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 Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto

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DarioR
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Data d'iscrizione : 10.01.08

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MessaggioTitolo: Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto   Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto Icon_minitime14/10/2008, 20:46

Come potevo immaginare che le cose andassero a finire così?
Barricato nel bagno con solo un bastone per amico. Come se potesse a servire a qualcosa un bastone. Sono consapevole che per come si sono messe le cose non ho alcuna possibilità di uscirne vivo.

Un millimetro, forse due. Nulla di più, la prima volta che l’ho visto. Sul tetto della cucina. L’ho guardato per un attimo non capendo bene cosa fosse. Ho creduto un insetto.
Il giorno dopo era ancora lì. Sui tre millimetri.
Poi, per un po’ di tempo, è scomparso.
Almeno un centimetro la prima notte in cui è salito sul mio viso, svegliandomi con un morsetto. Niente da dire, ha fegato. A dispetto delle sue dimensioni, non appena ha potuto, non ha esitato un deciso, seppur velleitario, attacco. Bisogna riconoscerlo: istinto predatorio sin dalla nascita.
Con un colpo della mano l’ho scacciato da me. Nulla di grave, un goccia di sangue sul viso, lui rapido a nascondersi prima che accendessi la luce. Non sono riuscito a vederlo ma al contatto col palmo della mano ho provato un brivido. Non di piacere.
Dal quel primo avventato attacco, nulla per quasi un mese. Tanto da essermi convinto di averlo eliminato.
Mi ero dimenticato di lui, avevo smesso di chiedermi cosa fosse quella presenza, quando una sera, aprendo la porte di casa, si lasciò prendere alla sprovvista.
Non del tutto, ma abbastanza da permettermi di vedere la coda.
Non appena il mio piede destro oltrepassò la soglia di casa, lo vidi sgattaiolare via dalla cucina.
Lo rincorsi per capire cosa fosse, ma nonostante un’attenta ispezione tra le stanze, di lui nessuna traccia.
Ma avevo visto la coda. Almeno tre centimetri, la coda.

Bagno, cucina, soggiorno e stanza da letto.
Quattro stanze, sessanta metri quadri. Uno spazio troppo piccolo per nascondersi a lungo. Tanto più che cresce a vista d’occhio. Me lo ripetevo quasi ogni giorno, ogni volta che cercando per casa non riuscivo a trovarlo. Ogni sera prima di coricarmi, quando per non rischiare nuove aggressioni chiudevo a chiave la porta della mia camera da letto. Ma la stanza stava chiusa sempre, anche di giorno. La chiudevo la mattina prima di andare al lavoro e ogni volta che vi rientravo.
Così passarono un paio di mesi.
Mi chiedevo se non fosse la mia immaginazione, fulgida sin da bambino, ad avermi giocato un brutto scherzo. Perché a parte me non vi era traccia di altro essere vivente nell’appartamento. In più la parte sinistra dalla prima falange del mio indice destro iniziava a farmi male per l’elevato numero di volte che avevo chiuso a chiave la mia stanza in quei due mesi.
Così una sera la lasciai aperta. Forse non aspettava altro, fatto sta che ne approfittò per catapultarsi sul mio viso.
Interruppe un mio sogno diventandone parte.
La mano di uno sconosciuto mi premeva il volto contro il cuscino e poi con unghie affilate mi graffiava strappandomi la pelle. Non era mano, ma lui a muoversi; non unghie, ma denti.
Riaprendo gli occhi vidi soltanto una sagoma scura, più rapida della mia mano, tanto che nel tentativo di afferrarla finii col colpirmi il viso. Ma le ferite sul mio volto furono provocate dai suoi morsi e graffi.

Per alcuni giorni rimasi a casa. Si trattava di ferite relativamente lievi e in meno di una settimana si sarebbero rimarginate, quindi decisi di non uscire per il tempo necessario a affinché ciò avvenisse. Non volevo dare spiegazione a nessuno sui miei segni sul viso e allo stesso tempo ero intenzionato a dedicarmi con scrupolo alla ricerca del mio aggressore.
Volevo vendicarmi.
Ma, per quanto incredibile possa sembrare, di lui non vi era traccia. Non solo non riuscivo a trovarlo, ma in casa non vi erano nemmeno impronte o sui escrementi sul pavimento. Eppure doveva essere grande più di una mano di un adulto.
Iniziai a considerare varie ipotesi, tra cui la più bizzarra prevedeva la possibilità che anche questa fosse una sua mossa per convincermi che si fosse trattato tutto di una mia fantasia e che lui in realtà non esistesse.
Non so se fosse davvero questa la sua intenzione, ma io non avevo dubbi: lui esisteva e le ferite sul mio viso ne erano la prova.
L’ipotesi alternativa era che fossi stato io stesso a ferirmi nel sonno con le unghie della mia mano, ipotesi che mi sembrava ancora meno credibile della precedente.
E poi, al di là di ogni ragionevole dubbio, io l’avevo visto, mai in modo completo né nitido (al punto da non poter dire esattamente di che cosa si trattasse), ma l’avevo visto.

