La pesca, frutto polposo e geometricamente imperfetto, si lascia attendere come una donna.
S’insinua nei rami. Pian piano con la sua testolina si fa largo tra la corteccia e l’aria.
Ricorda (con un po’ di fantasia) i ritmi caldi dell’Africa centrale.
Li, da dove tutti proveniamo.
Le ore le regalano consistenza …ah il tempo, quante responsabilità veste questo scorrere di lancette: più di un assessore al bilancio regionale!
La sua consistenza si fa tangibile. Si può toccare, sfiorare.
Assume le sembianze di una larva e si colora di verde.
Poi cresce, si nutre. Si fa bella.
Acquista una colorazione focosa (solo quando è drogata da pesticidi e principi chimici) e carnosa col passare del tempo.
Seguendo il corso delle cose che si fa sempre sinuoso, il contadino non può che attendere. E sperare.
L’attesa disorienta, preme. I più ansiosi non sopravvivono a questo stato che si avvicina più all’apnea (sportiva) che al tepore della dimenticanza.
E così appare (assai) difficile prendere decisioni, divincolarsi tra le scelte.
Alcune volte, lasciarsi andare a comportamenti impulsivi e sconsiderati (ma non tanto, vi assicuro) non è arma efficace.
Arma? Forse non è giusto chiamare a quel modo un comportamento che sia umano, animale o vegetale.
L’attesa strema, è come il potere per chi ce l’ha.
Il termometro non è sempre a portata di mano. E poi negli errori è facile inciampare.
Può capitare di diventare un appestato, un idiota. Qualcuno su cui ridere.
E’ così.
Per questo non amo attendere, se proprio devo, poi ci soffro.
Non ho sempre la pazienza di capire: come fa l’acqua quando leviga le pietre. Amo agire.
Amo sbagliare.
L’attesa nasconde l’errore. Lo sbaglio. L’abbaglio. Il rifugio.
C’è chi sceglie (e poi ne canta) di stare al vento più che all’ombra della pace.
Sì, la pace.
Dopo settimane di agonia la pesca è pronta per essere raccolta.
Ha invaso l’albero, l’ha reso ricco. Bello. Attraente.
Inconsapevole se ne sta amabile, incollata al (suo) ramo.
Beata e ottimista si gode i giorni di bonaccia e il fresco vento quando tutto volge al peggio.
L’acqua che cade dal cielo e la disseta.
L’aria che l’accarezza.
Non sa cosa l’attende: mani di uomini, cassette. Autocarri.
Mercati per le aste.
Bancarelle per la vendita.
E nel frattanto, se è fortunata, tanto sole in faccia.
Poi il frigo. E forse un coltello che la spoglierà.
E una bocca che la assaporerà.
La vita della pesca.
La storia delle storie.