CAFE' HAWELKA - NUCCIO PEPE

E´ incredibile come certi luoghi nella mia mente si associno automaticamente all´idea di donna.
Già quando giro l´angolo da Stephenplatz scatta inesorabile la molla.
Anche se vado da solo mi sento in compagnia.
Sto pensando a questo, seduto ad uno dei tavolini d´angolo del Café Hawelka.
E´ una mia abitudine quando sono a Vienna passare qualche pomeriggio in questa atmosfera d´altri tempi, sorseggiando una birra o uno dei tanti tipi di caffè.
Le pareti piene di stampe, locandine di eventi teatrali recenti e datati, annunci di conferenze su argomenti talora improbabili, foto di avventori a  me sconosciuti, la luce fioca quasi una penombra che invita a riflettere, a  parlare sottovoce, le luci giallognole perennemente accese, mi sono oramai familiari.
Leopold il padrone non c´è più, ma quasi non si nota la sua assenza, è rimasta sua moglie Renate, che va incontro a tutti i clienti che entrano
riservando ad ognuno una battuta, un saluto. E´ sempre stata lei l´anima del locale, conosce tutto e tutti, presenta i nuovi clienti a coloro che sono  già seduti ai tavoli, chiedendo di fare posto ai nuovi venuti.
E´ così anche con me, anzi le piace sempre ricordare ridendo l´episodio della camomilla avvenuto tanti anni fa quando da studente squattrinato avevo pensato di ordinare solo una birra da dividere con il mio amico Tommy, adducendo la scusa di stare poco bene in modo da pagare pochi scellini quando Renate premurandosi del mio stato mi fece portare una schifosissima camomilla tiepida che mi costrinse a bere standomi accanto per tutta la durata del supplizio ( bevi "camilla", bevi "camilla"! Mi diceva sorvegliando la mia deglutizione)  mentre Tommy  dovette uscire fuori per le risate incontenibili. Il fatto grave fu che la camomilla costò molto più di una buona birra !
Il volto di Renate sfuma tra le nuvolette azzurrognole che si sollevano
dalle sigarette fumate con rigorosa impertinenza, mentre giro lo sguardo
verso il pilastro rivestito di legno dove sono appesi i giornali, posto
quasi al centro della sala.
Ora il volto che vedo al tavolo vicino al pilastro mi ricorda il dolce viso di Meike che sorridendo accettò l´invito a dividere il posto e prendendomi la mano dopo qualche ora e qualche birra, lasciò le sue amiche e mi seguì nella casa , anzi nella stanza che Susi mi aveva ceduto per il mio soggiorno. Ricordo ancora il profumo intenso della cioccolata calda che la fabbrica Milka sprigionava a tutte le ore del giorno dall´altra parte del viale e lo sguardo compiaciuto di Groucho su una parete e quello austero dell´altro Marx accanto alla libreria.
Un altro sorso di caffè, mentre la cameriera mi porta l´ennesimo bicchiere d´acqua che va a fare compagnia agli altri non consumati, sorrido per questa bislacca abitudine... una tazza di caffè e decine di bicchieri d´acqua!
Il tavolo accanto alla finestra con le tendine di merletto e i doppi vetri
che proteggono, in inverno, delle piantine rachitiche mi ricorda Hanau con i suoi discorsi interminabili sulla vita, la filosofia, l´amore.
Sedevamo sempre lì, uscendo dal lavoro, per rilassarci e prenderci un momento per noi, per poi correre a casa sua e mentre l´acqua per gli spaghetti continuava a bollire fino ad evaporare quasi del tutto, facevamo l´amore nella verandina riscaldata da una enorme stufa di ghisa, rotolandoci sul tappeto rosso che dopo dividevamo con Petra la gatta che gelosa mi guardava di sottecchi.
Per quanto mi sforzi non riesco a vedere volti maschili al Cafè Hawelka. Chiedo il conto con un cenno a Renate,  e mi manda Monika la cameriera che ricordo sempre uguale da tanti anni, ci deve essere un elisir che si sprigiona insieme alle volute di fumo che salgono dai tavoli insieme al brusio delle voci.
Ha un viso schiacciato, un grembiule a righe, un vassoio sotto il braccio. E´ l´ultima donna di questa storia.