Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.



 
RegistratiIndiceCercaUltime immaginiAccedi

 

 il sogno di rob

Andare in basso 
3 partecipanti
AutoreMessaggio
Roberto Miano
Top
Top



Numero di messaggi : 520
Data d'iscrizione : 04.01.08

il sogno di rob Empty
MessaggioTitolo: il sogno di rob   il sogno di rob Icon_minitime31/5/2008, 02:23

Da “la mera veglia degli attimi distrattati” – un ultima notte


Il sogno di rob


Donna sta per laurearsi.
Ama il teatro, l’odore della polvere di velluto, il suono tarlogoro delle tavole del palco, e quella sensazione di paura che le succhia adrenalina solleticandole cuore, pancia e piedi ogni volta che il sipario si apre.
Donna non deve scendere a compromessi. Certo potrebbe giocarsi un etto di anima per un voto da appendere al muro del suo camerino. Ma ha di meglio da fare, per esempio decidere di comprare proprio la targhetta per la porta del camerino.
“Donna Telling”
Quando è pensierosa assume l'aspetto di un dipinto antico. I suoi capelli sono ricci e vermigli e il suo viso si affaccia gentile tra tanta confusione. I suoi occhi sono disegnati sull’idea di un sorriso. Peccato abbia scelto un pezzo drammatico.
“Ma del resto è impossibile sorridere, scrivendo tesi…” pensa Gloria mentre trascrive.
Stando alle parole di Donna “i più grandi comici in realtà sono altro che maschere drammatiche costrette a veder sorridere gli altri e a non poter partecipare a tale celebrazione. La sofferenza intima non si condivide!”
Sebbene abbia un fisico minuto, Miss Telling riesce a tenerci dentro tutte le sue ombre. Difficile gestire le proprie paure, impossibile comprenderle.
Un attore, uno bravo, ci riesce, le tira fuori solo quando recita, e poi - sipario chiuso - è snervato. La trance finale altro non è che la decompressione fisica e mentale per il passaggio dal mondo emotivo a quello motivo.
Il titolo della tesi, è arrogante, come la luce dei suoi occhi.
“Io che sono attore provo a recitare la vita, tu in platea fai finta, come sempre, di viverla”.
[opera per un (m)atto]
L’ha trascritta con l’aiuto di Gloria, lei è veloce a scrivere. Ha mani micidiali. E dita capaci di tradurre frasi complesse in frazioni effimere di manosecondi.
Sua allieva, tipa vispa, sta scrivendo, in gran segreto, un pezzo tutto suo. Ha qualche difficoltà perché quando è lei a dettare, le sue mani indugiano e le sue dita scricchiolano. Non ha il coraggio di farlo leggere a nessuno, ma ogni volta che lo scrive ride, quando lo rilegge sorride. Anche se usa il computer per scrivere, ha sempre una penna bic da mordere.
Il titolo della sua storia è “memorie di…gitanti”.
Ha giocato con le parole, ha parlato delle sue mani, ha detto della sua fantasia. Consuma un cappuccio di penna ogni notte. Non beve caffé. Fuma però. Ha molte pagine da parte, sopracciglia disegnate ad ingannare lo sguardo, la bocca tesa sulla meraviglia e gli occhi a stento trattenuti dagli occhiali, sexy, sulla curiosità.
Il testo che le sta dettando Donna, la tesi, è invece una sorta di monologo. E Gloria avrà l’onore/onere di essere ospite in qualità di narratore intradiegetico. Reciterà le parti tra parentesi, appenderà al filo narrativo brandelli di coscienza, dando voce a quei dubbi che una persona furba si tiene per sé.
Donna sarà sola sul palco.
All’inizio non era convinta di questa scelta. Banale jeux des mots: “Donna sola donna”. Anche se sembrava una buona idea. Titolo a lettura palindroma, avrebbe fatto una gran bella figura, in un’ipotetica successiva rappresentazione, suscitando la stessa meraviglia in chi venisse da sinistra ovvero da destra.
