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 MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE

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Luca Curatoli
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Luca Curatoli


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MessaggioTitolo: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime18/3/2009, 15:15

MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Magrit11
René Magritte - La voce del sangue


“Non credo di essere un pittore nella piena accezione del termine. Se, quand’ero giovane, la pittura era un grande piacere, in certi momenti non ero insensibile a un sentimento spontaneo che mi sorprendeva, precisamente quello di esistere senza conoscere la ragione del vivere e del morire. E' questo sentimento che mi ha indotto a rompere con interessi - del resto assai poco precisi - d'ordine puramente estetico. Per esempio, mi accadeva si smettere all'improvviso di dipingere per essere stupito di essere, di avere un modello vivente davanti a me e di sentire che "vedere" la vita aveva un'importanza ben maggiore che dedicarsi ai piaceri dell'arte d'avanguardia. Nel 1925, stanco di quei piaceri, ho pensato che poco importava trovare un nuovo modo di dipingere ma che per me si trattava piuttosto di ciò che bisogna dipingere, di sapere perchè il mistero sia messo in questione"
RENE' MAGRITTE



Vorrei ringraziare pubblicamente Net-percez56 per l'occasione, pretestuosa quanto si voglia, fornita da quella sua magica pagina in “Una ics di sera”, corredata dall'immagine di un pittore a me molto caro: magritte, come si firmava in minuscolo sulle tele. Può darsi che questo uomo possa essere annoverato tranquillamente tra i benefattori dell'umanità, la quale imperterrita sopravvive nelle leggende meno indagate e dorme beata nei miti di ieri di oggi e di domani, magari vicino alla sveglia, la bottiglia dell'acqua e, infine, vicino barbiturici per le storie più sfortunate. Non si finirà mai d'indagare questo assurdo genere nato probabilmente da un intreccio incredibile di casi: il “genere umano”. magritte ha indagato come mai nessuno, il rapporto - allora quasi una assoluta novità nel mondo immaginario della pittura - tra parola e immagine - pensiero e immaginazione - mente e mondo -. Non si finirà mai di ringraziarlo per quella sua attitudine alla filosofia e alla poesia che qui, nella sua vasta opera, ritroviamo misteriosamente intrecciate e dialoganti. Prima di lui con una adesione così panica e fisica al mondo, soltanto Leopardi (Emanuele Severino ha scritto un bellissimo libro sul poeta recanatese "Il nulla e la poesia" sottotitolo: "Alla fine dell'età della tecnica: Leopardi", dove il filosofo, mette in luce un'età di confine di cui il grande classico ne diviene acuto osservatore e testimone: il paradiso della civiltà della tecnica e l'inevitabile suo fallimento, agli occhi illuminati e romantici del poeta: il nulla e la poesia, appunto. Questi due mondi di confine, per tutti noi in rotta di collisione, si contendono ancora lo spazio sottratto e sostituito dall’attuale spaesante panorama: eppure non si finirà mai d'indagare gli effetti di questo scontro-incontro che sul piano affettivo ha e potrà avere immani conseguenze per tutti noi. Digressione terminata) Leopardi nella poesia, e precisamente nei canti come controcanti ad un mondo della vita e della morte orribili, ha realizzato un magistero di suggestioni, altrove espresse in voluminosa opera. magritte in seno alla sua pittura fa lo stesso. Non voglio tediarvi oltre, eppure non scordatelo quest'uomo in tenuta borghese (John Berger nel suo libro "Sul guardare" parla del pittore belga come di colui che "provava un odio troppo profondo per il familiare e l'ordinario per voltare loro le spalle"), e pure la poesia e la filosofia visuale di quest'artista non si riduce in una affermazione e in una negazione che si mordono la coda; questo ordinario uomo fuori dall'ordinario, in tenuta borghese, utilizza il pennello come una bacchetta magica. Può darsi che egli abbia giocato a confondersi con la sua epoca, fino alla tautologia e alla decalcomania, cedendo perfino alle avance del pontefice Breton nella pacchiana liturgia surrealista, per poi rivoltarglisi contro con la forza pratica del suo fare. Il francese obiettò allora che le epifanie magrittiane non nascevano da gesti automatici ma scaturivano da effetti studiati fino all'inverosimile. Il monarca di un regno sbriciolato all’istante sotto i miei giovani occhi non ha tenuto conto di molteplici fattori. magritte dissimulando ad arte dove egli riteneva di dissimulare, c'insegna accademicamente la sua arte con quella semplicità sorniona tipica di chi ha esperito quasi tutto nella sua