Al quinto giorno di ricerca mi arresi. Lui non c’era e i segni sul mio volto era ormai dei graffietti quasi impercettibili, per cui tornai al lavoro.
Il mio lavoro consiste nel mettere timbri. Io metto timbri in continuazione. Timbri col mio nome e cognome, timbri dell’ente per cui lavoro, timbri per spedire i pacchi in uscita, timbri per registrare la ricezione di quelli in entrata.
Mi sembrava che tutto il resto del lavoro sia finalizzato al momento del timbro, forse per questo, fino a qualche mese fa, non riuscivo a nascondere un sorriso di soddisfazione nell'istante in cui il foglio si riempiva di inchiostro sopra la dicitura: Timbro e firma del ricevente, timbro e firma dell’addetto, timbro e firma del responsabile, timbro e firma del collaboratore, timbro e firma dello spedizioniere, timbro e firma del corriere.
Avevo messo circa milleduecento timbri e firme su documenti vari, dal giorno in cui ero tornato al lavoro dopo l’aggressione notturna che avevo subito, quando una sera, cercando di aprire la porta di casa trovai un ostacolo imprevisto.
Mi gettai con tutto il peso sulla porta per riuscire ad entrare in casa, ma mi si opponeva una pressione uguale e contraria alla mia che permetteva un’apertura di un paio di centimetri tra lo stipite e la porta stessa, ma che non mi consentiva di cercare l’interruttore con la mano per accendere la luce. Quando infatti infilai il braccio la sua forza superò la mia e fui costretto a ritrarlo subito. In quello stesso istante, come un ringhio. Un verso che non conoscevo proveniva dalla mia casa. In un attimo mi ricordai di lui, cinquanta timbri al giorno per milleduecento timbri, significavano ventiquattro giorni lavorativi, più di un mese considerando anche i fine settimana.
Immaginai un lucertolone o qualcosa di simile che mi impediva di godermi il meritato riposo dopo l’ennesima giornata di lavoro, ma qualcosa non mi quadrava, se infatti era cresciuto fino a diventare grande quanto una mano in un paio di mesi, come poteva ora essere diventato talmente grande e forte da impedirmi di accedere a quella che, anche legalmente, era la mia proprietà.
Esponenziale. Questa fu la risposta. La sua crescita era esponenziale. Un millimetro. Tre centimetri. Una mano. Ed una gamba, o forse più, adesso.
Ma avevo fatto troppi sacrifici per diventare proprietario di quel piccolo appartamento e feci ricorso a tutte le mie forze. Mi appoggia con la spalla sinistra alla porta e pensai a tutti i torti che avevo subito nella mia vita, per non disperdere nemmeno un grammo di rabbia. Sarà forse perché lui aveva vissuto meno tempo di me - non più di quattro mesi, stando ai miei calcoli – o perché non era stato abbastanza accorto da usare la stessa tattica, o infine, perché i torti presunti sono maggiori di quelli che ho ricevuto davvero, fatto sta che la rabbia montò e fu lui a cedere per primo.
Con le forze rimastemi ammaccai l’interruttore della luce e cercai di inseguirlo ma, agile oltre che forte, quando il buio fu scacciato non vidi nulla di animato in cucina.
Una pentola sporca del giorno prima nel lavabo, insieme ad un piatto anch’esso sporco. Poi tavolino di plastica per quattro posti, frigorifero, forno a microonde e lavastoviglie.
Soltanto oggetti anche in soggiorno, bagno e stanza da letto.
Urgeva una riflessione.
Ma visto che ero sudato per lo sforzo fatto e per l’ulteriore vana ricerca, decisi di preparami un bagno caldo. Non dimenticai di chiudere la porta a chiave e per sentirmi più sicuro portai con me un bastone da scopa.
Ma non riuscii a rilassarmi. Pensavo a quello che era appena successo e in più temevo che all’apertura della porta me lo sarei ritrovato davanti. Ma più ancora pensavo a dove potesse essere nascosto.
Sessanta metri quadri il mio appartamento.
Bagno, soggiorno, cucina, stanza da letto.
I miei pensieri furono interrotti da un rumore piuttosto forte. Qualcosa che sbatteva con insistenza contro la porta. Una zampa, ipotizai.
Così, senza pensarci due volte, uscii dalla vasca da bagno e tenendo il bastone con la destra, aprii la porta.
Ovviamente niente.

