. Controllo sul volantino il limite di età e questa bella patacchina mica ci rientra. Vero è che oggi la medicina estetica fa miracoli, ma questo chirurgo, nel caso, sarebbe Gesù Cristo sceso nuovamente in terra a ripetere per la storia miracoli incomprensibili.
Mentre faccio queste riflessioni, mi avvicino al civico che è la mia destinazione.
Sopra la cornice della porta c'è una placca metallica lunga e stretta, rivestita di smalto. In un bell’azzurro carico, c’è scritto in bella grafia Mimica & Dintorni: la mia meta.
Mimica so che è, sono i dintorni che mi preoccupano ma ormai sono qui e non sarebbe da Rosa Scognamiglio non entrare, poi la mia determinazione mica è cotica di zampone emiliano, è pelle di salame brianzolo.
Entro decisa.
La voce femminile si diffonde dall'altoparlante, leggera e piena di promesse come un velo da sposa. E’ talmente insinuante che io, che leggo sempre Novella 2000 da quando mi sono disinnamorata dei libri della nonna, so per certo contenere in sé messaggi subliminali che faranno sì che chi ascolta, andrà immediatamente al banco iscrizioni e apporrà la sua firma al modulo di partecipazione, incurante degli zeri che coronano il costo del tutto.
E vi pare che la Rosa resti indietro? Non sia mai detto.
Però sono un poco incerta: dopo la danza del ventre non è che il corso di mimica ci azzecchi poi molto, forse dovevo dirottare su un corso di danza scozzese, quelli che avrebbero visto qualche bel signore danzare in gonnellino sulle note di Gary Owen con i gioielli a fare capolino da sotto le pieghe.
Esito ad apporre il nome, il bel nome grave di tristezza su questo sentimento, del quale la noia, la dolcezza mi ossessionano.
No, perché mica è facile chiamarsi Rosa: tutti pensano che io sia triste e dolce come una noisette dal dorato intenso che si sta smorzando con dolcezza nella noia dei pomeriggi sempre uguali.
Io ci ho provato, assieme a Giasmin in quella palestra dai profumi orientali, a renderli vivi; ci ho provato per otto lunghi anni, ma risultati scarsi.
Mi viene in mente che adesso la Giasmin, però, sente l’odore di aglio e cipolla e che al posto delle ampie sottane sgargianti, e del diadema sui suoi capelli scuri, deve indossare un grembiule ed una cuffia bianca in testa.
Se lo merita, la prossima volta impara a italianizzare il suo nome.
Vabbè, accantonate le speranze di diventare una famosa danzatrice del ventre, mi iscrivo e mi applico per diventare mimo.
A quarantanove anni dico quarantanove, potrò bene diventare qualcuno e trovare il mio posto al sole?
Un omarello, magari, è un desiderio da genio della lampada?
La mia nonna ci ha provato a farmi amare i libri, per qualche tempo c’è pure riuscita ma mica ci ho trovato un marito con le parole.
Ci ho provato con il far ruotare il bacino: niente, sto impedita, persino le scope di Fantasia sono più agili di me.
Ci provo con la mimica: il cerone bianco nasconde le rughe e ci riuscirò.
E fanculo pure la Giasmin.
Te lo dice Rosa Scognamiglio, che sono io me.
Stretta la foglia
larga la via
dite la vostra
io ho detto la mia