VENEZUELA
10 Giugno 1956, erano quasi le nove della mattina, la nave "Lucania" della Grimaldi stava entrando nel porto di la Guayra in Venezuela. Un sole splendente e centinaia di "Fregata" che qui chiamano "tijeretas" per la forma della coda che sembra una forbice, volteggiavano alte nel cielo.
Mentre ci avviciniamo, la costa avvolta da una leggera bruma e il mare calmo, andava schiarendo. Una cosa attirò la mia attenzione, sullo sfondo, le colline erano piene di casucce disposte sui pendii come un grande presepio e non si capiva, almeno per me novello arrivato, perchè stavano lì e perchè così tante una a ridosso dell'altra come per sostenersi. Poi saprò la ragione, solo stavo arrivando in America, quella del Sud. Il nuovo Mondo, quasi seguendo la rotta di Colombo cercando nuovi orizzonti. Lui aveva incontrato una nuova terra, io solo avevo 29 anni, pieno di vita, di sogni, desideri repressi e tante illusioni.
Erano passati undici anni dalla fine della guerra e l'Italia ancora in una grande crisi.
Tutto passa e rimane assopito nel ricordo, l'Italia incominciava a rialzarsi e leccarsi le ferite, tutto era difficile, la vita e il lavoro scarso. Un giorno pensando che avrei migliorato le mie condizioni di vita e della mia famiglia, scoppiai come un tappo di champan quando mi si presentò l'occasione di emigrare. Lasciai tutto, il certo per l'incerto, verso la terra di Cristoforo Colombo con lo slancio che solo la disperazione o la gioventù è capace di fare, correndo verso un miraggio pieno di ottimismo, senza pensare a quello che mi aspettava nell'intermezzo, proprio come quando si parte per la guerra e si pensa che solo si va per vincere, mentre....
Cinquant'anni sono passati, vita piena di speranze, ideali, sogni e gioia di vivere però a costa di tanto, tanto soffrimento:" terra straniera quanta malinconia", la cantava Claudio Villa.
Ricordare è rivivere le emozioni, i momenti belli e amari; di quello che pensavo potesse essere differente; differente per lo meno di quello che stavo lasciando dietro, qualcosa di indefinito, non mi sentivo soddisfatto, contento, però per che cosa! Era come se si volesse trattenere un cavallo che vuol correrre...dove?...solo correrre.
Così mi sentivo io, la gioventù mi spingeva avanti senza pensare a cosa andavo incontro idioma,gente, costumi e una idiosincrasia completamente differente e chissà incompatibile. Come definirla quella forza interna che muove montagne, quella fede in se stessi che fa superare i peggiori ostacoli....quello fu un giorno di vera pazzia che in un momento di fantasia visionaria, volli cambiare la monotonia e il circolo nel quale mi sentivo chiuso, per raggiungere qualcosa di più, che cosa ? a saperlo...solo seguendo un impulso che alle volte ti confonde la realtà con la fantasia, le difficoltà che si possono presentare come per esempio la lingua spagnola che neppure conoscevo ma, con lo stesso impeto incosciente dicevo:- lo spagnolo? Facile basta aggiungere una "s" a tutto ed è fatto...che errato stavo, era incominciata la mia avventura.
continua*