Si trovò impigliata a causa di una distrazione che aveva messo in opera un anno prima e che distrattamente continuava a perseguire.
Con sottile premeditazione, la sig.ra Tina Flaccomio aveva seminato trappole e tagliole sul suo cammino.
Era un’impresa di non poco conto. Le aveva sistemate in base ad un complicatissimo sistema o forse sarebbe meglio dire in base ad un esasperatissimo sistema.
Ognuna di loro, diverse per foggia e misura, doveva assolvere diversi compiti, sicché la tagliola del tempo era diversa dalla trappola dell’amicizia, come la tagliola dell’amore era a sua volta diversa dalla trappola della passione.
Tutto questo ancora non bastava. La tagliola del tempo quale tempo avrebbe dovuto imprigionare?
Il tempo perduto? Il passato? Il presente? Se il tempo perduto poteva essere classificato nel passato, il presente era così veloce che diveniva subito o passato o futuro. Il futuro non esiste pensò e di conseguenza non poteva intrappolarlo.
Ma nemmeno quello perduto esiste. Per essere veramente tale bisognerebbe cercarlo e intrappolarlo solo dopo averlo trovato. Giunse così alla conclusione che bisognava costruire una trappola speciale, in grado di scovare e acchiappare il tempo perduto.
Tutto questo le aveva sempre dato preoccupazione e sofferenza sin da bimba.
Aveva escogitato strategie e trucchi per avere la meglio su di lui, in una continua sfida e affanno.
Decise così di isolarsi, per prendere le distanze dagli altri.
La solitudine le faceva percepire tutte quelle variazioni temporali, che le sarebbero sicuramente sfuggite in compagnia di una ruminazione ciarliera.
Tutti erano schiavi del tempo. Decise così di liberarsi da quel vassallaggio, ponendosi al di fuori di esso. S’incamminò in una notte d’agosto, lungo la strada delle tagliole che va dal capo sud al capo nord.
Indossò delle vesti leggere, di lino bianco per contrastare il peso del bagaglio.
Tutte le sue macchinazioni stavano per compiersi, era quasi giunta sulla strada, quando per una distrazione si trovò imbrigliata in qualcosa di luccicante.
Di primo acchito, pensò che fosse una trappola speciale, quella del tempo perduto o una malia operata dal tiranno, per confonderla o forse un sogno.
Tanto più cercava di capire, tanto più il luccichio diveniva sfolgorante e fantasmagorico, quasi un fuoco d’artificio che la teneva aggiogata.
Il balucicchio finì così come ebbe inizio, sostituendosi a esso un profumo salino e stagnante, stagnante e salino. Fatto di canne e segreti di segreti e di canne.
Decise di riprendere il cammino, ma senza sapere il perché e il per come si ritrovò su di un treno. Tutto era mutato senza una logica apparente. Ripensò alle lumache. Quelle che aveva collezionato da bambina.Quelle che avevano perduto il loro fardello, rimanendo così, inermi e viscide viscide e inermi come allora e come adesso
E come adesso e come allora tutto accadeva di notte.
Si sedette. Di fronte a lei altri viaggiatori si scambiavano sguardi intensi, cangianti come il cielo d’agosto, come gli alberi di castagne che in agosto partoriscono ricci di spine, per l’amato che verrà, per l’inverno che verrà, che è già qua, adesso come allora, nell’estate dell’inverno d’agosto. Un viaggiatore senza bagagli si sedette vicino a lei, interponendosi con pudore tra i ricci e i suoi inverni passati.
Indossava abiti demodè, fantastici e bizantini, barocchi e sensuali.
Tra le mani teneva un taccuino a righe come la sciarpa che gli copriva il collo di marmo e di bianco. Non parlava, le parole scritte sul taccuino a righe come la sciarpa, uscivano dalle pagine quando ne avevano voglia e volteggiavano come il profumo di zagare, come lo scirocco terroso e carnale o il baluginio delle lampare sul mare d’agosto.
In questo modo si baloccavano prima di presentarsi, insieme ad una scia musicale che sempre le annunciava.