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 ANGELO AZZURRO - venerdi 1°parte - 5/7

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Marcello Devenuti
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Marcello Devenuti


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ANGELO AZZURRO - venerdi 1°parte  - 5/7 Empty
MessaggioTitolo: ANGELO AZZURRO - venerdi 1°parte - 5/7   ANGELO AZZURRO - venerdi 1°parte  - 5/7 Icon_minitime3/7/2008, 10:23

VENERDI' - Il paradigma infranto
Un tentativo di esorcismo tra network e sponsor


Era da molti anni che Angela non entrava in chiesa. Per essere più precisi va detto che in chiesa ci andava e come! Anche tutti i giorni, ma certamente non quando il Parroco era presente o poteva vederla e, comunque, mai durante le manifestazioni ufficiali, quali funzioni ed altro. Ci andava per pregare, nell’altarino di destra, dove c’era l’immagine della Vergine e il Bambino.
Era andata sempre così? Ma no! In fondo lei stessa amava ripetere che con il vecchio Parroco si era trovata benissimo, dimenticando, tra l'altro, che nei primi tempi andava d'accordo anche con l'attuale. Poi...Bum!: baruffe, scontri verbali (a volte anche fisici) e bisticci continui, anche perché, come già detto, la casa della donna era contigua alla chiesa.
Di Angela conosciamo ormai tutte le stranezze ma, va detto per correttezza, anche questo prete in quanto a carattere: taciturno fino al mutismo; solitario e scontroso quanto mai. Di lui si diceva che, a differenza della gente comune, si muovesse solo grazie alla morte. E si! Perché non usciva mai: battesimi, cresime e matrimoni li officiava in chiesa (ma quanti, ormai? Da tempo i compaesani, ottenute le necessarie dispense, preferivano recarsi fuori paese, e alcuni screanzati preferivano, male accolti, il Municipio). Egli trattava soltanto e, malvolentieri, con le poche donnette che ancora frequentavano quotidianamente la chiesa. Quelle stesse che si erano assunte il compito di curare il suo sostentamento alimentare, peraltro ridottissimo, o la sua poca biancheria, o gli ancora più ridotti rapporti sociali, consistenti in qualche bolletta da pagare o in qualche manutenzione non rimandabile. Insomma si trattava, come appare ben chiaro, di un carattere misogino, alieno alla vita sociale e assolutamente restio a mostrarsi e a trattare con i propri simili. Lo si poteva accostare e vedere in volto solo durante la messa (per modo di dire: stava sempre a capo chino) oppure, se richiesto appositamente, per qualche sevizio consono al suo status, come confessare o impartire le estreme unzioni. Escluso ciò egli era inavvicinabile: nessuno sapeva come vivesse e nessuno aveva mai visto la sua canonica.
Ma torniamo a quell'altro eccentrico personaggio: ad Angela. I suoi screzi con il Parroco non derivavano, come logica vorrebbe, dal carattere chiuso di questi. E no! Lei ci era andata ben d'accordo nei primi mesi....e quello non era, allora, migliore di adesso. No! I disaccordi provenivano da altro: dal *Concilio Vaticano Secondo*.
Angela, certo, era tuttora all'oscuro dell'esistenza di un Concilio Vaticano secondo, o primo che fosse. E' che mal aveva sopportato tutti i cambiamenti conseguenti a quell'avvenimento e, in particolare, quel modernismo relativo all'uso della lingua volgare. La perdita del latino, di quella lingua che l'esperienza aveva reso ritmica ed immediata e nella quale si sentiva compenetrare, l'aveva confusa e smarrita. Quella lingua antica, dalle parole incomprensibili, riusciva a farla partecipe e quindi farle comprendere e vivere il mistero della vita e della divinità. L'altra lingua, invece, quotidiana, comprensibile, metallica, la privava violentemente della partecipazione al mistero. Essa diceva tutto, svelava troppo e parlava di cose troppo grandi per essere comprese con le sole parole. In fondo, pensava Angela, Dio è mistero e se l'Onnipotente riteneva giusto tutto ciò, perché l'uomo...
"Don Carlo! Don Carlo!?...Fatemi entrare, presto!"
"Coo-coococo-coo"

Angela cominciò a scuotere il portone della chiesetta, ma senza alcun risultato. La vecchia chiesa era situata alla estremità occidentale del paese e faceva parte di una appendice delle mura dello stesso. Vi si arrivava attraverso una stradina stretta e ripida, che si snodava, partendo dalla piazza centrale, attraverso il vecchio rione quasi disabitato. Proseguendo, si arrivava ad una curva strettissima che dava su un balconcino...no?! ...prima c'era...purtroppo non rammento la topografia del paese e, d'altronde, debbo procedere col solo ausilio della memoria, perché paese e strade, come ben sapete, non ci sono più (tranne, s'intende, la chiesa e la casa di Angela). Comunque questa stradina incontrava, dapprima, la casa della donna e poi, attraverso una breve discesa, terminava su una piazzola con belvedere, lastricata e circondata dalle mura perimetrali del paese. La chiesa dava proprio su questo intimo belvedere e, il tutto, si affacciava su una vallata discontinua, sulla quale incombeva una catena montuosa.
"Don Carlo? Don Carlo?!...Non apri, eh?...Allora apro io!"
"Coo-coococo-coo"

