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 Paesaggio con carriola

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Giuseppe Buscemi
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Giuseppe Buscemi


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MessaggioTitolo: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime3/4/2009, 13:30

(revisione da round passato)


L’acqua è un sedativo eccellente, e talvolta un rimedio necessario. Però fa marcio.
Il fuoco, piuttosto, nero fumo, terra bruciata, il fuoco monda, quantunque abbia un carattere impulsivo. È una spirale, rapida, drammaticamente, dannatamente rapida. L’accendi ed è cosa fatta.
Ti bastò un fiammifero per convincere la nostra palafitta a cantare e a danzare: in un lampo quella sciagurata si consacrò al fiato osceno della vampa e discinta se ne fece tastare e poi spolpare e fare scheletro.
C’è negli scheletri una dignità, che tuttavia mi lascia indifferente.

La nostra, leggera e snella, era una casa libellula.
Delle libellule, incantevoli e inaccessibili, ci affascinava la miracolosa alterità della forma, quale certi insetti soltanto sanno sfoggiare; ce ne rapivano i colori, interi e primordiali, di vetro a piombo, di lucertola spaziale; e la sacralità condensata, di cattedrale gotica tascabile, di confetto teorico.

Impazzavi nel mezzo della pira, tra svolazzi e ghirigori; smaniavi e ti accarezzavi: i fianchi, il petto, il collo, il capo, i capelli. – Brucia! – godevi, – brucia! – e ti lisciavi con dovizia tale che ti si immaginava sotto una doccia.
Corsi dentro per tirati via dall’inferno. Ti agguantai. Mi guardasti angelica e mi ingaggiasti in un balletto anelastico, mentre la capanna si sfaldava e la temperatura si faceva complicata. Il mondo rosolava e noi danzavamo: guidavi tu.

Il mare al tramonto non m’è mai piaciuto. Cupo, appannato, stracotto e lasciato riposare, è brodo indigesto non più carne né pesce. Il mare al tramonto, pagliato e scivoloso, scialbo, non m’è mai piaciuto. I tramonti non mi sono mai piaciuti; sarà che detesto le vie di mezzo, sebbene sappia galleggiarvi. Ma tu, soprattutto tu, detestavi le vie di mezzo. E mi chiedo ancora se davvero t’assomigliavo, se sguazzavo libero nel tuo miele di castagno oppure, come ambra surrogata, vi ero rimasto sigillato.

Proseguiva il nostro minuetto. Qualcosa mi scottò le spalle e mi disincantò; stroncai le danze e gli indugi e ti cinsi ferreo, ottenendo un morso sulla mano, un morso netto, tagliente, col quale ti divincolasti. Mi lanciai, allora, e ti placcai alle ginocchia: cadesti lunga e distesa sul pavimento e battesti forte la fronte. Ti presi in braccio, mentre masserizie e architetture arroventate ci stringevano d’assedio, e mi precipitai alla terrazza dalla quale volammo nell’acqua poco profonda.
Ti dimenavi, scalciavi, ansimavi; ma continuavo a serrarti. La casa nel frattempo si accasciò. – Tu non sai niente, – urlasti, – tu non capisci niente. Tu sei pazzo.
Ti lasciai.
Osservavi attenta le macerie. Frizzavano, quando finivano in acqua.

I relitti più minuti si spostavano a branchi, come plancton di superficie in rotta obbligata. Alcuni lentamente mi aggiravano tastando il polso alla propria attitudine natatoria, con insolenza abbandonati all’ondeggiare. È carezzevole, l’andare alla deriva, benché inane. Affondare, del resto, non risulta un esito desiderabile: l’abisso è una voluttà da cui ritirare, da godere disorientati dopo averla scampata.

Macchinalmente muovevi verso il rottame fumante della nostra casa libellula. Eri di nuovo lì, solo che lì ora non c’era quasi più nulla. Il frigorifero, quello sì, era rimasto mirabilmente intatto. Ne spalancasti la porta e tirasti fuori il tetrapak col succo di ananas. Lo portasti sopra la testa e te lo versasti sul viso, sulla bocca aperta. Te lo spalmasti ben bene, sulle braccia, sul collo, sul ventre, e cominciasti a battere i piedi sulle pozzanghere che si andavano formando sul pavimento.
Poi ti allontanasti. Il frigorifero decise allora di svenire faccia a terra.
Andasti sotto i pini e ti sedesti sulla carriola che avevamo adattato a fioriera, e schiacciasti buona parte dei gerani che insieme vi avevamo piantato.
Tutta arancione di antiruggine, in quel paesaggio pur variegato, la carriola si stagliava perfettamente come un giubbotto di salvataggio. Da un pezzo avevo comprato la pittura verde, ma a quella macchia di colore non avevamo più saputo rinunciare, sebbene non creasse il giusto contrasto coi gerani.

Fissavi l’orizzonte quando il sole già cominciava ad affondarvi. Me ne andai prima che fosse affondato del tutto.
Ti lasciai lì, accucciata dentro la carriola, mentre, mormorando una melodia innocente, cullavi il tetrapak vuoto.
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rubinia
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MessaggioTitolo: Re: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime3/4/2009, 14:44

Bella, bella, bella oggi come allora sempre la leggo con la stessa emozione, Gibbiz scrittore di quadri Very Happy
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Luca Curatoli
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Luca Curatoli


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MessaggioTitolo: Re: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime4/4/2009, 10:04

La nostra, leggera e snella, era una casa libellula.
Delle libellule, incantevoli e inaccessibili, ci affascinava la miracolosa alterità della forma, quale certi insetti soltanto sanno sfoggiare; ce ne rapivano i colori, interi e primordiali, di vetro a piombo, di lucertola spaziale; e la sacralità condensata, di cattedrale gotica tascabile, di confetto teorico.


poi l'incendio, ove sono scampate miracolosamente così tante parole. perfino tetrapak ha un buon sapere qui. superba scrittura
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Luca Curatoli
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Luca Curatoli


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MessaggioTitolo: Re: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime4/4/2009, 10:11

cazzo da leggere e rileggere
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime1/5/2009, 13:44

DIGITAMAN ha scritto:
cazzo da leggere e rileggere

quoto.
leggere e rileggere, sì Smile
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Natascia Prinzivalli
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Natascia Prinzivalli


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MessaggioTitolo: Re: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime1/5/2009, 21:59

Una pagina d'amare

_____nat
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MessaggioTitolo: Re: Paesaggio con carriola   Paesaggio con carriola Icon_minitime

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