La luce e la stanza…

La luce e la stanza…

Mi piace la luce scomposta
nei prismi di vetro,
immagini tenue e sfaccettate:
colori che inseguono colori.
Il bianco che si versa nel verde
ed il viola infranto dal giallo.
È il brillio smerigliato della mia sospensione
nascosta, provo a chiudere gli occhi
e a lanciarmi in un tuffo all'indietro
nel tempo, vortice opaco dei miei fluttuanti torpori.
Poi l'abbaglio mi sveglia e riappare un alone
cosparso d'azzurro come musica per un languido ballo.

Mi piace la luce che plana
nelle penombre di stoffe e di vuoto,
insinuandosi soffice negli angoli di legno caldo:
libri che si accalcano su libri.
È il cartaceo fruscio che mi chiama
e mi blandisce il cervello, provo
a sfiorare contorni di vecchio cuoio
e finta pelle che ormai si sgrana,
accarezzo superfici toccate e strappate,
lingue e arguzie in tomi a cui resto devoto.
Incespico nel sunto letterario
dei miei smisurati squilibri.
Poi sogni in sillabe allineate,
fiabe e poesie d'altri mondi mi trascinano via,
come sul mare scivola veloce un magico battello.

Mi piace la luce spenta
di notte nella stanza che dorme,
un simposio di muti fantasmi:
mobili che guardano ombre.
È l'umore di me stesso ormai andato
e l'acre odore di mozziconi spiaccicati, provo
col pensiero a sbirciare nel buio:
in quello spazio addormentato
e l'oblio la morsa non allenta, nelle ore del sonno,
del freddo silenzio, dell'inutilità arcana ed informe.
Vedo le cose care, gli oggetti di sempre
diventare un miscuglio inanimato,
cimitero di sagome sgombre.

Poi sarà il punto di ritorno
nel mattino seguente,
le suppellettili amiche riprenderanno a sorridere:
come fiori e germogli dal sole riscaldati…

25 11 1987