L’idea poi è stata scartata semplicemente perché troppo egodibile. Il nome, Donna Telling, sembrerebbe arrogarsi un diritto narrativo invero tutto da dimostrare.
E’ un bel nome, però, Donna Marion Telling, e non è un nome d’arte!
Un donna, sola. Solo Donna sul palco.
(Voce fuori campo sarà quella di Grazia).
Il prof. Aprio seguirà la tesi da solo. Monologo anche in platea.
Pubblico feroce e nemmeno un culo spettacolare in sala a distrarlo. Né pop corn, né lupini. Donna dovrà essere convincente. Dovrà offenderlo in quanto spettatore, e intrigarlo in quanto professore.
Difficile, non impossibile.
La coreografia, nata da un’idea di Kartross Ana, sua amica dai tempi dei primi amori da corridoio scolastico, vagheggia un orizzonte marino. La scena si svolge, in primo piano, su una goletta, ven-tot metri a due alberi, armata a vele auriche, costruita interamente in legno e ristrutturata nel milleforsequando. Lo scafo è bianco, il ponte, come gli alberi, marrone.
Donna ha provato a chiederle cosa ci azzeccasse il mare con il suo monologo.
Ana le ha risposto con una domanda.
“Hai mai visto l’alba sul mare? Riesci a farla stonare su una qualsiasi tua fantasia?”
Donna non ha replicato.
Le vele sono un patchwork di canovacci. Un’enorme raccolta di storie mai utilizzate, finalmente utili allo scrittore per fuggire dal suo casting away.
L’idea è geniale, tanto da gonfiare il petto di Ana quando, entusiasta, spiega all’amica
“Lo sento, è un’idea che mi piace, è geniale e non perché mia, darà forza ed orgoglio al tuo monologo, Donna, così come quel vento che soffia sulle parole, laddove quelle più tenaci ed impressionanti (alcune parole impressionano gli occhi e non esistono screen saver per sguardi affascinati) rimangono aggrappate ai canovacci come alle convinzioni e spingono una persona, timida, a solcare il mare di dubbi e quindi a fuggire dall’isolamento imposto dalla plateale disattenzione degli uomini. Sta a te, poi, tirare fuori l’anima, farla abitare in questo orizzonte artificioso, ingannandola senza dolo per permetterle di andare oltre il confine che separa la palcoscientia dalla spettacolo, la potenza dall’atto, l’assoluto egodibile dal relativismo altruindividuale”.
Donna guarda Ana, si allontana, poi girandosi, entusiasta, esclama
“Sì, Ana, sì, maledetta pazza, raffigurami una porta che io ci entro dentro, cazzo!”. E se ne va parlottando.
Ana la osserva, poi rivolgendosi a Rob gli domanda “tu non hai fame?”
Rob è l’assistente di sala, ovverosia il tuttofare, tutti lo chiamano “Paccodono”, così lo ha battezzato Mary T., segretaria e marketingeneer del gruppo. E’ un tipo buffo, Rob, timido, incapace di mettere in fila tre parole. Sogna ad occhi aperti, e spesso non li chiude neanche quando dorme.
Ogni volta che gli è stato chiesto il perché, lui ha risposto citando una canzone.
“Le cose della vita fanno piangere i poeti e se non le fermi subito diventano segreti”. *
Rob vorrebbe poter regalare a Donna una storia quadrata, salda, che possa essere rappresentata su quel palco, proprio da lei, con una spiaggia sotto i piedi, tutta sabbia di clessidra, metafora del tempo, che è tondo. Rob vorrebbe poterlo fare. Vorrebbe saperglielo dire e spiegare. Riesce solo a pensarlo, e poi non sa parlare molto bene. E’ capace di sognare, e sa contare fino al settimo tasto dell’ascensore. Chi, come lui, abita in un grattacielo é costretto ad inventare un numero nuovo, ogni giorno. Gli ascensori invece non hanno fantasia, sono pesanti marionette con corde di acciaio, incapaci di recitare improvvisando.
Proprio oggi Rob ha trovato il coraggio. Ha messo insieme poche parole e raccontato a Miss Telling la sua storia.
