I ragazzi dello zoo di Bucarest

Sono occhi profondi e segnati da antichi dolori quelli che illuminano i giovani visi scavati che fanno capolino dal tombino a scrutare le prime fredde luci dell’alba che sorge sulle strade di Bucarest. Il sorriso incerto di speranze, che si intravede appena accennato, è annerito dalle carie trascurate e in Dumitri latita di un incisivo perso in una scazzottata per la conquista del suo west.
Il gelo della notte è stato intenso e lui, assieme ad Alexandru, Georgeta e Loreta hanno trascorso le ore del sonno accoccolati ad assorbire il calore emanato dagli enormi tubi d’acqua calda che percorrono tutto il sottosuolo della città. E’ la loro casa da quando in città scoppiò il caos totale; non riuscirono più a ritrovare la loro famiglie, disperse nel clima di terrore e sfiducia che aveva paralizzato, assieme al gelo intenso dell’inverno rumeno, la città intera.
Mai cercarono i genitori nel caos, mai rimpiansero i padri alcolizzati, che li pestavano sistematicamente ogni sera, e mai le madri, delle quali, ora, non ricordano più nemmeno il nome.
Si erano ritrovati per le vie della città, assieme ad altri che, come loro, preferirono la strada ed una vita senza né tetto né legge, con i loro rifugi nel sottosuolo, agli orfanotrofi lager del dopo Ceauşescu.
Lungo quei tubi di calore si riparavano dal freddo, mendicando il loro sopravvivere; appresero che quando era troppo dura, quando il freddo era troppo intenso, quando gli stomaci brontolavano per i crampi della fame, bastava acquistare una confezione di vernice Aurolac da sniffare, imparando che gli effetti erano identici a quelli di droghe molto meno a buon mercato: un’aspirata dentro al sacchetto di carta e i morsi della fame, il dolore del ghiaccio che penetrava le ossa scompariva come per incanto.
Iniziava una nuova mattina, uguale ad altre mille; un viso curioso li osservava man mano che emergevano dal suolo. Alexandru, il più diffidente del gruppo, guardò l’uomo in modo torvo, cercando di intimorirlo affinché rivolgesse l’attenzione altrove. Ma questo restava imperterrito a fissarli senza timore, con un sorriso dolce sul viso. Quando furono sbucati tutti e quattro, dopo essersi spolverati con manata indifferente gli abiti stazzonati, si avvicinò.
"Salve ragazzi…."
Il suo rumeno stentato aveva una nota aspirata di cadenza francese, che lo identificava come straniero.
"Vi volevo invitare ad assistere ad uno spettacolo, vi andrebbe o avete altri impegni? Mi chiamo Miloud, ciao!"
Loreta e Georgeta annuirono immediatamente, sfidando la diffidenza che dipingeva i volti di Dumitri e Alexandru.
"Non abbiamo nulla da fare se non trovare qualche cosa da mangiare per poi tornare nelle fogne a dormire, ecco quello che abbiamo di bello da fare oggi… Tu, di che spettacolo parli?"
"Voi seguitemi, sono sicuro che vi divertirete"
Con un’alzata di spalle lo seguirono, mentre Miloud continuava a parlare dello spettacolo, gesticolando esaltato, raccontando di tanti ragazzi che lo avrebbero visto assieme a loro perché in città iniziava ad essere abbastanza famoso quell’appuntamento quotidiano nel parco dietro al municipio.
C’era un mondo vivo infatti: nasi rossi sul viso di clown improvvisati dietro ai quali scorgevano volti più o meno già incontrati nelle fogne di notte, loro coinquilini del condominio della miseria e della disperazione.
Lo spettacolo cominciò e i volti ventenni persero, poco alla volta, le rughe di vecchiaia che aggrottavano le fronti; Loreta e Georgeta battevano le mani come bambine, estasiate dalle piroette dei clown improvvisati e dalle clave dei giocolieri che volavano in aria e che a volte tornavano nelle mani che le avevano lanciate ma, molto più spesso, finivano a terra tra scoppi di risate ed applausi.
Miloud restava in un angolo e sorrideva; era arrivato a Bucarest mesi addietro, si era imbattuto per caso nei ragazzi che vivevano nelle fogne ed aveva deciso di non tornare alla vita di fotomodello che lo attendeva a Parigi. Era sceso anche lui nel ventre della città, aveva scelto di restare là, di cercare di regalare a quei disperati una ragione di vita attraverso l’insegnamento dell’arte circense. La ricompensa erano i visi distesi nel sorriso disfatto dalle carie di quei bambini cresciuti troppo in fretta che ritrovavano la loro età di fanciulli.

"Signori e signore benvenuti a questo spettacolo! Perdonate il mio italiano ma è la prima volta che vengo nel vostro paese e qui, al festival del teatro per ragazzi di Marano sul Panaro. Voglio ringraziare tutte le famiglie che ci ospitano per questa settimana, siete meravigliosi e con un grande cuore. La nostra storia la conoscete, sapete come siamo arrivati qui. Avete saputo dove abbiamo abitato fino a che non abbiamo incontrato Miloud: lui ci ha tirato fuori dalle fogne, ci ha sfamati e vestiti ma, soprattutto, ci ha regalato una speranza. Non siamo dei professionisti perché tutti noi veniamo dalla strada, abbiate quindi pazienza se faremo degli errori, ma stiamo imparando. La prossima volta che torneremo qui saremo certamente migliorati. Vi ringrazio signori… Ed ora musica, che lo spettacolo abbia inizio!"



Il 20 aprile del 2007, presso l’Università di Bologna, Miloud Oukili e Patch Adams hanno ricevuto la laurea honoris causa in pedagogia. Chi sia Patch Adams e i suoi clown da corsia lo si è imparato grazie al film portato sugli schermi nel 1998 per la regia di Tom Shadyac, interpretato da Robin Williams. Miloud Oukili è meno noto ma non per questo è stato e continua ad essere meno importante per i meninos da rua romeni. Questa mia è una storia inventata, ho solamente cercato di romanzare un ipotetico incontro di Miloud con quei ragazzi, mentre le parole finali sono vere, sentite pronunciare da uno di loro recentemente, ospiti qui in Italia per un loro tour. Ma non è detto che non sia andata proprio così e che da qualche parte c’è un Dumitri, un Alexandru e una Loreta e una Georgeta… E oggi, forse, preparano il loro spettacolo di Natale, perché è Natale anche per i loro compagni che sono ancora nel sottosuolo dello Zoo di Bucarest.
Se nelle vostre città leggerete di uno spettacolo Un naso rosso contro l'indifferenza, andatelo a vedere; forse li incontrerete anche voi.