Il bacio sulla bocca - Ivano Fossati

Se ne stavano al tavolino d’angolo, nascosto agli occhi dei frequentatori più curiosi.
lei, col suo basco di panno rosso, con la testa reclinata, ad assorbire le parole che lui stava sussurrandole, sfuggendone lo sguardo per alzarlo a rincorrere le volute del fumo della pipa che si sperdevano in spirali azzurrine contro il buio del soffitto.
La radio, nell’angolo, diffondeva le note di una Nina Simone d’annata, perfetta colonna sonora a quel momento.
In quell’angolo di mondo, celati agli sguardi di un’umanità indifferente, spegnevano le ultime note di una sinfonia di dolore, chiudendo a doppia mandata una porta che per qualche tempo avevano pensato aprisse loro le porte del paradiso.
Si stavano lasciando e non avevano il coraggio di guardarsi negli occhi mentre lo facevano.
Una storia clandestina, consumata come un frettoloso pasto settimanale nella locanda da quattro soldi, buona per i camionisti di passaggio e per nessun altro.
Erano mesi che quel rituale si ripeteva, ingoiato in fretta, per non rubare altro tempo alla clessidra, con l’urgenza di spegnere le esigenze della carne e dimenticare, per qualche ora, il piatto sulla tovaglia di casa, a quadretti bianchi e rossi.
Tra le lenzuola odoranti di stantio delle camere del piano superiore, consumavano il loro amore.
Amore?
No, non lo era mai stato.
Non avevano mai permesso a quella parola di far capolino nelle ore passate assieme.
Era solo sesso e nient’altro: un sesso duro, spietato, crudo, un paradiso di sensi che nulla cedeva a tenerezze ed in questa determinazione aveva trovato il proprio limite e finale.
Lei non aveva mai varcato le soglie del desiderio come aveva fatto con lui: l’aveva portata a livelli tali di piacere da vergognarsi di se stessa quando cercava dietro di sé la ragazza che aspettava sul sagrato della chiesa dopo la messa della domenica e che arrossiva per uno sguardo troppo esplicito ed a una parola troppo manifestata.
Come in un flash-back, tornava a poche ore prima, sul letto, le gambe spalancate, lui inginocchiato, tutto concentrato dal darle un piacere a lei fino ad allora sconosciuto; lui, generoso, per provare egli stesso, alla fine, quel tormento-piacere del quale aveva perso l’indirizzo nel labirinto della quotidianità che lasciava spazio a molto, ma non al piacere.
Poche parole, solo gemiti e nessun bacio in bocca.
Nella disperazione del loro deserto quotidiano, cercavano in quelle ore una borraccia d’acqua che era la loro fonte per riuscire a sopravvivere.
Ora il desiderio ero morto, si era perduto nell’aridità di una emozione arrangiata e volutamente arginata; restavano davanti al loro piatto senza aver nulla da dirsi, consci di aver perso entrambi la loro dignità.
Si erano perse anche le parole, svilite da un sentimento che lasciava loro solo la voglia di farsi una doccia; per lavare via quello che alla fine era solo dolore e null’altro.
Ai piani superiori non esistevano docce e anche quel giorno rientrarono con gli odori dolciastri di sempre, ma con la consapevolezza che mai più li avrebbero avuti addosso a offendere le narici, dopo aver loro ferito il cuore.