breve e significativa esistenza: perlomeno ce lo fa credere e noi con il grembiulino delle prima elementare siamo disposti a concedergli fiducia (naturalmente parlo a nome dei frequentatori dei suoi corsi; ad ognuno il suo). magritte non mi è simpatico dalle fotografie e la sua arte mi risulta perfino severa. Potrei considerarlo un padre che mi conduce in giro per la stanza dei suoi giochi preferiti e, con mio stupore, rivelarmi che gli adulti non sono poi così cattivi e noiosi come pensavo. Perlomeno non solo quello. magritte è pure quel fratello che avresti voluto avere, quando scopri oltre la patina del tempo, le difficoltà a percorrere gli spazi reali di questo assurdo mondo – tutti gli spazi che vorremmo attraversare oggigiorno, fuori e dentro la realtà – egli c'insegna che l’attraversamento per come ci è stato insegnato fino ad ora, ormai per è impossibile. Con arte regna in un sua personalissima cartografia immaginaria intrisa di segni e passaggi: le sue sono anche fotografie: forse le uniche rimaste di noi stessi, per certi versi, rispetto a tutte le manipolazioni possibili subite dai nostri scatti quotidiani. Ma pure ci sarà una maniera di rappresentarsi questi ostacoli in un modo accettabile per noi. Siamo diventati vecchi e ce lo diciamo ormai da troppo tempo. magritte è ben dentro la vecchia prospettiva, ma, nello stesso tempo fuori, o meglio lontano, da quei mezzi abusati e vetusti dal nostro secolare sentimento del mondo: direi, e non è una mia definizione, mondo secolarizzato. Dissanguato mondo. Senza l'ausilio di una palese tecnica sentimentale – ma sempre attraverso lo strumento della pittura - il pittore belga ci coinvolge perfino affettivamente. Certo lo fa alla sua maniera, che ripeto, oggi retrospettivamente può essere facilmente confusa con altri gesti musealizzati dalla asfittica critica, attorno all'oggetto arte. magritte non è un surrealista per me. O perlomeno questa definizione, per noi oberati da ben altre preoccupazioni, non è l'aspetto fondamentale del suo messaggio. Egli ci può risultare facile, decorativo e superato. Succede a tutti i grandi di spirito poter essere utilizzati per decorare il muro di casa o la pagina di un blog. Penso che magritte sia semplice quando investe quella parte di noi ancora genuina, elementare si direbbe, eppure non meno sorprendente e misteriosa, quella parte in noi, violentata da un sistema tutto sbagliato e oppressivo, verso il quale supinamente c'inchiniamo e, ogni santo e maledetto giorno, con il più insospettato dei nostri gesti, contribuiamo all'accrescimento del suo potere. Così il nostro reale finisce per divenire un mostruoso raggiante castello. magritte ha tradotto sogni e ricordi d'infanzia - i suoi stupori infantili - lasciando a noi il dubbio e la libertà di stabilire se quelle coltri che coprono la vista e il capo degli amanti, siano la vestaglia della sventurata madre, trovata morta vicino casa, ancora zuppa dell'acqua del fiume. Allo scrittore, a tutti gli amanti delle sudate carte, forse suggerisce questo recupero sorprendente attraverso la dimensione della propria esistenza. Vita in ognuno di noi ma in una luce totalmente nuova. magritte sotto le bombe della guerra ha opposto al senso del tragico quello della gioia (s'indaghino l'abuso di colori pastellati, nelle invenzioni meglio riuscite, così netti e flou per i nostri poveri occhi appesantiti...) e ha affermato con un arte iperpoetica e concettuale al massimo, la forza dell'immaginazione e del pensiero, comunque sempre attraverso lo statuto di quella pittura che lui asseriva di detestare. Dopo di lui il caos e, diciamocelo, tanta ostentata infelicità. magritte non permette mai che il lato tecnico emerga su tutto il resto: egli ha trovato il modo di esaltare al massimo il senso incorporeo che le sue opere producono in noi, rimescolando così le carte, i rapporti di quel sistema complicatissimo che noi tutti rappresentiamo e che le scienze intendono indagare sempre più a fondo, secondo le loro cieche metodologie autoritariamente imposte al nostro stesso immaginario. magritte c'invita singolarmente ad intraprendere un viaggio, in quel contraddittorio rapporto con noi stessi e il mondo, con noi stessi e noi stessi, tra tutti i dentro e i fuori reali e immaginari, mai definitivamente indagati. Forse egli ci accompagna nel senso più amichevole del termine, discorrendo con il nostro mondo, oppure ci traghetta laconico come un'immagine: come un filosofo ci grida che tutto il mondo è mentale, e così facendo, oppone alla nostra pretesa di sapere e alla nostra prepotenza di possedere, una tenda teatrale che vela e disvela allo stesso tempo. Così dialogano nelle sue opere, e nel nostro corpo diviso e violato per niente, rappresentazione