Avete visto Giulio - GIOVEDI' -

Vento contro le sartie, cielo pieno di nuvole; tutto il giorno come in prigione. L’umore come il cielo sopra di loro.
Calma apparente, poca voglia di parlare, era così tra loro. Da tempo i litigi venivano da lontano, forse il silenzio sarebbe stato meglio. Invece discutevano. Le parole giravano intorno al problema senza abbattere il muro che stava tra loro.

- Certo che hai capito; ho detto the inglese! Hai presente? Oppure preferivi caffè? Tanto se dicevo caffè volevi the.

- … va bene ho capito. The inglese. Sempre originale tu! Era meglio camomilla. Hai presente?

- Forse ... Sicuramente però sono stufo. Hai sempre qualcosa da dire. Peggio di un chiodo arrugginito. Vuoi dire che non sono capace di fare un the?

Le luci illuminavano la barca da poppa a prua; quella più vicina al fornello si accende e spegne come per fulminarsi; faceva male agli occhi quello sfarfallio continuo, ma forse il rossore in quelli di Dea, non dipendeva dalla luce.

- …Ti pareva che non facevi la vittima?… Va bene Giulio, smettiamola di girarci intorno. Cominciamo dal principio. Dimmelo: da quanto tempo lo sai?

Faceva caldo.
Un caldo che tagliava il respiro e che appiccicava le magliette alla pelle, c’era odore di chiuso. S’insinuava lasciando la sensazione di terra umida e muffa.
L’odore si mescolava al The che in un pentolino alzava vapore spargendo un gradevole aroma di menta.
Sul tavolo, in fila due tazze d’alluminio col manico ammaccato: facevano parte del servizio glorioso da quattro di Dea. C’era anche una scatola, di latta, mezza piena di biscotti, un poco ammuffiti, una zuccheriera, due cucchiaini, gocce d’acqua, zucchero e the versato e qualche graffio sul legno. Colpa del pentolino senza sotto pentola.

- Vuoi sapere da quando lo so? Non c’è un momento Dea. Le cose succedono, si vivono e poi…

- … e poi?

- … e poi finiscono.

Orchidea stava appoggiata gomiti sul tavolo, la faccia tra le mani e il mento. Giulio teneva d’occhio il liquido scuro perché non bollisse e l’orologio da polso per evitare che l’infusione superasse il tempo stabilito.
Il fornello ondeggiava, quando passavano barche vicino all’ormeggio. Il dondolio faceva oscillare il ferma pentole sulla paratia di dritta accanto a Giulio che cigolava.
Aveva fatto un segno circolare e il rumore somigliava al ritmo di un Samba Latino Americano, ma a Dea dava ai nervi…

- Per favore usa il sotto pentole. Almeno lui finirà di rompere col rumore, e il legno appena riverniciato non si graffierà… E stai attento, hai versato mezza scatola di the…

Giulio guardò Orchidea, poi il ferma pentole. Il silenzio fu di qualche secondo, ma sembrò di ore.

- Comunque… sicuramente ti meriti uno migliore di me e non solo per il the… Disse sbuffando Giulio. Poi, voltando le spalle a Dea, aggiunse: - … E poi …

- … e poi? Chiese Orchidea alzando gli occhi.

Aveva le labbra screpolate, le mani che tremavano e un languore allo stomaco che non era fame.
Giulio, stava di spalle, quando rispose:

- … E poi… devo recuperare il rapporto con mia moglie, con mia figlia, la mia vita che è diventata un casino… devo tornare… Tre giorni e ...dovrò tornare. Basta fughe. Sapevamo che sarebbe accaduto…

- Lo sapevamo? Chiede Orchidea fissando una macchia d’umido sul Teak .

Il silenzio sembrava improvvisamente ingombrante. La faccia di Orchidea aveva preso il colore del cencio attaccato alla cintura di Giulio e un’espressione che era una via di mezzo tra un mare in tempesta e una richiesta d’aiuto.
Restò così, senza parlare, per un tempo indefinito.
Se non per il rumore del cucchiaino che girava nel pentolino del the, il silenzio sarebbe stato totale.

