COMPAGNO DI VIAGGIO - NUCCIO PEPE

Bene, eccoci qua, dico sottovoce, e un gabbiano si volta a guardarmi un istante. Sono sull'imbarcadero di Ushuaia. Il viaggio continua tra natura e avventura, il gabbiano continua ad osservarmi, mi sistemo meglio sulle assi sconnesse, ora che lo guardo con attenzione mi sembra di riconoscerlo. Non è uno dei soliti gabbiani, sembra mi capisca e credo mi abbia seguito se non addirittura guidato fin qui. Adesso che ci penso lo ricordo appollaiato su una roccia mentre mi riempivo gli occhi con il cielo stellato a Puerto Natales e poche ore prima volteggiare alla luce del tramonto mentre il sole svaniva dietro le cime spruzzate di neve della Cordigliera. Ho attraversato il mare Oceano volando sulle onde ora schiumeggianti ora calme che viste dall'alto ricordano disegni delle terre d'arabia, le nuvole sopra e talora sotto la mia testa. Ho visto le balene sbuffare e poi inabissarsi per sfuggire o cercare il loro Achab, sono poi arrivato in queste terre che rimandano al mito della non conoscenza, che invogliano ad andare avanti per terre brulle sferzate dal vento a cercare qualcosa che non sappiamo ma che mi spinge adesso verso gli estremi di queste lande desolate. Sono stato a volte solitario con i miei pensieri, altre ho trovato occasionali compagni di viaggio per un'ora o per un giorno.
Ora il gabbiano a pochi metri da me guarda verso il mare ignorandomi, ma i ricordi mi cominciano ad affollare la mente, sì era con me su quel veliero che attraversava lo stretto tra i ghiacci perenni, ha visto con me albe e tramonti da stordimento. Ora ne sono certo: è il mio Virgilio in questo viaggio alla scoperta del mio essere, nella solitudine delle pianure battute dal vento, nello spettacolo prepotente delle montagne che sembrano spuntare per incanto nella foschia del mattino. Abbiamo ammirato insieme l'alba colorare di rosa il massiccio del Paine e quel punto nero lassù in alto: un condor che inanellava cerchi su cerchi nel cielo terso. Lo spettacolo delle isole che appaiono all'improvviso tra i ghiacci, i pinguini, le cascate quasi gelate, la miriade di uccelli, le oche, i tramonti, il cielo incredibile … ma allora esiste un Dio ! Essere, esserci sì questa è la sensazione che provo. Orazio, ho deciso di chiamare così lo sconosciuto gabbiano, apre le ali stiracchiandosi, forse annoiato dalle mie riflessioni a mezza voce. Sembra guardarmi ancora una volta, e allora sì un cenno di intesa: apro anch'io le ali e con un paio di battute vigorose ci leviamo sopra il mare che spumeggia sferzato dal vento gelido, prossima tappa è l'isola del sogno.
Vi arriviamo dopo un tempo indefinito, le onde si abbattono con forza sugli scogli color vinaccia, il vento sibila, qualche pinguino distratto si tuffa e si rituffa come in un gioco di bimbi a volte emettendo suoni rauchi. All'improvviso sotto di noi gli scogli scompaiono per dare spazio ad un prato di un verde smeraldo che continua a sfumare in una spiaggia di un bianco quasi abbagliante, le ali dapprima umide della pioggerellina sottile ed insistente portata dal vento, si cominciano ad asciugare, con una piroetta ci adagiamo lentamente sulla sabbia finissima. E' l'isola del sogno, ne sono certo. Nessuno l'aveva descritta, nelle guide non si trova, ma il mio cuore mi dice che è questa; si respira un'aria di pace, di amore. Il sole si affaccia sempre più prepotente inseguendo qualche piccola nuvola ritardataria, il vento è diventato un soffio delicato che mette un leggero brivido.
Orazio si gira a guardarmi, il becco si deforma in un sorriso e gli occhi mi guardano tranquilli, non ha più le piume ma una pelle dorata che emana un dolce profumo. Mi guardo le ali ...ma sono braccia! E non c'è più Orazio ma Lei che mi accompagna ora in questo estremo del mondo, Lei che condivide con me il fascino dell'ignoto, del viaggio come conoscenza, del riempirsi gli occhi ed il cuore di spettacoli offerti dalla natura, Lei che mi accompagna nella ricerca dell'essere. Il fischio della sirena del traghetto di Ushuaia mi riporta alla realtà, stiracchiandomi mi risveglio dal sonno in cui ero scivolato appoggiato alla parete del casotto della Compagnia dei Trasporti. "Hei Orazio sai che non eri male come compagno di viaggio ? "