I mesi che seguirono furono i più duri della mia vita.
Mi svegliavo di soprassalto di notte, grondando sudore, per i timore di venire divorato dal mio misterioso coinquilino. Mi aggiravo tra le stanze sempre armato del mio fedele bastone e a volte anche di un coltello da cucina, non saprei dire se più timoroso per un suo possibile attacco o impaziente per un mio.
Questo stato di tensione si ripercuoteva inevitabilmente sul lavoro.
Avevo perso il sorriso nel momento in cui concludevo il processo produttivo con la certificazione del timbro, e in più dal mio volto traspariva che qualcosa stava cambiando. “Hai gli occhi un po’ cerchiati, hai il viso stanco, sei pallido oggi, qualcosa che non va?, che occhiaie che hai!, sicuro di star bene?”
Questi le frasi che mi furono rivolte con sempre maggiore frequenza dai miei colleghi di lavoro.
Finché qualcosa cambiò.

Dopo la sera in cui trovai difficoltà per entrare nel mio appartamento a causa della sua opposizione, dedicavo un’ora al giorno ad esercizi fisici per rafforzare deltoidi, addominali inferiori e superiori, biciti, tricipi e quadricipiti. Sebbene non amassi questo tipo di attività, non volevo correre il rischio di rimanere fuori di casa. Né cedere ad un essere vivente non meglio identificato, quella che sotto tutela della legge, veniva riconosciuta come mia legittima proprietà.
Ma a dire il vero, da parte sua non vi fu più un altro tentativo simile. L’unica anomalia di quei mesi la riscontrai nelle lesioni, peraltro individuabili soltanto dopo un’attenta osservazione, che scoprii nei mobili di casa. Sembravo rosicchiati. I piedi delle sedie e dei tavoli, ma anche gli stipiti delle porte, gli scaffali della piccola libreria della mia stanza e gli angoli di un armadio.
Credo che fossero queste minuscole incisioni le uniche tracce di lui.
Finché una mattina come tante, come tante dalla giorno della sua scoperta da parte mia intendo, qualcosa di nuovo si rivelò alla mia vista.

Lui esisteva, eccome!
Sebbene abbia usato una frase non del tutto appropriata (si rivelò alla mia vista), la sua esistenza mi si manifestò in maniera inequivocabile.
Ancora mezzo addormentato, ma già col bastone in mano, mi diressi verso il fornello a gas per prepararmi il caffè. Quando qualcosa, come un’ombra, mi spaventò e mi accostai con le spalle al muro. Soltanto in questa posizione ritrovai un minimo di serenità e i miei sensi, improvvisamente stressati dalla sensazione inaspettata, iniziarono a percepire con immediatezza la realtà.
Apparentemente nulla mi impediva di camminare con spavalderia al centro delle stanza, mantenendo più o meno un’identica distanza tra il mio corpo e le pareti, ma non potevo farlo, perché qualcosa occupava tutto il resto. Avevo la sensazione che l’aria fosse di colpo diventata rarefatta ed io potevo camminare solo stando accostato ai muri della casa, cercando di ridurre al minimo anche lo sforzo per respirare.
Ma più forte delle mie paure e facendo ricorso alla razionalità, non mi impedii di raggiungere un’artefatta normalità per cui, seppur lentamente e nella strana posizione descritta, riuscii ad arrivare al fornello a gas e a prepararmi il caffè.
Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto.
Facile spostarmi dalla cucina al bagno anche così.
Raggiunto il bagno mi bagnai il viso con acqua fredda: “Non lasciarti suggestionare”, pensai. “Non c’è niente fuori. Hai avuto un momento di debolezza e confusione, una piccola alterazione della realtà. Può capitare a chiunque, quindi stai calmo, fai un bel respiro e preparati per andare al lavoro.”
Con queste parole mi convinsi a continuare ad inseguire caparbiamente la mia quotidianità quindi, dopo aver espletato le funzioni corporali e le abluzioni del caso, mi preparai ad aprire la porta. Ma il fragore di un ruggito bloccò la mia mano destra sulla maniglia.
Una tigre, pensai in un primo momento. Ma mi sbagliavo: era un verso che non avevo mai sentito prima, nemmeno dei documentari sulla fauna e flora delle foreste tropicali. Era lui che finalmente si dichiarava, che mi intimidiva.

