Anche stasera è tornata a casa, come le succede spesso ormai da due anni, scendendo da un’auto lussuosa, appena lucidata, guidata da uomini che si direbbero importanti: politici, imprenditori, banchieri, forse sposati, ma di certo di decine di anni più vecchi di lei.
Resto qui, spegnendo ogni luce, a spiarla dalle fessure delle persiane, fumando distesamente e sognando di me e lei.
E’ sempre così elegante la sera, quando percorre quel centinaio di metri che da casa la separano da dove presumo abbia appuntamento; tailleur, abiti lunghi, raramente indossa pantaloni, ancor meno jeans; certe volte ha dei tacchi bassissimi , come non volesse mettere in imbarazzo e ridicolizzare i suoi accompagnatori;
le capita di bussare alla mia porta per chiedere qualche ingrediente o informazioni sull’andazzo delle decisioni condominiali, anche se non mi sembra molto interessata a quanto si decide.
Più volte l’ho invitata a fermarsi per un caffè, ma ha sempre rifiutato, con garbo, inventando le scuse più assurde e banali; ma chissà perché nel rifiutare, abbassa la testa e rientra immediatamente nel suo appartamento.
So così poco di lei; viene dalla Calabria; una laurea in legge, qui credo non lavori o forse lavori part-time.
E’ raro incrociarla per le scale o in giro, è sempre così discreta, silenziosa; sembra abbia addosso una forte tensione, mal celata dietro dei grandi occhiali da sole o dei finti e larghi sorrisi.
Dal suo appartamento la sento frenetica, nervosa nei movimenti e, direi isterica quando sposta gli oggetti o sbatte le porte; non sento mai squillare il suo cellulare, eppure durante il giorno la sento parlare, parole nascoste e mischiate alla musica o a quelle della tv.
La immagino avvolta in un accappatoio bianco, coi capelli raccolti in una asciugamano, mentre alza il volume per non farsi sentire.
Mi sono fatto un’idea su quella ragazza venuta dal sud, solitaria, spaventata ma decisa; non lo dirò né a lei né a nessun altro, suppongo che la frenesia di questa città, abbia impedito di notare la sua diafana ed incolore presenza nel grigio della quotidianità.
Sarà lei stessa, qualora dovesse accorgersene, a restituirmi i pensieri, a tradurre in parole, sguardi e silenzi.
Erano le due di notte quando, passata una settimana senza incontrarla o vederla rientrare a notte fonda, mi drizzo sul letto sussultando, svegliato da tre colpi alla porta, poi altre tre.
Appena il tempo di indossare una felpa di tuta ed andare a vedere chi fosse; mai avrei immaginato, scrutando dall’occhiello, di vederla lì, immobile ed impassibile, battere le ciglia continuamente.
Ha i capelli bagnati, un Barbour scuro stretto ai fianchi; le apro, mi chiede se può entrare per bere una cioccolata calda e, sorprendendomi, mi dice di non farmi strane idee, che ha solo voglia di parlare e di fare amicizia.
Le poggio il giubbino sul divano, le dico di non badare al mio pigiama e felpa, sorridendo mi risponde di non preoccuparmi; ci accomodiamo in cucina, dove mi chiede dove poter prendere il necessario per preparare la cioccolata; insiste nel volerla preparare, le indico gli stipetti del Cameo, il frigo col latte e la lascio fare.
Si scusa più volte per essere piombata nel cuore della notte, ma aveva davvero un gran bisogno di parlare, glielo leggevo negli occhi, in quell’espressione pensierosa.
Si siede davanti a me, cominciando a soffiare dentro la tazza che scotta, dicendomi che sentiva la necessità di confessare a qualcuno, qualcuno di cui è certa potersi fidare, quella che è la sua vita qui da due anni.
Sorseggia e, con voce seria e ferma mi dice tutto d’un fiato di essere una escort; deglutisco e le rispondo che lo immaginavo già.
“Già…l’avevo capito che dietro la tua timidezza, si nascondesse un ottimo osservatore”, mi risponde quasi vergognandosi.
“Non sarò certo io a giudicare quello che fai…avrai i tuoi buoni motivi, forse ti trovi in una situazione economica disagiata” le ribatto.
“No! E’ più complicato ma allo stesso più semplice. Come sei ingenuo”, e riprende a sorseggiare.
Le chiedo allora di spiegarmi.
Inizia a raccontarmi la sua storia, ed accendiamo entrambi una sigaretta:
come già sapevo, mi conferma di essere laureata in legge, quasi col massimo dei voti, di essere stata in procinto d’intraprendere una brillante carriera forense, di vivere agiatamente giù in Calabria e di avere un grande amore, una storia di quasi sei anni; insomma, tutto quello che una ragazza di venticinque anni possa desiderare.