Giulio, accese lo stereo.
Le note di una vecchia canzone riempirono quel silenzio opprimente. Senza saperlo aveva scelto una canzone che procurò un buco nello stomaco di Orchidea.
Quella canzone toglieva il respiro. Era la canzone di quella volta quando fecero la prima uscita. Erano sul ponte, in navigazione con lo scirocco, le vele piene di vento. Di quel giorno Orchidea ricordava ogni gemito, ogni dettaglio, ogni minuto: la prima di navigazione tra loro due. Ricordava anche il cigolio del timone automatico, mentre lui la baciava.
Era una canzone come tante.
L’aveva ascoltata mille volte; ne conosceva ogni accordo, ogni nota. Ma in quel momento, sembrò diversa. Le venne in mente l’accordo: giro armonico di Fa diesis minore.

L’orologio a parete segnava mezzanotte, meno cinque minuti; la trasmissione alla radio era appena cominciata. Giulio voleva una tregua dopo quelle note. Trasmettevano vecchie canzoni. In un momento diverso quel suono avrebbe portato uno sprazzo sereno tra loro due, come nei momenti più belli della loro storia; ma quella sera, no.

- Molliamo gli ormeggi Giulio: è l’ultimo venerdì. Tu al timone io alle manovre…

Il vento smise di fischiare. In lontananza sembrava arrivare una schiarita, nonostante le previsioni.

Giulio avrebbe avuto ancora molto da dire quella sera, ma sapeva ciò che le avrebbe risposto Orchidea, e restò zitto.

Infilò la salopette sopra la maglietta, mise la cerata, fece scorrere la zip fino al collo e si avviò verso le scale.

Sapeva che non sarebbe stato facile con Orchidea.
Lo aveva sempre saputo.
Con lei le cose non prendevano mai la piega che con le altre; era stata quella la ragione di quella storia, sarebbe stata la ragione della fine.

Orchidea non lo avrebbe lasciato andare.
Ma lui sapeva come fare.

Spense le luci, abbassò la visiera della giacca a vento e uscì sul ponte.
Il vento girava a tramontana.
Fuori pioveva.

ma che giorno e' oggi
che giorno ho letto prima
ma questo veniva prima

cazzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzo quando la scrittura e' nitida e' incasinata la sequenza

ehehhehe capita!
ciao penna ciao romeo

Mi confermo nella mia convinzione della vigliaccheria di questo Giulio che fa ciò che vuole in barba ai sentimenti altrui. E la scusa di recuperare con moglie e figlia (e domestica?) poi, è il massimo.
Caro Pier: se riesci a farmi imbestialire tanto, vuol dire che sei un grande, molto grande, scrittore, poiché la trama è abbastanza scontata, ma tu la rendi così vicina...
Basta: non dico altro, per non apparire troppo bisbetica!
Ciao. Al.

uhm ... mi devo truccare penna, come fò a leggerti tutto? ( vedi commento a mercoledì) .. e mica solo noi lettori ti dobbiamo inseguire!

Caro Goccia, ti capisco sai? Io stesso faccio fatica a rileggere. Fai con calma, tanto Giulio non scappa. Non più almeno.

.........NEFER ERA LI' NEFER, GIULIO NON C'ERA PERO'....

Questa è quella che segue l'annuncio di Dea della gravidanza, giusto?
Io tifo per lei, Giulio qui non mi piace.
Però devo stamparle e rileggerle tutte in fila, appena concluderai (ma è conclusa?) questa storia...
A parte i sentimentalismi provocati dalla lettura, sei nitido come sempre.
Ciao PierPenna

he gran regalo Nefer... Una barca bellissima... Grazie.
Quanto a te Noct, sei sempre gentile. Non è finito, ma forse metterò gli ultimi capitoli. Ma è una bella mappazza.

Ciao PierPenna...
freddo da te? qui molto

eheheheh...

Qui comincia a confondersi qualcosa, non capisco se sono i tempi o cosa.
Occorre un metodo forse per "pensare" al passato e diventare spiegazione al lettore e poi tornare a "narrare" al presente per riportare a cronaca quel che segue.
Vado avanti, non sono certa di quel che sto affermando.

clelia