Ed è da qui sono partito per raccontarvi il mio stato attuale.
Io chiuso in bagno, lui a minacciarmi con ringhi e versi spaventosi. Ma non si decidere a buttare giù la porta. Dal rumore che fa credo gli basterebbe una zampa per trovarsi davanti a me in un attimo e con le sue fauci spalancate divorarmi in men che non si dica
Ma non lo fa. Si limita a tenermi bloccato in bagno con peso del suo corpo appoggiato alla porta. Nonostante i miei continui allenamenti ginnici non c’è più gara.
Immagino dall’altra parte un jeco della dimensione di un piccolo elefante indiano.
Ma non vuole entrare, sa che non ho via di scampo e cerca di prolungare ulteriormente la mia agonia. Chissà, forse non entrerà nemmeno e mi lascerà morire qua dentro di inedia.
La sua ultima tortura.
Ma non ha fatto i conti con il coraggio della disperazione.
Io infatti rimango aggrappato al mio bastone, senza più fretta né paura, pronto a difendermi fino all’ultimo nel caso in cui dovesse aggredirmi, seppur consapevole di non avere speranze se davvero si deciderà a farlo.
Ed allora aspetto. Aspetto le sue mosse o che siano i morsi della fame a farmi andare a mia volta all’attacco, rompendo la porta che ci separa, fracassandola a colpi di bastone. Con tutta la mia forza. Con tutta la mia rabbia.
Per consegnarmi, sfinito, alle sue fauci. Ma non prima di aver combattuto fino all’ultimo gemito, fino al momento in cui il bastone sfuggirà alla mia presa e rotolerà per terra.
Finché lentamente non smetterà di rotolare, ed allora anche quel flebile rumore, ultimo della mia vita, svanirà per sempre.
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Massimo Guisso
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MessaggioTitolo: Re: Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto   Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto Icon_minitime15/10/2008, 11:17

Ti ho mai raccontato di quando la mia bambola gonfiabile è progressivamente diventata un dirigibile, a forma di Michel Pfeiffers, e poi si è trasformata in Michael Santhers???
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Rosario Albano
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MessaggioTitolo: Re: Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto   Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto Icon_minitime15/10/2008, 16:54

Ho letto, dopo averlo stampato...

Ti piacciono gli horror eh?!

però io ci sento molto Kafka e la sue metamorfosi...

Infatti l'effetto disperante del sentirsi in trappola ineluttabilmente è riuscito bene!

A me ha colpito anche lo squallore di questo travet, che più del mostro più o meno immaginario è colpito a morte dall'alienazione e dalla routine: anzi penso che il mostro sia un mio amico!!

Ciao scrivene della altre!
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MessaggioTitolo: Re: Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto   Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto Icon_minitime15/10/2008, 17:11

un racconto scritto con arte.Di solito i racconti lunghi non mi piace leggerli a video.La tua scrittura incatena.

A volte siamo prigionieri piu delle nostre paure che delle difficoltà reali.
Immagina se il protagonista rimaneva giorni e giorni dentro la camera da letto e non in bagno... clown
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Daniela Micheli
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Daniela Micheli


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MessaggioTitolo: Re: Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto   Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto Icon_minitime15/10/2008, 23:07

Eccomi qua, Dario.
Ti ho letto oggi alle 13, mentre mi mangiavo un panino: sono rimasta incollata alle parole, come spesso mi succedeva quando incrociai la tua scrittura.
Una sceneggiatura che Cronenberg applauderebbe, non ha nulla da invidiare ad alcuni fotogrammi allucinanti di The fly, ad alcuni fermo-immagini de Il pasto nudo, che non a caso è un film di un viaggio nella mente umana, anche se qui la droga usata dal tuo protagonista non sono pasticche ma timbri, timbri, timbri e ancora timbri che lo mettono di fronte ad un mostro gigante che altro non è che lui stesso, così mi arriva Smile

Rileggerti, Dario, è un piacere grande... Non dimenticarti di noi e passa, ogni tanto, a regalarci le tue pagine.

Un bacio
Daniela
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MessaggioTitolo: Re: Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto   Bagno, cucina, soggiorno, stanza da letto Icon_minitime

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