Angela non l'aveva mai fatto, specie a quell'ora. Avrebbe potuto dare nell'occhio ed essere scoperta. Ma l'urgenza del caso la convinse a non desistere oltre. E poi, con tutto quello che era successo, chi mai poteva reclamare?"
Rovistò nella tasca del grembiule e cavò un mazzo di chiavi. Ne scelse una, nera, vecchia, a mappa unica. E già! Angela era in possesso della chiave per entrare in chiesa!. Gliela aveva affidata, molto tempo prima, il vecchio Parroco, quando lei si occupava della pulizia dei locali. Poi il Parroco era morto e Angela, all'arrivo del nuovo prete, Don Carlo, se l'era cavata con una piccola bugia....il resto già lo conoscete. Insomma, aveva questa chiave con la quale, non vista, entrava in chiesa tutti i giorni, alle ore più imprevedibili o secondo l'estro del momento. Angela, dunque, si avviò verso l'altare maggiore, seguita da Azzurra, accertandosi con cura che Don Carlo non fosse in una delle Cappelle laterali. Quindi oltrepassò l'altare e aprì la porticina della canonica. Attraversò un corridoio illuminato dove, ben riposti in armadietti vetrati, si vedevano i paramenti necessari ad officiare i riti sacri. Proseguì sicura (ricordava bene il percorso, malgrado gli anni trascorsi), finché giunse presso la porta che dava sugli alloggi interni. Rimase ferma per una attimo, poi accostò l'orecchio. Un rumore confuso veniva dall'altra parte: musica, discorsi, imprecazioni, spari, rombi di motori, temporali e altro ancora, tutto in un cocktail improbabile. Incuriosita, aprì con cautela e, senza esser vista, entrò in un grande soggiorno:
"Gesù mio!" disse tra sé, portando una mano alla bocca.
Don Carlo era seduto davanti ad un grande tavolo rettangolare, con le spalle rivolte all'ingresso. Sul tavolo, proprio davanti al prete, si intravedeva un insieme di congegni elettronici, da cui si dipartivano grappoli di fili; questi andavano ad innestarsi su dodici schermi da dodici pollici ognuno, posti tutti sul grande tavolo. I televisori, sei alla destra e sei alla sinistra del Parroco, avevano gli schermi orientati verso di lui. Erano tutti accesi, tranne uno e sintonizzati su differenti programmi.
Angela, pur trovandosi alle spalle di Don Carlo, poteva vedere le mani dello stesso andare da un pomello all'altro, girare manopole e spostare cursori e levette di un misterioso congegno (si trattava, in effetti, di una consolle di missaggio, per il controllo e comando di tutte le funzioni dei dodici televisori). Il Parroco cambiava canale, toglieva la voce, scoloriva, contrastava e quant'altro gli consentisse il congegno stesso. Faceva tutto ciò parlando contemporaneamente con i televisori, adirato o suadente:
"Tu, falso e traditore! Hai perduto la fede per amore del potere e della gloria e, quindi, pagherai!" tuonava, all'apparire di uno degli eroi dei serial giornalieri. Quindi, gli toglieva la voce, perdendosi in esaltate descrizioni dei tormenti eterni. Poi ripristinava il volume e se l'eroe proseguiva, a parer suo, negli intenti malvagi, allora, con sofferta partecipazione, cambiava repentino il canale, sentenziando:
"La pecora smarrita non tornerà all'ovile!"
A volte l'eroe era *buono* e allora si dilungava nell'esaltarne le virtù:
"Tu avrai il Regno dei Cieli, perché affronti il nemico non con le armi, ma con l'intelligenza della Fede. Non con il lusso, ma modestamente vestito" e pigiava ripetutamente il tasto verde per la sintonia ottimale. E ancora, rivolto ad un arguto giornalista:
"Tu, serpe velenosa, adusa a mestar odio, con parole di sottile falsità...arrossa di vergogna le gote tue!" e, usando la giusta manopola, caricava di rosso lo schermo incriminato. Questo ed altro faceva quando, al colmo dello stupore, Angela disse:
"Don Carlo...ma?!"
Il prete si alzò di scatto e nell'allontanarsi dalla donna che gli si apprestava, alzò inavvertitamente il volume di tutti gli apparecchi, provocando un frastuono indicibile. Quindi andò dall'altra parte del tavolo, scavalcando agilmente fili e cavi:
"Donna!" fece a voce tonante: "Che fai costì? Come osi interferire in questa Divina Congrega? Non sai chi io sono!?"
"Ma....Parroco, aiutatemi!
" disse lei, quasi strillando.
"Io sono il Pastore del gregge universale. L'evangelizzatore cui nulla sfugge"
Angela, allora, cercò di avvicinarsi, per parlargli da vicino, dato che il frastuono impediva ogni dialogo:
"Padre!" urlò: "Il paese non c'è più...e poi questa gallina...dovete benedirla, vedete? L'uovo non esce...il Comune è sparito..." seguitò la donna al massimo della confusione mentale.
Intanto, tra prediche e invocazioni, avveniva una cosa abbastanza curiosa: la donna girava attorno al tavolo, a piccoli scatti, con l'intenzione di accostarsi al prete; questi, con scatti uguali, si allontanava, dando l'idea di un elastico che prima si allunga e poi si riaccorcia. Tra l'altro poi, in questa fuga mistica non si capiva più se fosse Angela a rincorrere il Parroco, oppure fosse quest'ultimo a rincorrere la donna.
"Fermati, prete!" urlava lei, scavalcando i cavi, e il prete tuonava, sempre a debita distanza:
"Vai via, donna! Tu insidi la debolezza degli Apostoli"........
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