Prima di continuare con la sua storia, mi chiede se ho un PC in casa, ci spostiamo in camera mia, accendo il PC ed inserisce una pen-driver dalla quale mi mostra vecchie foto sue e del suo ex.
Poi mi fa visitare il suo sito, si fa chiamare Amanda, ha il volto coperto da una mascherina; in alcune è in perizoma o in posizioni provocanti; la sua mail, l’invito a contattarla rivolto solo ad uomini facoltosi.
Mi dice che la contattano un po’ tutti, ma lei va soltanto con chi è disposto a pagarle almeno quattrocento euro; mi dice che arrivano da tutta la provincia avvocati, medici, notai, politici, imprenditori, spesso sposati, che davanti a lei, nudi o coi preservativi in mano, rassicurano mogli e figli che tra mezz’ora torneranno a casa; dei veri pervertiti li definisce, date le loro richieste; gentili, sorridenti e disposti a portarti nei migliori ristoranti ed alberghi.
Le si infiammano gli occhi parlandone, ancor più quando racconta di quelli che, pagando di più, pretendono rapporti non protetti.
Resto in silenzio ad ascoltarla senza interrompere, guardandola mentre passa da una foto all’altra.
“Mi piace vederli mentre stanno per innamorarsi di me; sapessi quante chiamate, quanti sms; addirittura mi minacciano se non dovessi ricambiare le loro attenzioni, ma sai, è finito il tempo in cui un uomo riusciva a spaventarmi. E’ semplice adesso, se qualcuno insiste, cambio scheda e non ci penserei due volte a rivolgermi alla polizia; anzi, se sapessi i loro indirizzi li sputtanerei con le loro mogli, cos’ quegli stronzi vedrebbero come gli manderei all’aria le loro belle famigliole”.
Non avevo mai sentito una donna parlare con così tanto odio della famiglia.
Il vento iniziava a battere sempre più prepotentemente alle serrande, cominciava ad intravedersi una sottile pioggia filtrata dalle luci dei lampioni , qualche tuono in lontananza rimbombava, giungendoci sempre più forte e prolungato.
Inizia ad avere freddo, le giro una copertina attorno alle spalle.
Mi fa male vedere quelle foto, alcune rasentano la volgarità; mi fa male immaginare che quel viso angelico, quegli occhioni che sembrano smarriti, altro non sono che una finzione; è tutto mercificato in lei: il suo sorriso,il suo corpo, il suo amore, i suoi sguardi, i suoi sorrisi.
Scorrendo le foto, leggo che offre la sua disponibilità anche per coppie ed orge; si rivolge solo a chi le possa assicurare un alto livello di lusso, si rivolge soltanto ad affermati professionisti…e poi eccola qui, che trema di freddo e paura nella camera di un trentenne ancora studente universitario.
Dalle foto noto un tatuaggio sul fianco sinistro, le chiedo simpaticamente di mostrarmelo, ma mi risponde di no, almeno non stanotte.
Immagino fosse eloquente sul mio viso il disprezzo misto a compassione, quando mi chiese il perché la stessi fissando immobile, ma semplicemente le risposi che era tutto ok.
Stavo immaginando quanto fosse stato bello se la femminilità dei suoi lunghi capelli si fosse sciolta tra le mie dita innamorate; ma quella sarebbe stata un’altra storia, davanti a me c’era semplicemente una prostituta, spinta soltanto dal desiderio della bella vita, almeno cosi pensai fino a quando non continuò col suo racconto.
“Non stupirti, una donna deve sapersi vendere, ed io mi vendo nel migliore dei modi…è questa la fase della mia vita da sfruttare e macchiare fino in fondo”, mi dice, sistemandosi la coperta attorno al collo.
Mi alzai avvicinandomi al balcone mentre il temporale imperversava con tuoni e pioggia; accesi un’altra sigaretta, offrendone una anche a lei; fumiamo in silenzio ascoltando ed osservando il susseguirsi di fulmini e tuoni, la violenza dei fruscii della pioggia e del vento.
Restammo in silenzio anche dopo aver finito di fumare, restammo in silenzio, e già una nuova alba stava per nascere: riprese a parlarmi dicendo che aveva amato con tutta se stessa il suo ex ragazzo, ma si era giurata che se fosse finita, se il suo amore fosse stato sprecato, sarebbe diventata una puttana, già, né più né meno che una puttana che calpesta i valori su cui aveva costruito fino a poco prima la sua intera vita, così come l’amore aveva calpestato i suoi innocenti sentimenti.