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 LA STANZA SANTUARIO

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Luciano Sanna
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MessaggioTitolo: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime1/4/2008, 22:21

*********


Antefatto… molti anni fa

Quattro amici.
O forse meglio dire buoni conoscenti.
Tutti della stessa leva, ex compagni di scuola, con strade, scelte e personalità diverse, ma con la comune passione per il mare.

Nicolò studente di Ingegneria, un borghese ribelle, nella normalità parlava a raffica, ma diventava balbuziente con le donne. Scherzosissimo, taccagno oltre ogni limite, ma altruista e di gran cuore.
Cesare il serio, il già uomo, il formato, l’educato e l’equilibrato. Con un piede già in politica, benestante, la fidanzata fissa di sempre e da sempre.
Luciano studente di Architettura, chiamato il conte dagli amici per la sua erre moscia, l’unico che viveva già da solo, l’estroverso e goliardico e quello con la casa libera.
Vittorio albergatore e ristoratore, alto come una pertica, eterno bambinone, scavezzacollo, a volte bastardo, a volte ingenuo, proprietario del Gambalunga II, la barca sulla quale regatavamo.

Quella tarda mattinata di una domenica ci vide uscire dal porto e prendere il largo con la solita temerarietà spavalda. Ci vantavamo sempre con gli altri velisti che noi uscivamo dall’ormeggio con le vele per il semplice motivo che sulla barca il motore non c’era … faceva troppo peso.
E prendevamo in giro i velisti della domenica che dicevano sempre “Non c’è abbastanza vento!” e prendevano il sole sulla coperta con la puzza sotto il naso e quando poi il vento arrivava, per loro era sempre troppo.
E noi fuori sulla barca inclinata da paura a cercare le raffiche più forti ed inseguire le altre vele che vedevamo al largo.
Avevamo 20 anni.
Nel pomeriggio entrammo in porto col vento forte e ammainammo la randa solo all’ultimo per arrivare con un po’ di abbrivio al nostro ormeggio.
Mettemmo tutto a posto, piegammo le vele, ci salutammo ed ognuno se ne andò via.
Cesare prese la sua Vespa Primavera 125, uscì dal porto e ad un semaforo cadde da solo, quasi da fermo e morì sul colpo.
Anni fa il casco lo mettevano solo quelli con le moto grosse. Uno degli incidenti più stupidi che abbia conosciuto. Ma Cesare aveva picchiato di testa, purtroppo.


Dall’antefatto ad oggi.

Cesare era figlio unico. I suoi genitori hanno vissuto questi anni in modi differenti fra loro.
La mamma è insegnante di italiano e storia alle superiori.
Il padre ha una grossa rivendita di materiali edili all’ingrosso ed al minuto.
I coniugi Parodi sono entrambi benestanti, hanno molte proprietà, sono dei signorotti in questo panorama locale.
Il Geom. Parodi, dopo la scomparsa del figlio, si è recato puntualmente a tutti i funerali, rosari ed esequie, specialmente quando sono ragazzi o giovani. Ha un modo tutto suo di commemorare gli altri defunti: passa dal dolore per la perdita di un conoscente alla malcelata contentezza di non essere il solo ad aver subito tale perdita. Ed ogni volta parla sempre di suo figlio. Sembra che usi le commemorazioni dei figli altrui per commemorare il suo.
Anche fuori dai funerali, ogni volta che incontra ragazzi, amici o coetanei del suo Cesare, attua una sorta di rimprovero a chi è vivo, per il solo fatto che è vivo. In questi anni ci ha biasimato, a volte tacitamente, a volte più marcatamente, di avere una famiglia, figli, mogli, o di fare questo o quest’altro ancora, di avere una moto o macchina nuova, solo perché noi abbiamo potuto ed il suo Cesare no.
La Prof.ssa Parodi è stata in tutto questo tempo una gran signora. Ha continuato ad esercitare l’insegnamento sino alla pensione ed allo stesso tempo continuava nel pomeriggio a tenere la contabilità del marito nell’azienda di famiglia. Sempre molto elegante ma non vistosa con la sua bicicletta da donna nera e i suoi chignon curatissimi. Esternamente ha vissuto il suo dolore con apparente distacco, almeno in confronto al marito, e parla del figlio in poche occasioni e con poca gente.
Vivono in una bellissima villona nel centro. Una delle poche che non è confinante o con muri in comune con altre case. In stile Liberty è senza dubbio una delle case più belle di questo paese.