Donna lo ha ascoltato, anticipando però le sue parole, leggendo sulle labbra la trama banale di una storia che invece avrebbe dovuto scovare tra le righe dei suoi silenzi nervosi, pieni di immagini non dette, di vocaboli sconosciuti.
Passati pochi minuti, ha tagliato corto.
“Paccodono non voglio illuderti, trovo banali le storie che iniziano con il mare, le stelle e le spiagge. Ci sono già molti poeti in fila su certe trepidazioni da discount. Sforzati di capire! Perdonami, ma ora ho da fare…”
Rob, non l’ha guardata in faccia quando, disegnando zeri con un piede, le ha chiesto
“Veramente trovi sia banale una spiaggia con le stelle, Miss?”
Donna gli ha sollevato il mento, lo ha guardato negli occhi e gli ha risposto.
“Sarò sincera. E’ retorica!”
“Che significa Retorica, Miss?”
“Significa ‘già sentita’, ‘già detta’, Paccodono. Scusami, però ora debbo proprio andare…”
Rob ha atteso di vederla uscire dalla sala prima di urlare alla porta chiusa.
“Allora… significa che la mia è retorica da collezione, mentre i tuoi, Miss, sono solo ricordi da inflazione…”
Dopo una breve pausa, forse perché spaventato dall’essere stato in grado di dire una frase appena dopo averla pensata, ha alzato anche di più la voce.
“E poi io non ho mai visto il mare, né le stelle. Ho fatto viaggi incredibili sui fondali scrostati e abbandonati di questo teatro. Anche questa è retorica, Miss? Io non so neanche di cosa profuma il mare. Come può dire che è “già sentito”, Miss?
Trattenendo altre parole tra i denti, ha sfogato la residua rabbia frust[r]ando le poltrone in platea con lo straccio.
Dopo cinque minuti le tre donne sono rientrate nella sala. Donna vedendo Rob imbronciato si è fermata.
“Suvvia Paccodono, prima o poi, saprai spiegarmi la tua meraviglia. Ci vediamo domani. Ricorda è il grande giorno, ed io conto su di te.
Dovrai stupirmi…”
Gloria dietro gli ha fatto l’occhiolino, Ana invece si è trattenuta per stringergli una guancia tra le dita e dargli un bacino proprio sulle labbra.
“Bello Paccodono! Bello bello” gli ha tormentato le guance facendo brillare i suoi occhi color cacao.
Quindi sono sparite di nuovo, tutte e tre, divorate da una uscita laterale.
Rob non le capisce le donne (si tocca le labbra).
Non comprende molte cose, invero, e le donne le trova fin troppo complicate. Ana poi lo mette sempre in difficoltà.
Avevano un buon sapore però le sua labbra, sapevano di fragole e fumo. Gusto strano, ma a lui piace.
E’ sul palco Rob, quando si accorge che non c’é più nessuno nella sala. Se ne sincera girando lo sguardo tutto intorno, compassato, in punta di scopa.
Si fa coraggio e, complice la solitudine, sussurra “Mav…vaff…fanculo, tutte e tre, quante sss..siete!”
Scuote la testa, sorride, poi torna a scopare il mare.
Domani è il grande giorno.
La scena soffia sulla meraviglia più affamata.
Sullo sfondo ci sono alcuni gabbiani, virgole in controluce su un’alba. Il mare è un acquarello, azzurro e bianco ai lati, giallo ed arancio al centro.
Le vele della barca hanno lo stesso colore dello straccio che nuota nel secchio.
Posa la scopa, sale tre gradini, guarda in platea (un bel respiro), conta fino a sette, afferra il timone della nave ed inizia a girarlo verso est.
Sorride perché sente il vento nei capelli, l’aria è fresca e l’alba è così bella da rendere vano ogni commento, rendendo giustizia alla meraviglia dei semplici. Ha potenza nelle mani e odore di mare nei polmoni.
Inizia a cantare.
“… e no io no,
io non ci sto,
son spesso allegro
a volte triste
e guardo il mondo da un oblò,
ho cento e più castelli in aria,
una rana proletaria,
ed amo il mondo
perché è tondo
e c’è gran musica
sul fondo…”**
Ammutolisce, improvvisamente si volta. Qualcuno lo sta chiamando.
Torna in alto Andare in basso
Roberto Miano
Top
Top



