PER AMOR DEL VERO - MUSA MONICA PORTA

La metropolitana brulicava di gente, la sera. A fatica, mi guadagnai uno spazio in piedi vicino alla porta.
Non la riconobbi subito; fu lei che si avvicinò a me sussurrandomi “Domani alle sei a casa tua” per poi scendere dal mezzo.
Mi scoprii a fissare le sue gambe che si muovevano, sinuose, verso l’uscita.
Adoro le donne, ne amo il profumo, e mi piace cambiarlo spesso.
Trascende il mio controllo; non ne posso fare a meno ma detesto il loro pianto.
Mira la conobbi una notte di luglio. Ne rimasi affascinato, stregato dal suo odore di viole, poi quello di una rosa mi distrasse.
Anche con lei fui chiaro. Mira mi capiva finché non finì, trasformandosi nel mio peggiore incubo.
Lei mi sentiva, mi amava, voleva solo me. Riuscì a terrorizzarmi.
Naturalmente scappai. Nemmeno mi piaceva, Mira.
Dolce però lo era, di gradevole compagnia e seria, sì, lo era proprio, e con me fu docile.
Rientrando in casa il mio pensiero era ancora immobile sulle sue splendide gambe. Possedevo il suo numero di telefono, li conservavo tutti, ma l’idea di disdire non mi sfiorò.
Ero curioso, spaventato ma al contempo eccitato all’idea di rivederla. Sembrava trasformata e più disinibita.
L’indomani non ero più così fermo d’intenzione ma ormai l’ora mi invitava al silenzio.
Le aprii la porta con apprensione mentre lei mi sorrideva accomodandosi sul mio divano in pelle nera.
Stava benissimo, era un dato di fatto, perciò glielo dissi. In risposta mi regalò un’occhiata languida.  
La vidi in attesa di una mia mossa per cui non indugiai, baciandola, ma la sua mano si fermò presto sul mio torace, premendolo.
Io l’assecondai, non avevo mai avuto bisogno di forzarla.
Con maestria estrasse dalla borsa un Patek Philippe in oro bianco, lasciandomi basito.
“Credo che sia tuo” esordì, maliarda.
Il mio sguardo si incupì mentre osservavo quel raro oggetto di piacere maschile.
“Non credo proprio” le risposi a tono mentre il sospetto ormai sgombrava le ultime nubi di lussuria che ancora vorticavano nella mia mente.
“Come non detto” replicò sorridendo ed allontanandosi da me.
L’osservai, attonito, riappropriarsi del soprabito viola e dirigersi alla porta.
Si girò sul farlo; non aveva ancora smesso di sorridere
“Volevo anche ringraziarti per la tua sincerità: trascende il mio controllo funziona anche per me, ora”.
Sgomento, l’osservai uscire dalla mia vita, privato del mio unico mantra.

Buongiorno Autore e buongiorno a tutti.
Piace la tua Mira, sottile, perfida, che aspetta la sua sottile vendetta al momento giusto che si presenta durante un incontro casuale sulla metro.
Con un gesto, uno soltanto lo ammazza: lui, che adora tutte le donne e dà per certo che tutte sono lì, a pendere dalle sue labbra, al "Credo che sia tuo" deve avere sentito una lama di gelido acciaio che dagli occhi è scesa a paralizzarlo. Freddo, come l'oro bianco del Patek Philippe.
Mi è piaciuto un casino questo brano, magari in revisione potrai aggiungere qualche cosa alla psicologia di lui anche se, a mio parere, mi arriva la sua stronzaggine in toto.
Bravo, Autore, i miei sinceri complimenti!