Oggi

È grande la mia sorpresa quando ricevo la telefonata della Professoressa in studio.
Vuole un appuntamento con me personalmente. Lei e suo marito. Per una questione delicata.
Da lì a qualche giorno entrano con modi cortesi, ma molto a disagio e con occhi bassi.
Non si sono mai serviti da me. Sono i classici liguri molto chiusi che, se possono, si servono per le loro faccende da altri liguri o parenti o amici di parenti, ma sempre liguri.
Quando ci sediamo in uno studiolo, parla sempre lei. Lui si alza e si siede mille volte. Lei lo rimprovera, lui si risiede e poi si rialza.
Mi parla di Cesare e racconta che la sua camera è rimasta tale e quale come il giorno della scomparsa. Ogni giorno lei o una donna di servizio che è sempre la stessa e che è a sua volta loro lontana parente, entrano a spolverare ed a tenere in ordine quella stanza.
Non hanno eredi diretti, sono anziani, e pensano a chi andranno le loro proprietà una volta che non ci saranno più. Ed hanno già disposto quasi tutto.
Ma per la loro casa hanno dei problemi.
Non vogliono che gli eredi trasformino quella villa o che facciano speculazioni, trasformandola in mini appartamenti o altro. Vorrebbero che la stanza di Cesare rimanga tale e quale nel tempo. Quanto non si sa, ma il più a lungo possibile.
Arrivano al nocciolo della questione.
Vorrebbero che io li aiuti a mettere un vincolo presso la Sovrintendenza delle Belle arti e Beni Culturali, in modo che la casa diventi intoccabile.
Rimango molto stupito di questa richiesta, ma capisco la loro motivazione.
Ci salutiamo rimandando il tutto ad un prossimo appuntamento.
I giorni seguenti appoggio sul tecnigrafo tutte le documentazioni che mi hanno lasciato e studio questa “pratica”.
Normalmente tutti quanti vogliono togliersi il vincolo ambientale o paesaggistico o della Sovrintendenza; e normalmente ci si reca negli appositi uffici per cercare di poter fare ristrutturazioni o cambiamenti d’uso cercando di scavalcare limiti e divieti.
Questa volta è diverso. I Parodi “vogliono” mettersi il vincolo, e per giunta un vincolo che di solito viene imposto da un’autorità pubblica, non da un privato.
Telefono in Sovrintendenza ad un giovane architetto che ha come competenza questo territorio e col quale ho parlato già diverse volte di istanze edilizie fra un racconto e l’altro delle nostre comuni origini.
Dopo aver spiegato burocraticamente il problema, mi dice di fargli vedere qualcosa compresa una documentazione fotografica.