e realtà; similitudine e libera associazione; analogia e potere infinito della metafora. La cosa straordinaria è che egli non si limita a porre su di una tavola operatoria, una macchina da cucire, come fanno gli altri. Lo ripeto qui per un ultima volta. Il gesto magrittia - sul quale si può discutere quanto si vuole - investe i problemi fondamentali della nostra esistenza. Può darsi che i suoi quadri siano soltanto giochi, provocazioni, educazione alla continua sorpresa nata dall'incontro e dallo scontro dei fatti più disparati. Ognuno di noi potrà fare un suo personalissimo catalogo di queste meraviglie. Due esempi dal mio album. Scoperchiando la pretesa unità del corpo albero, del suo silenzio, egli illumina di nuovo quei rapporti affettivi e sciamanici che da tempi antichissimi raccolgono gli esseri attorno alle cose animate e inanimate per il loro spirito. Che oggi si confidi più nel potere della nostra immaginazione o delle nostre facoltà mentali - o peggio nella facoltà meramente organizzativa e calcolante di queste - non sposta di una virgola il valore della sua operazione. L'artista - in un'altra celebre opera, ancora ci fa riflettere che la riflessione non è mera riproduzione e che lo specchio nel quale noi tutti ci riflettiamo ha in sé ancora margini inesplorati. Noi tutti ancora non ci conosciamo come vorremmo e quello che noi teniamo in pugno è solo la triste immagine di noi e del nostro mondo, ormai impossibilitata a suscitare ancora meraviglia in noi. Forse questo gioco di riflessioni nemmeno ci rende più capaci di pensare. Per questo potremmo finire vittime di una sorta di follia iconoclasta (come nella celebre opera teatrale di Elias Canetti “La commedia della vanità” dove il potere alla fine impone la distruzione di ogni specchio e fotografia che possa rimandare l’immagine di ognuno degli abitanti di quel caotico mondo; dove tutto infine, si riduce in una spirale immaginifica e distruttiva. La folla si appresta vicino ai cumuli pubblici della distruzione; partecipando in un orgasmo folle con il folle e cieco divieto del potere. Non prima di accarezzare e sottrarre per un'ultima volta l'immagine di sé e del proprio caro fasullo mondo), insomma l'arte c'insegna, in uno spossante spossessamento di noi stessi, di rincorse all’ultima moda e all’ultimo grido, lo sgomento che ci attanaglia sempre più, suggerendo nelle più disparate forme che prima o poi ritorneremo a casa: o dovremo definitivamente scendere a patti con la definitiva impossibilità del ritorno? Per il momento ci diciamo che la casa è lontanissima. Almeno dal mio punto di vista, magritte lancia un guanto di sfida allo status quo che ci assilla, e quel che più è importante, sfida noi, la nostra angosciante enigmatica e deludente esistenza: la rappresentazione che ne facciamo. Ci interroga e ci sorprende fin nella nostra intimità. I proclami e i raptus, queste avanguardie di nuovi scalmanati, queste urla dalle fineste fino a noi, tranquilli e pii abitanti di questo strano posto, non ci colpiscono più di quanto ci colpisce ciò che ci sta da sempre a cuore. E come voi sapete, ancora lo stiamo cercando questo nostro cuore. O no? magritte è anche notevole e lucidissimo pensatore che ha avuto l'accortezza di esprimersi negli scritti fino ad un certo punto. La sua esistenza è anche un invito, una difesa e un offerta di una chiave di cenere per ognuno di noi. Utilizzarlo per aprire inesistenti porte è come trascorrere una vita davanti a quella porta kafkianamente socchiusa, con l'assillo e l'aspettativa che si deve ai luoghi inaccessibili. Ognuno di noi dovrà esperire questo in completa solitudine. Eppure con magritte mi sento meno solo. Egli ruota anche attorno al sacro, confuso per me. E' energia in un mondo tristemente parcellizzato, senza alcuna verità da confrontare e contrapporre alle altre verità. magritte è in quel territorio dove mito leggenda e vita, la nostra in definitiva, s'intrecciano senza apparente soluzione. Si dice pure che in mondo lontano dalla possibilità di orientarsi, la forza di magritte consista nel mantenere in vita l'esigenza e il bisogno del senso in un mondo che ha cessato di provare questo desiderio. Vi prego se è nelle vostre possibilità solo di una cosa: non utilizzatelo semplicemente come un’immagine. Certo niente è semplice a questo mondo e le vie alla gioia sono assurdamente lastricate. Mark Rothko affermava di non curarsi della fruizione delle sue opere. Confidava nel bisogno elementare e nello spirito dell’osservatore: quando queste due cose si univano nello sguardo del fruitore delle sue opere d'arte, allora l’artista confidava nelle genuinità dell’operazione. Devo molto a magritte. Sopratutto l’unico mio libro che sia riuscito a terminare.