Numero di messaggi : 520
Data d'iscrizione : 04.01.08

il sogno di rob Empty
MessaggioTitolo: Re: il sogno di rob   il sogno di rob Icon_minitime31/5/2008, 02:25

“Capitano Pack, attendiamo ordini per la nuova rotta”.
“Sì, Canta…vagliavo le carte natiche. Ci vuole culo per azzeccare una canzone, volevo dire... ci vuole mano per tener la direzione. Orsù dunque, eziandio, cazziate la ronda, vento a Peppa, via gli armeggi. Accendete il vento, e se non basta iniziate a soffiare, sia chiaro, qui comando io, ho poche parole ed altrettanti ordini, chi vuole intendere in tenda, gli altri a rapporto!”
“Non capisco, Capitano…”
“Non puoi capire, sei semplicemente un mozzo, sig. Andrej Gloria. Finisci di pulire il ponte, e stai attento che non ci passi sopra un treno, dobbiamo navigare e non possiamo permetterci né desideri né altra robaccia retorica su questa nave.
Obbi…disci ai miei ordini o ti taglio anche l’altra mano, non vorrei doverti promuovere da mozzo semplice a mozzo stereo…”
“Obbi…disco comandante, ma cos’è un treno? ”
“Povero stolto, un treno è una nave che l’uomo inventerà un giorno per navigare sulla terra. Avrà vapore a dar vigore sulle sue ginocchia di ferro, avrà rotaie a tracciare la rotta e uomini che sceglieranno di fuggire da o verso qualcosa”.
“Chiedo scusa comandante, ho difficoltà ad intendere, può bastarvi ch’io obbedisca?”
“Certo che puote. Spiegate le vele al vento, e poi, per parco indizio, spiegate il vento alle vele. Chiedete al sig. Kartur Ennio di tracciare una rotta, oppure ne immagini una, senza mare mosso. Ha carta bianca e tutti i colori che riesce a rubare dall’arcobaleno. Questa nave ha un arpione che centrerebbe un’orcabalena in mezzo agli occhi dalla distanza di ventimila leghe. Se ricordo bene, dopo il settimo maretorico c’era una volta. Voglio ritrovarla quella volta e Kartur deve portarci esattamente dove l’occhio vuole la sua parte.
Riferisca al nostro rottamaio che soffro di labirintite e che non vorrei perdermi nei miei mal di test(hard)uggine. Non tollero i miei cognati e non intendo fare eccezioni per quelli di Vomitour.
Anche perché, se non erro, non abbiamo un medico a bordo”.
“Con tutto il rispetto, comandante Pack Odono, mi do licenza di ricordaVi che Miss Telling è cerusico, che è a bordo… ed abbordabile!”
“Tenetevi il rispetto in tasca Andrei Glory, se questo è quanto potete offrire alla vostra dignità di uomozzo. Miss Donna è in viaggio di piacere. Non credo voglia sentirvi dire “trentatré…spoli per il mio pappagallo” mentre sputate catarro al rhum sul ponte, che poi lavereste.
E poi non credo lei abbia voglia di vedere mozzi mezzi nudi, mozzi anche tra le gambe. Ahr ahr ahr.”
(risata teatrale, portata dal vento).
“Si comandante Pack, ma Miss Telling è sulla prua della nave, stretta nelle sue stesse braccia. Sembra triste. Continua a ripetere frasi strane”.
“Trovo irriguardosa la vostra curiosità. Fossi in voi un'altra volta, Andrei, andrei altrove e non nei paraggi di un dissesto sentimentale o umorale di una donzelante fanciulla”.
“Chiedo scusa Capitano, col vostro permesso, ora andrei…”
“Non dovete scusarvi con me, semmai con Miss, e poi dove dovete andare?”
“Lo farò! Andrei a pulire il ponte, come ordinatomi…”
“Non credo avrete tempo, di scusarvi intendo, e poi prima del ponte dovrete pulire bene il sole, odio quel colore gialloblio. Dopo dovrete fare l’inventario delle stelle, qualcuno dell’equipaggio le sta dando in pasto ai propri volubili desiderando. E poi dovrete fare il filo alla luna, taglia male le maree. Rammentate infine di rammendare la jolly roger, una delle due maschere teatragiche piange e l’altra, per solidarietà, ha smesso di sorridere. Vi ricordo che non è in alcun modo ammessa alcuna manifestazione di empatia su questa nave. E poi…”
“E poi cosa, comandante?”
“E poi, ma per poi intendo ora, dovete riferirmi circosa stava dicendo Miss Telling”.
“Ma…”
“Ma obbedite! Andrei, o vi darò in pasto ai pescecani”.
“Squali?”
“Squelli! Per esempio!”
“No! Vi prego Comandante, non fatemi fare passerella sull’eternità, un mozzo non è modello di vita, ma neanche di morte”.
“Bene, Andrei allora digitate con le vostre ridicole “ditine” sulla punta della vostra lingua e poi riferitemi, cosa stava diceva Miss Telling al vento?
“Sembrava recitasse. Diceva qualcosa tipo:
- No, signore!
Non voglio la vostra retorica. Non potete certo affondare questa nave. Non chiedetemi un mare on the rocks.
Certe paranoie, Doc Aprio non stanno a galla.
Io non solo non vi amo, non vi conosco proprio, e poi tacete, per favore, ché il mio è un monologo.
Ho i nervi tesi, la mia platea è al di la del mare di luce che abbaglia i miei sensi. Non c’è tempo per le poesia. La vita è fatta di praticità.
Ho bisogno di dare un numero alla mia ansia. Ho bisogno di un voto per i miei risultati. Devo tirare le somme della mia vita.
Siate sincero quindi Doc Aprio, ditemi: voi ci stareste comodo sul mio relitto di coscienza?
L’acqua è fredda, potreste morire. Meglio il velluto di una platea distaccata dallo spettacolo della vita.
Accomodatevi, prego. Concedetemi una chance.
Le vele di questa nave sono gote di un bambino che fa pernacchie al destino.
Io non riesco ad essere insolente, ma vi prego, datemi un voto.
Ho bisogno di saper cosa è stato della mia vita. Esauditemi.
E le nostre strade... sì… se pare … erreranno … per sempre!..."