La villa dei Parodi

Mi fanno venire da solo una domenica mattina.
Esternamente fotografo un giardino con delle alte palme ed una bellissima fontana in pietra. Ritraggo anche i bei prospetti delle facciate, che hanno cornicioni stuccati, balconi tondi e persiane verdi molto alte.
Il salone interno è bellissimo. Tutti i locali sono a volta con gli angoli a coda di rondine, la scala di accesso ai piani è tonda e in marmo, ed i pavimenti in graniglia di diversi colori.
Devo fare una carrellata fotografica ed una descrizione di tutti i locali.
La tensione è palpabile, nonostante cerchi di essere disinvolto e a mio agio.
E questa tensione cresce quando salgo le scale insieme alla signora.
La signora mi dà del lei. Il marito scappa salutandomi; immaginavo che non se la sentisse.
Arriviamo io e la signora Parodi di fronte alla porta della stanza di Cesare.
“Vede, per me questa stanza è come se fosse il mio santuario. Non faccio entrare mai nessuno, a meno che non sia necessario, è il mio modo per sentirlo ancora vivo”.
Di fronte a questa alta porta lascio gestire a lei le dinamiche.
Apre e si dirige verso la persiana che scosta leggermente per far filtrare un po’ di luce.
Si volta verso di me e fa cenno con la mano di entrare.
La camera è come le altre. Grande e spaziosa.
Un letto singolo, armadio grande, un bel tavolo scrittoio, una alta libreria. Tutto in legno pregiato.
La pulizia ed il rigore è severissimo. Non un granello di polvere. Odore di fiori che sorgono da due vasi. Un ritratto perfetto.
Ma non è questo che mi tocca.
Ci sono le pantofole ai piedi del letto, i suoi pantaloni nello schienale della sedia, un libro aperto e dei quaderni nello scrittoio, le penne in un contenitore che ritrae un campione del Genoa di anni fa, giubbotti appesi in un attaccapanni.
La parete davanti allo scrittoio reca cornici con foto singole e di gruppo, eventi sportivi e studenteschi e le foto della sua ragazza primeggiano su tutte.
“Ho voluto lasciare esattamente tutto quanto come quel giorno, è tutto uguale, anche le lenzuola e le coperte sono le stesse. Non ho voluto toccare niente o cambiare. Ogni giorno pulisco, lucido come se tornasse, anche se lo so che non tornerà, ma io sono contenta così.”
Il suo atteggiamento non è doloroso, per niente. Sorride anche. Traspare un senso di gioia da lei.
“Vede qui nell’armadio? Ci sono ancora tutti i suoi vestiti. E tutto quello che lui aveva lasciato nella stanza è rimasto tale e quale. Guardi, ho lasciato anche il suo bicchiere e l’acqua minerale sul comodino. Io vengo qui tutti i giorni, cambio l’acqua ai fiori, rimango dieci minuti e mi sento bene. Le chiedo solo un favore, se è possibile sposti il meno possibile per le foto, ci terrei molto.”
La Nikon manda flash che sono stilettate in questo ordine maniacale che per decine di anni si è ripetuto quotidianamente. Tutti i giorni. Uno dietro l’altro.
Ho la sensazione di violare, di fare un gesto che non devo fare, che non mi spetta.
Sono un intruso.
Ma sento anche il grande rispetto per questa madre, che sorride leggermente mentre scatto e scrivo un abbozzo di relazione.
Ha il piglio della professoressa, ma lei è contenta di questo che sta succedendo.
È sempre lei che mi mette a mio agio appena usciti dalla camera nella quale mi sono mosso con lucida discrezione, stando attento a non toccare e non spostare niente.
Chiude la porta, siamo fuori dalla stanza adesso.
Siamo uno di fronte all’altra, lei anziana piccolina e minuta, io alto ed impacciato, ma non per tutte le cose che ho a tracolla e ci si guarda negli occhi.
Mi prende tutte e due le mani e continua a guardarmi ed a sorridere tenendole strette nelle sue.
Quanto è lungo un’istante?
Quanta è l’intensità di un silenzio?
Quanta è grande la consapevolezza di un segreto?

*********


In un bar vicino alla Sovrintendenza, di fronte a olive, patatine e due bicchieri di vino, ho cominciato a raccontare a quel giovane architetto la storia di Cesare.


