IL BAR DELLA PAROLA - NUCCIO PEPE

La porta si richiude con uno scatto alle mie spalle. Il resto del mondo è lì, fuori. Sono nel mio bar.
“ Ciao ragazzi, come va ?”
Le risposte sono varie e riflettono le varie personalità degli amici già seduti da un po’ di tempo al solito tavolo.
“  Bene, e tu?”,
“ Sgrunt…!” ,
“ Ciao bello!” ,
“ Cosa prendi ?”.
Mi è sempre piaciuta l’idea di incontrare persone, amici, colleghi in un bar.
Il massimo è sedere ad uno dei tavoli all’aperto della piazza di Mondello, nella tarda primavera o nel tepore dell’incerto inizio d’autunno con i gabbiani che volteggiano rumorosi, il luccichio delle onde e la corsa sbarazzina delle nuvole.
Sorseggiando un Martini dry ci si riconcilia con la vita mentre i raggi del sole  giocano con le figure che attraversano la piazza.
Anche al chiuso l’atmosfera è ideale per l’incontro, per parlare, discutere.
E´ incredibile come certi luoghi nella mia mente si associno automaticamente all´idea di donna e di amicizia.
Abbiamo fatto discussioni interminabili su come cambiare il mondo, abbiamo parlato degli amori impossibili, delle conquiste reali o semplicemente immaginate, abbiamo sezionato ogni capello, ogni centimetro di pelle intravista sotto la gonna svolazzante di quella che “chissà se la darà mai” , incontrandoci nel “nostro” locale.
Sto pensando a questo, seduto ad uno dei tavolini d´angolo del bar.
E´ una mia abitudine passare qualche pomeriggio in questa atmosfera d´altri tempi, sorseggiando una birra o uno dei tanti tipi di caffè.
Le pareti piene di stampe, locandine di eventi teatrali recenti e datati, annunci di conferenze su argomenti talora improbabili, foto di avventori a me sconosciuti, la luce fioca quasi una penombra che invita a riflettere, a parlare sottovoce, le luci giallognole perennemente accese, mi sono oramai familiari.
Ma il mio bar sta cambiando, si adegua ai tempi, diventa virtuale. Si discute di poesia e letteratura, ma anche di vita vissuta.
Il vecchio proprietario non c´è più, ma quasi non si nota la sua assenza, è rimasta sua moglie , che va incontro a tutti i clienti che entrano riservando ad ognuno una battuta, un saluto. E´ sempre stata lei l´anima del locale, conosce tutto e tutti, presenta i nuovi clienti a coloro che sono già seduti ai tavoli, chiedendo di fare posto ai nuovi venuti.
E´ così anche con me, anzi le piace sempre ricordare ridendo l´episodio della camomilla avvenuto tanti anni fa quando da studente squattrinato avevo pensato di ordinare solo una birra da dividere con il mio amico , adducendo la scusa di stare poco bene in modo da pagare poco, quando lei premurandosi del mio stato mi fece portare una schifosissima camomilla tiepida che mi costrinse a bere standomi accanto per tutta la durata del supplizio ( bevi "camilla", bevi "camilla"! Mi diceva sorvegliando la mia deglutizione) mentre il mio amico dovette uscire fuori per le risate incontenibili. Il fatto grave fu che la camomilla costò molto più di una buona birra !
E’ piacevole incontrare persone che magari fino a poche ore prima non conoscevi, ma che sai avere la tua stessa passione per la parola, per la lettura, per lo scrivere.
Il gestore del nuovo bar è una donna, mi piace immaginarla come un direttore d’orchestra che ha un occhio per tutti mentre l’orecchio è teso a percepire tutti i sussurri, le note accordate e quelle stonate.
Il volto della padrona del bar sfuma tra le nuvolette azzurrognole che si sollevano dalle sigarette fumate con rigorosa impertinenza, mentre giro lo sguardo verso il pilastro rivestito di legno dove sono appesi i giornali, posto quasi al centro della sala.
Parlare dei nostri segreti, aprire il cuore a degli sconosciuti sedendo intorno ad un tavolo che si chiama forum. Condividere i ricordi, le esperienze, mettere in gioco la fantasia senza remore e paure, come se si bevesse un buon bicchiere e poi un altro ancora con una compagnia di vecchi amici che capiscono le emozioni, le pulsioni dell’altro.
Ora il volto che vedo al tavolo vicino al pilastro mi ricorda il dolce viso  che sorridendo accettò l´invito a dividere il posto e prendendomi la mano dopo qualche ora e qualche birra, lasciò le sue amiche e mi seguì nella casa , anzi nella stanza che mi era stata ceduta per il mio soggiorno. Ricordo ancora il profumo intenso della cioccolata calda che la fabbrica sprigionava a tutte le ore del giorno dall´altra parte del viale e lo sguardo compiaciuto di Groucho su una parete e quello austero dell´altro Marx accanto alla libreria.
Si può parlare senza urlare,  l’importante è ascoltare, sentirsi come in riva al mare con il flusso delle parole che va e viene in sottofondo.
Un altro sorso di caffè, mentre la cameriera mi porta l´ennesimo bicchiere d´acqua che va a fare compagnia agli altri non consumati, sorrido per questa bislacca abitudine... una tazza di caffè e decine di bicchieri d´acqua!
Il tavolo accanto alla finestra con le tendine di merletto e i doppi vetri che proteggono, in inverno, delle piantine rachitiche mi ricorda discorsi interminabili sulla vita, la filosofia, l´amore.
Chiedo il conto con un cenno.
Oggi offro io, ragazzi!
Arriva la cameriera che ricordo sempre uguale da tanti anni, ci deve essere un elisir che si sprigiona insieme alle volute di fumo che salgono dai tavoli insieme al brusio delle voci.
Sì un elisir che accomuna uomini e donne, giovani e meno giovani, personaggi ed autori, poeti e romanzieri, innamorati e disperati, filosofi e teatranti, medici e pazienti.
Venghino Signori venghino! Il bar della Parola è sempre aperto per chi vuole bere in compagnia!