“Queste parole ha detto Capitano, alla fine quasi piangeva, singhiozzava…”
“Chi calamarazzo è codesto Doc Aprio?”
“Lo ignoro Capitano. Miss era sola e quando si è avveduta della mia presenza, avendole io chiesto se andava tutto bene, ella mi ha risposto con una frase strana…”
“Quale frase? Parla mozzo, o ti mozzo la lingua!”
“Mi ha detto che il mare le sembra troppo scontato. Però non ho capito molto bene, Capitano, non ho mai visto alcun marinaio pagar pedaggio a Nettuno….”
“Sei un idiota Gloria Andrei, un imperfetto idiota! Pepperò tu proferisci il vero, posto che financo io, che di mare ne ho annusato tanto, mai ebbi notizia di uomoroso alcuno nei confronti di nettuno, obbligato ergo a pagare chicchettia per scavalcar dell’onde la poesia ...”
[......]
“Pack! Packo. Paccodono. Oh, mi senti?”
“Sì?”
“Pacco, stiamo andando via. Tutto è pronto. Donna, Gloria e Ana sono andate a mangiare alla pizzeria Podgora. Vieni con noi? Ti accompagno, io le sto raggiungendo”.
“No grazie Mary, finisco qui e vado a casa. Tranquilla, spengo io le luci.
Voglio riposare, domani è il grande giorno”.
“Come vuoi Rob, ci vediamo domani, allora”.
“Si, grazie Mary, a domani”.
Nuovamente solo, Rob ripensa a Donna, alla sua disillusione, alla retorica mai vista e alle sue ultime parole.
“Domani dovrai stupirmi!”
Tira fuori dalla tasca un grosso pennarello nero, sale su una scala, toglie il cappuccio, sente l’odore forte dello spirito, aspira e sospira, tira fuori la lingua e traccia sulle labbra l’idea, poi, sulla nuvola più grossa scrive
“La follia appartiene agli uomini semplici che nascondono le loro fughe, colpevoli o meno, tra le pieghe dell'incredibile.
Un folle vagheggia l'impossibile ma si assume la responsabilità del reale!”
Sceso dalla scala, fa qualche passo indietro ed osserva la sua opera.
“In culo al lupo, Miss!”
Esclama, tirandosi dietro la pesante tenda di velluto.
Poi chiude le luci, ordinando che sia notte.
L’ultima, prima del grande giorno.




* Antonello Venditti – Le Cose della Vita
** Roberto Miano (raccolta inedita di canzoni – Live in cameretta)
Torna in alto Andare in basso
Giampiero Pieri
Star
Star
Giampiero Pieri


Numero di messaggi : 2332
Data d'iscrizione : 20.01.08

il sogno di rob Empty
MessaggioTitolo: Re: il sogno di rob   il sogno di rob Icon_minitime31/5/2008, 07:00

lascio questo segnalibro, per ripassare.
Torna in alto Andare in basso
Daniela Micheli
Admin
Admin
Daniela Micheli


Numero di messaggi : 14694
Data d'iscrizione : 04.01.08

il sogno di rob Empty
MessaggioTitolo: Re: il sogno di rob   il sogno di rob Icon_minitime1/6/2008, 09:36

Pagine nelle pagine, teatro nel teatro.
Un vortice di parole a rappresentare, ancora una volta, spaccati di umanità in chiaro scuro o, se preferisci, in dolceamaro.
Torna in alto Andare in basso
Contenuto sponsorizzato





il sogno di rob Empty
MessaggioTitolo: Re: il sogno di rob   il sogno di rob Icon_minitime

Torna in alto Andare in basso
 
il sogno di rob
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» Sogno
» Sogno
» Ballo e sogno
» Il sogno
» Il sogno di Alice

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
 :: Prosa e Poesia :: Prosa-
Vai verso: