LO SGUARDO - MARIO MALGIERI

-“… bene, eccoci qua” - dico sottovoce e un gabbiano si volta a guardarmi un istante.-
Il vecchio marinaio vuotò il suo bicchiere in un fiato, e subito qualcuno gliene mise davanti un altro incitandolo a proseguire:
- Forza Willy, ora raccontaci dell’annegato. -
- A suo tempo, a suo tempo. Ma prima vi devo dire di quegli occhi. Ci siamo fissati per pochi momenti, io e quel gabbiano, ma com’è vero che il vecchio Blood, il diavolo lo rosoli a fuoco lento, è il terrore dei mari, io vi assicuro che quelli sono occhi che nessuno vorrebbe vedere; c’è il demonio in persona dietro alle sue pupille nere come la notte, questo è poco ma sicuro! -.
Per l’ennesima volta nella serata Henry ebbe l’impressione che lo sguardo del narratore attraversasse il vetro del bicchiere per puntarsi sul suo volto, quasi che il vecchio marinaio vi avesse scorto il buio dell’anima che lui, invece, pensava essere ben nascosto.
Il giovane Lord Henry Faymore stava in piedi, una bottiglia mezza vuota in mano, silenzioso. Tra gli avventori vocianti, per atteggiamento, eleganza e una certa aria di naturale autorità spiccava come una mosca nel secchio del latte. Dotato di uno spirito fuori dalle convenzioni, a volte amava mescolarsi ai pescatori e ai marinai, passando le notti nel tanfo di pessimo alcool, giocando e cantando strofe che a Londra gli sarebbero costate l'esclusione dai salotti della buona società, e forse anche di peggio.
Ma nella taverna di quel villaggio della Cornovaglia, non lontano dalla sua lussuosa dimora di campagna, non sempre si beveva o si tiravano coltellate per pochi penny di vincita.
Certe notti, il vecchio col volto arso dal sale e cicatrici di risse nei porti di ogni mare, dava fondo a bottiglie e ricordi, e intorno a lui tutti ascoltavano, anche se le storie erano già state raccontate per decine di volte.
Così in quella stanza puzzolente, mostri marini dai lunghi tentacoli si avvinghiavano alle gambe dei tavoli, oppure un brigantino dalle vele lacere e governato da una ciurma di scheletri attraversava a dritta la rotta di una bottiglia di whisky; altre ancora, come quella sera, gabbiani dagli occhi di fuoco si posavano sul bancone guardando malignamente gli avventori.
Ma Henry non si fermò ad ascoltare la fine del racconto. Non era più il compagno di bevute e delle partite a dadi. Senza salutare, l’espressione di nuovo indifferente e appena sussiegosa, Lord Faymore uscì. Aveva una cosa molto importante da portare a termine.
Riguardava Rose, la più bella e la più pericolosa tra le donne che avesse mai conosciuto.
L'aveva amata con tutto se stesso, le aveva persino detto di essere pronto a sfidare le convenzioni per sposarla e ritirarsi a vivere lì, lontano da Londra e dalle sue leggi bigotte che lo avrebbero inesorabilmente reso un reietto di quella società.
"Una prostituta di uno sperduto villaggio di pescatori? Ma andiamo, Henry, vecchio mio, divertiti, passaci tutte le notti che vuoi, ma sposarla, portarla qui... non sarai impazzito?". Questa era la morale imperante, e nulla e nessuno l'avrebbe potuta cambiare.
Ma Rose l'aveva tradito. Nonostante lui l’avesse riempita di denaro e di regali perché non si vendesse più, si era invaghita di Simon, un pescatore più giovane di lei, dai grandi occhi chiari e dalle braccia possenti.
Henry ne era stato informato, c'è sempre qualche anima pia che sente il dovere di sussurrare queste notizie per poi godere segretamente delle sofferenze causate.
Così aveva concepito la sua vendetta con una freddezza e una lucidità che non sapeva di possedere.
Lasciata la taverna, andò all’appuntamento con Rose.
Quella note l’amò sino allo sfinimento, prendendo da lei ripetutamente tutto il piacere che gli veniva offerto e poi, mentre fuori iniziava a schiarire un’alba di gelo e Rose ancora ansimava con gli occhi chiusi e i sensi sconvolti, Henry le appoggiò la pistola sul seno e sparò.
Rose morì all'istante e la sua anima, colta in quella notte di peccato mortale, avrebbe alimentato le fiamme dell'inferno per l'eternità. Questa era la prima parte della sua vendetta, pensò Henry con soddisfazione.  
Simon era in mare, ma al ritorno sarebbe toccato anche a lui. Lord Faymore non si sarebbe abbassato a compiere di persona la vendetta su di un miserabile pescatore: il sicario era già stato pagato e aveva le informazioni necessarie: la strada buia, l'agguato, la stilettata nel cuore, ecco ciò che sarebbe toccato all’impudente ragazzo.
Così pensava Henry con rabbia mentre trascinava il corpo nudo di Rose tra gli scogli, nell’acqua subito profonda.
