Era sempre stata una che sapeva aspettare.
Da sempre era così, già da piccola, la sera aspettava il giorno.
E se qualcosa non andava aspettava che passasse il tempo: qualcosa sarebbe cambiato.
Assisteva ai litigi in casa e pensava che prima o poi sarebbero terminati.
Aveva imparato che era una buona tecnica per andare avanti.
Venne il tempo dell'adolescenza e il suo corpo sembrava non seguire i comuni standard, mentre le sue amiche esibivano tette e culi da cinema, lei era brutta e magra, senza forme e piatta come una
tavola; ma un giorno , si diceva , sarebbe diventata bella o almeno un po' meno racchia.
Le persone che conosceva non mancavano di farle notare quanto il suo viso fosse insignificante, il suo corpo troppo magro:
”Sembri arrivata dal Biafra”
era una delle frasi ricorrenti, oppure:
“OMSA che gambe!”
Però le piaceva andare in giro e le piaceva la gente; nonostante tutto qualcuno di giusto c'era, e poi le disillusioni le servivano a diventare più forte.
Amici veri ne aveva pochi, ma quei pochi le bastavano.
L'amore non era ancora arrivato, stava aspettando l'uomo della sua vita, il principe che l'avrebbe resa felice.
Si infatuava , quello sì, e cercava di innamorarsi, le riusciva anche facile idealizzare il belloccio della compagnia, ma di solito quello non la cagava e così venivano sparsi fiumi di lacrime sul cuscino.
Sceglieva sempre ragazzi impossibili, quelli che complicavano la vita, quelli che erano troppo sicuri di se stessi, forse guardava in quelle direzioni per poter soffrire in santa pace.
Credeva nella sofferenza, era struggente e da romanzo. Quelli che la volevano a lei non piacevano mai: troppo brutti, troppo poco popolari, troppo innamorati.
Doveva trovare il suo principe.
Intanto il suo corpo si era un po' adeguato all'età e anche se di tette non se ne parlava possedeva un discreto fisico, la faccia aveva perso i brufoli e sorrideva sempre.
Nell'insieme non era poi così malaccio.
Si guardava intorno ma non vedeva niente che le facesse vibrare il cuore, così aspettava ancora.
L'uomo che a lei sembrava avesse la U maiuscola lo incontrò per caso, in una delle sue passeggiate in montagna, tenebroso al punto giusto e quasi si era stupita che lui la considerasse.
Era bellissimo e la guardava con amore .
Si fidanzarono in fretta e lui le propose il matrimonio.
Lei era combattuta, lo amava ma sentiva che in lui c'era qualcosa di sfuggente; comunque decise di correre il rischio.
Così si erano sposati, e purtroppo già dai primi tempi si era accorta che forse non erano proprio tutte rose e fiori.
Il fatto che lui non avesse un lavoro stabile non le era sembrato un gran problema, erano giovani , il tempo c'era ma per il momento erano costretti a vivere un po' alla giornata.
Lei andava a lavare scale nei palazzi, puliva uffici e aiutava qualche ricca signora nei lavori di casa.
Lui cercava il lavoro giusto però nessuno lo capiva e bisticciava spesso con chi gli dava da vivere, molto spesso era costretto a rimanere a casa fino a quando non trovava di nuovo qualcosa. Quando lavorava, si teneva buona parte dello stipendio per qualche giusto svago:
“Non si può vivere senza togliersi nemmeno uno sfizio, per quel poco che si sta al mondo!”
Un giorno avrebbero avuto anche la sicurezza economica.
Si trattava solo di pazientare ancora un pochino.
La fortuna avrebbe finalmente girato, nel frattempo lei si comportava bene, non tradiva , teneva
in ordine la casa.
Il tempo intanto correva, lei desiderava un figlio ma non potevano permettersi un progetto così ambizioso.
Così tutti i giorni erano uguali e quando andava a dormire, alla sera , era stanca morta e non riusciva più a fantasticare su quello che il futuro le avrebbe portato.
Cercava solo di dormire e non pensava a niente.
A volte frugava nella sua testa per trovare un pensiero felice ma le risultava sempre più difficile .
La sua vita non partiva,non decollava.
Passarono così i mesi e gli anni.
Arrivò il giorno del suo quarantesimo compleanno, realizzò che era vicino alla menopausa, sentì che le stava sfuggendo qualcosa.
Avrebbero dovuto festeggiare quel giorno ma il marito telefonò; un imprevisto lo aveva trattenuto fuori.
Rimase male anche se avrebbe dovuto essere abituata a certe mancanze di stile.
Era tardi ed era sola.
Si guardò allo specchio e vide il viso ormai stanco, le rughe cominciavano ad essere evidenti; lo sguardo era spento, scoraggiato e rassegnato.
Aprì l'armadio, tolse dalla gruccia il suo vestito più bello, si truccò gli occhi e le labbra.
Si pettinò a lungo i capelli.
Aveva aspettato abbastanza.
Aprì la portafinestra e si lanciò nella notte.
…
No, non si era uccisa, si era stufata di aspettare che la vita andasse da lei, aveva deciso di essere lei a muoversi.
Forse un po' tardi ma meglio tardi che mai.
Così aveva abbandonato la vita piatta e noiosa, il marito stronzo e con solo quello che aveva addosso e naturalmente la sua carta di credito (idealista sì, ma scema no) si era decisa a ricominciare da sola e dove le pareva, un po' di qua e unpo' di là, sapeva lavorare, aveva qualche soldo da parte e quindi la sua vita sarebbe cominciata .
Ora Giulia non aspettava più.
Che aspettassero gli altri.