Ultima modifica di Luciano Sanna il 2/4/2008, 08:04 - modificato 2 volte.
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime1/4/2008, 23:10

un brano pensato, una iconografia melanconica con la descrizione di un mondo che volge al declino, con un simbolismo forte che rivendica le ragioni dell’inconscio, della memoria, con il rinnovamento del mito della rinascita e della possibilità di fermare il ricordo congelando il tempo, oltre il tempo terreno.
mistica pura di un estetismo esasperato con accenni al mito della trascendenza, seppur sfiorato con levità dall’autore che appare pudico nel rivelare i suoi sentimenti, fintamente nascosti nella precisa osservazione anche ambientale dei protagonisti.
fede di chi crede o vuol far credere che il tempo può fermarsi e con esso cristallizzare un momento, in una sinfonia di sentimenti appena accennati e proprio per questo estremamente potenti.
uno spazio utopico dove si congelano due esistenze marmificate nel momento del trapasso della loro speranza di eternità.
una descrizione arcaica al di fuori dei canoni formali che attraverso la casa evoca la distanza dal mondo e crea una diversità prossima al divino.
casa che è alterità della coppia, che diventa oggetto libero da ogni funzione rappresentativa se non quella fortemente voluta dai proprietari.
l'approssimarsi della loro dipartita, fatto nuovo nella loro esistenza, forse meglio cristallizzata nell’istante che li,o costringe ad una nuova prospettiva e a sviluppare un nuovo discorso sulla origine del loro desiderio.
con una pudicità assoluta, ammantata di molto non apparire, sostanza sostanziale.
e l’enorme fascino che sprigiona la casa, quasi un sacrario, congiunzione emblematica e simbolo di unione ricostruita dal dolore su un oggetto.
trasformazione personalizzata oltre i canoni, creando canoni propri di un dolore infinito e pudico, affatto esibito, ma proprio per questo intensissimo.
istante lungo un mondo, silenzio non udito, non sentito, perché l’urlo silenzioso è così potente che è meglio ammantarlo di silenzio per assolverci dal non averne compreso appieno la sua intensità.
bravo Luciano, è quasi banale complimentarsi per questo pezzo, già lo sai.
l.
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime2/4/2008, 00:35

Fai ricorso molto alla vista. Si avverte lo sguardo e si percepisce l'atmosfera. Riesci a tratteggiare i personaggi, con poche pennellate e devo dire con grande efficacia. Credo sia una storia inventata (almeno mi piacerebbe per appaudire alla fantasia), ma ben ci vedrei un racconto articolato dove l'architetto racconta le sue esperienze professionali.
Devo confesare, che data la mia passione per la vela, sono stato preso dall'inizio. Ho immaginato e visto l'uscita dalla banchina senza motore e mi è ventuto in mente che, adesso, in porto si entra ed esce solo a motore... Specchio dei tempi, e di un andar per mare, in un modo che non prevere l'arte della marineria.
Comunque, data l'ora, meglio mollarla qui. Devo dire che è stata una bella lettutura. Ho avuto qualche dubbio solo per qualche tempo verbale, ma deve essere l'ora e non certo colpa tua.
Buona notte e grazie. Wink
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime2/4/2008, 08:34

Ti ringrazio penna per la questione dei tempi verbali, c'è qualcosa che non quadra neanche a me e spero poi di avere dieci minuti per rileggere e casomai correggere.
Ho voluto adottare una scrittura asciutta, con gli eventi che si susseguono veloci, per una tecnica di narrazione.
Comunque vorrei che fosse una storia inventata penna, così cesare sraebbe ancora vivo.
bye bye
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sorcio
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime2/4/2008, 12:43

Una bella pagina Luciano, così discreta che lascia a noi ogni considerazione e tutte le domande. Una buona lettura
bravo.
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maria cristina gea
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime3/4/2008, 12:17

Interessante argomento di vita e sopratutto ben reso nella descrizione.....
si, veramente bella pagina.
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Massimo Guisso
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Massimo Guisso


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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime3/4/2008, 15:17

Mi associo a Sorcio: seriamente onoratissimo di avere letto una pagina così bella. Peccato che la architetta di Dio sia stata trasferita...
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rubinia
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime3/4/2008, 19:00