Se solo si fosse fermato alla taverna qualche minuto ancora, forse non avrebbe lasciato lì il corpo di Rose.
Guardò un’ultima volta la forma nuda e rattrappita della donna. Rose aveva perso tutto il suo potere di seduzione. Quello che aveva abbandonato lì, tra la schiuma della risacca, era come la pelle di serpe che si trova a volte lungo il sentiero, una forma vuota, priva d'ogni fascino perverso e non più in grado di avvelenare chi avesse cercato di avvicinarla. Presto la marea che già saliva se la sarebbe presa e di Rose non si sarebbe mai più sentito parlare, lei non avrebbe mai più gettato i suoi maligni incantesimi, nessun uomo sarebbe più stato schiavo della sua bellezza e delle sue arti erotiche.
Sì lavò in una gelida pozza d’acqua tra gli scogli per strappare via il sangue, il profumo e il male che quella donna gli aveva fatto.
Quando gli parve di essersi liberato di tutto, si diresse verso la baracca al riparo dai marosi, dove per mesi lui e Rose si erano incontrati e si erano amati quasi ferocemente.
I cavalli erano ancora lì, pazienti, il suo bel roano vicino al piccolo cavallo grigio di Rose. Mentre Henry si avvicinava, il roano emise un sommesso nitrito quasi di saluto. Il cavallino grigio invece aveva uno sguardo che a Henry parve di odio, ma certo era la sua immaginazione che gli faceva vedere cose assurde. ”Il cavallo non può sapere”, si disse mentre lo slegava.
Prese il frustino e, accompagnando colpi violenti sul corpo dell’animale con grida e gesti delle braccia, lo mise in fuga sul sentiero che portava all'abitato. Quando vi fosse giunto, la gente avrebbe creduto a un incidente e si sarebbe messa a cercare Rose lungo la strada.
Ma non l’avrebbero ritrovata, questo era certo, pensò Henry mentre saliva in sella e si dirigeva verso la sua casa oltre il promontorio. Perché Rose a quell’ora se l’era già presa il mare. Ne sentiva il rumore, si stava ingrossando sotto la spinta di un gelido vento da nord-est, e il fragore dei marosi l’avrebbe accompagnato lungo il percorso che per un lungo tratto passava sopra la grigia scogliera di granito.
Ancora più in alto volavano i gabbiani.
Essi aspettavano. Sapevano bene come le onde spingessero verso riva i branchi di pesce e così stringevano gli eleganti cerchi dei loro volteggi sempre più verso la scogliera.
Uno di loro, planando sopra le ultime creste spumose, venne attratto da una forma bianca che pareva sul punto di essere trascinata al largo, ma ancora si aggrappava alla terra, un braccio imprigionato tra le rocce.
Cibo, un corpo pronto per essere divorato.
Con un grido di trionfo il gabbiano si tuffò, si posò sul suo petto, i suoi occhi si fissarono su altri occhi che, spalancati, lo guardavano come se fossero vivi.
L’uccello parve bloccarsi, come se il tempo si fosse arrestato; poi fu percorso da un tremito e qualcosa di nuovo e diverso si accese nel suo sguardo. Rimase ancora qualche istante su quel corpo sballottato e martoriato, ma senza violarlo: la fame si era estinta, un nuovo prepotente bisogno lo spingeva a un’azione diversa.
Con un grido, allargò le ali e si lasciò trasportare in alto, dal vento che risaliva il promontorio.
Al di sotto, la marea e un’ondata più violenta delle altre ebbero finalmente il sopravvento sulla presa degli scogli e il corpo di Rose iniziò a seguire i capricci delle correnti e delle raffiche di vento.
Henry era arrivato sul punto più alto del sentiero. Oltre cento metri sotto di lui, il mare ingaggiava la sua millenaria lotta contro il granito della scogliera: il tempo era dalla sua parte e la vittoria sarebbe arrivata, non importava quanto ci sarebbe voluto.
Il gabbiano arrivò all’improvviso, un lampo bianco scaraventato dal vento che si abbatté sul muso del cavallo. Un’impennata, un balzo istintivo dell’animale e Henry non ebbe nemmeno il tempo di reagire.
L’uomo e la sua cavalcatura si trovarono oltre il ciglio del sentiero, con le pietre che franavano sotto gli zoccoli del cavallo atterrito.
Henry, ancora assurdamente stretto con le ginocchia alla sella, vide il mare avvicinarsi sempre più rapidamente e il bianco di un corpo nudo che, le braccia aperte e gli occhi fissi su di lui, sembrava volesse accoglierlo.
In alto, il gabbiano roteava stridendo trionfante.
In un attimo, nel suo ultimo attimo, Lord Henry Faymore si ricordò di cosa diceva il marinaio quando terminava il racconto. Forse era ciò che gli voleva rammentare mentre lo guardava nel profondo dell’anima attraverso il bicchiere:
"Sapete, quando questo accade, quando un maledetto gabbiano fissa gli occhi di un morto, egli sarà posseduto dal suo spirito e tormenterà gli uomini sino a quando ne troverà uno da portare giù, all'inferno, con lui."