“Il tuo sguardo mi sembra una dichiarazione di dipendenza” disse Paolo animatamente.
Il ragazzo la teneva per mano.
Muoveva i piedi quasi furiosamente su quelle mattonelle mangiate dal muschio.
Marirosa lo guardava.
Sorrideva, e le sue labbra carnose vibravano nella penombra.
Niente di speciale in quel momento, o forse si.
La luna era piena, tonda e soda. Malinconica e irraggiungibile.
I due ragazzi erano circondati da una ringhiera pericolante, di quelle usate per camuffare i suicidi come finti e spiacevoli incidenti.
Paolo aveva pensato parecchie volte a una fine del genere. Aveva pensato molte cose negli ultimi giorni.
La ragazza continuava a guardarlo, sembrava stordita da quel fiume di parola. Da quelle vocali e consonanti disordinate e imprecise.
Allora il ragazzo con un movimento rapido la vece volteggiare. Poi si fermò.
Poi si fermarono.Sembrava governare quel corpo, quello della ragazza, con apparente disinvoltura. Come fosse il prolungamento del suo.
I secondi passarono come le nuvole che coprivano svogliatamente la luna.
Era estate.
Era calore appiattito dalla notte.
Da lontano un leggero profumo d’erba stagnava nell’aria.
Più in basso, una falciatrice di quelle usate per tagliare il grano, si nascondeva nel buio.
Arrivava un silenzio discreto e complice, dalle umide colline alle loro spalle.
“Dipendenza da cosa?” disse Marirosa come a voler riacciuffare il discorso, e forse con lui, un minimo di solidità, in quel momento imprevedibile.
“Da me” e poi silenzio.
Le sue parole vagarono un po’ nell’aria. Presero una forma strana, finita. Come quella di una ragnatela in una cantina chiusa.
La ragazza inclinò un po’ la testa verso sinistra; come fanno i cani quando non capiscono, o si divertono.
Sorrise un po’.
Un po’.Sorrise solo un po’.
Allora il ragazzo si scostò da lei.
Prese a camminare verso la ringhiera e fissò le cose che la notte andava inghiottendo.
Si sorprese, e ripensò a qualche definizione del buio. Non trovò niente di sensato, né mai ci sarebbe riuscito.
Sorride un po’.
Perché?
Che vuol dire quel sorriso tagliato.Perché si è allontanato?
E’ un tipo strano.
Davvero strano.
Prima mentre mi parlava, a malapena riuscivo a trattenere quel sorriso, ma forse m’è sfuggito.
“Ti nascondi da me, adesso?”
Quelle parole lo raggiunsero come un colpo di pistola.
Il ragazzo barcollò leggermente.
La sua posizione, ora, era davvero precaria.
Di là il buio. Dietro, una ragazza intelligente dalle labbra carnose.
“No, non lo faccio. Cercavo di capire” disse lui con un tono di voce vergognosamente infantile.
“Bene”
“Bene”
“Siamo capaci di dire solo: bene?”
“Credo di sì, sicuramente abbiamo dimostrato di saperlo dire,
bene”
“E che altro sai dire?”
Lui non rispose, e quella relazione la incuriosì.
Quindi si avvicinò a Paolo. Prese la sua mano, quella sinistra.
Ora, i loro pensieri percorrevano la ragnatela fitta e rischiosa del silenzio.
Solo in quel momento la ragazza notò le tante stelle disseminate nel cielo.
Lei ora da cosa dipendeva? Dal ragazzo, dalle stelle?
Da quel silenzio complice e inumidito dalla notte?
Non seppe trovare una risposta a quel piacere indecifrabile.
Poi prese a parlare, sembrava
convinta.Convinta del buio in cui vagabondavano i suoi pensieri.
"dove hai imparato tutte queste cose?"
Il ragazzo la guardò, notò la luce nei suoi capelli e pensò al mosto e all’odore dell’uva.
“quali cose?”
“quelle che ti danno quell’aria”
Paolo allora si guardò in torno, poi si annusò un braccio. Sorrise.
Anche la ragazza lo fece. I suoi denti erano bianchissimi e vertiginosi.
"le ho imparate una sera, o meglio, una sera ho capito di saperle"
"una sera ...eh?"
"si, avevo il pc acceso sul tavolo in cucina.."
"un notebook?"
"si uno di quelli, e ascoltavo un cd, e a un certo punto ho distinto chiaramente il ronzio del frigo, era chiaro e fastidioso e meraviglioso"
"tutto qua?"
"si tutto qua, il ronzio mi ha salvato"
“salvato?”
“si mi ha salvato”
Marirosa vacillò un attimo. Il suo corpo si mosse velocemente, le sue mani si fecero fredde.
Paolo la guardò, ora non aveva più parole.
La ragazza respirava male, confusamente. Stava piangendo.
Allora il ragazzo capì tutto, capì il perché di quelle lacrime salate. E si sentì solo; avvertì forte e incontrastato il silenzio delle nuvole, e delle stelle che poco prima Marirosa aveva notato.
Poi sentì le labbra madide di lei, mentre la baciava. Le guance umide della ragazza bagnarono quelle di Paolo.
La stava stringendo contro il suo corpo. Avvertiva il suo seno alto, sodo. Eppure morbido.
Dopo il ragazzo si stacco.
La guardò. Sorrise.
“Aspetta un attimo” disse.
Marirosa ebbe paura. Provò un timore limpido, e lancinante.
Paolo sparì nel buio che aveva mangiato le scale.
Tornò poco dopo con una coperta.
“Non è un granché, ma è l’unica che son riuscito a rimediare” disse abbassando lo sguardo.
Lei sorrise, si avvicinò e gli accarezzò il viso.
Aprirono la trapunta e la posarono sul pavimento.
Marirosa si sdraiò. E sorrise di nuovo, il suo sguardo tradì un’ombra, leggera, durò un attimo. Forse un principio di paura.
Paolo credeva di sentire il cuore della ragazza battere, e immaginò cavalli selvaggi dalla criniera scura e lucente. Immaginò anche il profumo delle margherite e delle viole.
La spogliò piano.
Si stupì dell’imbarazzante bellezza del ventre di Marirosa.
Spostò i capelli che tagliavano il viso della ragazza, e si emozionò nel vedere la luce nei suoi occhi: avevano sfumature che ricordavano il lilla, e brillavano come fa il sole in certe mattine d’inverno.
Sbottonò la sua camicia.
Tolse le scarpe e poi i pantaloni di cotone.
Tirò via i calzini dai piedi.
Ora erano nudi, e i loro corpi riflettevano il bianco della luna.
Dopo si abbandonarono al piacere, come si fa nelle serate passate al mare o nelle stazioni polverose poco prima della partenza, nel batticuore dell’attesa.
Paolo avrebbe capito solo dopo la ragione di quel
fai piano. La leggera sofferenza mista al piacere, nei gemiti di Marirosa.
Quella notte passò lentamente.
Rimase meravigliosa nei ricordi dei due ragazzi.
E anche quando anni dopo si persero nei risvolti nevrotici della vita, quel momento rimase per loro l’unico di assoluta bellezza.