I complimenti te li hanno già fatti e sono tutti meritati. Permetti che io aggiunga quello per la delicatezza con cui hai trattato le reazioni di entrambi i genitori? Senza aggiungere o togliere, senza giudicare (che a volte è forte richiamo, specie se non ci siamo noi dentro). Ci hai porto questi due dolori in maniera equa: non c'è chi soffre di più c'è solo chi soffre diversamente. Si vede che fai parte di questa storia, grazie per averla condivisa con noi.
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Nico Mar
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime3/4/2008, 21:49

Una narrazione lenta che ti prende per mano e ti porta in fondo. Ci sei, sei lì, sembra di vedere. Grande capacità di descrizione delle cose, e del valore che hanno nella loro frammentazione in oggetti e nella loro fusione globale in un simbolismo che non tenta mai il volo retorico. Non è facile scrivere così.
Bella lettura, sì.
Nico
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime4/4/2008, 14:51

questa pagina mi era sfuggita.
Va oltre il diario, mi piace il tipo di narrazione particolareggiata, lenta ma non soporifera, lenta che ti fa riflettere.

Sai ogni pezzo potrebbe essere un racconto a se stante.

Piaciuto.
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Daniela Micheli
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime5/4/2008, 00:57

Citazione :
In un bar vicino alla Sovrintendenza, di fronte a olive, patatine e due bicchieri di vino, ho cominciato a raccontare a quel giovane architetto la storia di Cesare.
e noi abbiamo letto una storia sentita, partecipata; non importa se è una pagina diario o meno, hai parlato del dolore di tanti che non sono riusciti a superare il grave lutto della perdita. La signora Parodi lasciando le cose come erano il giorno che Cesare andò in barca e non ritornò più a bere quel bicchiere d'acqua ed infilarsi le pantofole. Sai Luciano, in cima al viale dove abito c'è una vecchia villa, il giardino è pieno di erbacce e nessuno può fare nulla perchè il Dottor Roccavilla riuscì a fare quello che i Parodi hanno chiesto al tuo architetto. Era il santuario che il dottore dedicò a sua madre. Ora è morto anche lui ma se passi a piedi e sporgi il collo puoi vedere, al di là della siepe incolta, una vecchia e sudicia e ormai a pezzi poltrona di vimini. Dicevano che lei si sedeva là e che il figlio, per molti anni, era solito sedersi al suo fianco, anche quando la poltrona era vuota. Era il suo modo di ricordarne, con gli oggetti presenza, la sua assenza.

Mi è piaciuto come hai "diviso" la storia e di come, pur partecipando, sei riuscito a parlarne in tono distaccato, facendo coinvolgere me, lettore, molto di più che non te, narratore. Spero tu abbia capito cosa intendo.
Sto spendendo un patrimonio in carta e stampante, ma certe pagine meritano di essere lette nero su bianco, in silenzio.
Grazie, Luciano.
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime5/4/2008, 09:15

Di solito non ringrazio chi commenta, e chi mi conosce in questi anni di militanza nel web lo sa, perchè mi sembra di attuare una sorta di scambio favori molto "da amici" e poco "da lettori-autori".
Però questa volta ho notato il tono sincero e l'apprezzamento al di là del contenuto critico del commento e ne sono lusingato.
Ebbè, si, stavolta ringrazio tutti.
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime5/4/2008, 10:19

lol!
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MessaggioTitolo: Re: LA STANZA SANTUARIO   LA STANZA SANTUARIO Icon_minitime5/4/2008, 10:52

Luciano Sanna ha scritto:
Di solito non ringrazio chi commenta, e chi mi conosce in questi anni di militanza nel web lo sa, perchè mi sembra di attuare una sorta di scambio favori molto "da amici" e poco "da lettori-autori".
Però questa volta ho notato il tono sincero e l'apprezzamento al di là del contenuto critico del commento e ne sono lusingato.
Ebbè, si, stavolta ringrazio tutti.

io nn ti conoscevo ma l'ho capito dal tuo primo commento
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