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René Magritte - La riproduzione vietata


Ultima modifica di Luca Curatoli il 7/4/2010, 19:55 - modificato 5 volte.
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MessaggioTitolo: Re: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime18/3/2009, 23:14

in certi momenti non ero insensibile a un sentimento spontaneo che mi sorprendeva, precisamente quello di esistere senza conoscere la ragione del vivere e del morire. E' questo sentimento che mi ha indotto a rompere con interessi - del resto assai poco precisi - d'ordine puramente estetico. Magritte.


il tuo articolo meriterebbe attenzione. Perchè è ricco di mille vie di pensiero.
non mi dilungo nel commento, ma l'ho letto bene.
Mi ha colpito questo sopra di Magritte.
Mi ha colpito ma ricalca un attimo un concetto diverso di bellezza, che sotto molti
aspetti condivido. Non integralmente, ma molto.
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Luca Curatoli
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MessaggioTitolo: Re: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime19/3/2009, 10:49

mi scuso con alkimias e con quanti mi hanno letto, degli errori di digitazione e quant'altro. ho rimediato in parte
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MessaggioTitolo: Re: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime19/3/2009, 10:57

digitaman con questo nick non puoi fare errori di DIGIT/Azione Smile
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Luca Curatoli
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MessaggioTitolo: Re: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime19/3/2009, 10:59

i nick, ed io non sfuggo da questo gioco, sono bluff
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Rosario Albano
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MessaggioTitolo: Re: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime19/3/2009, 11:55

Digit
Per ora ringrazio te per la citazione e t'invio un PREGO, per cortesia ...

Poi domani in ufficio me lo stampo , perchè è interessante assai assai, però io e il monitor siamo fratelli coltelli, io lo spolvero e lo lucido e lui mi taglia gli occhi ...


Ciao
Net
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE   MIE SACRE LETTURE: RENE' MAGRITTE Icon_minitime19/3/2009, 11:59

Io, invece, ringrazio te di questa ora per me sacra lettura.
Grazie, Luca: non sei un nick, non sei un bluff.
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