SCUOLA DI VITA - TURI RUBINO

“Chi predica bene, razzola male”, a cominciare da chi predica, diciamo così, per “mestiere”.
Ecco, sarebbe bastato saperlo. Mi sarei evitato certi stupidi interrogativi, tante inutili riflessioni, e il disappunto di scoprirlo da me.
Ma allora ero un bambino e i bambini, si sa, hanno ancora tutto da imparare. Vanno a scuola proprio per questo.

I preti presso cui frequentai le elementari, predicavano l'onestà, l'eguaglianza, la correttezza, e condannavano l'inganno, l'avidità eccetera.
Predicavano e inculcavano, anche e ovviamente, la fede religiosa, i comandamenti, il genuino amore per Dio e tutto.
Per incentivare l'apprendimento ricorrevano, fra l'altro, all'infallibile sistema di punizioni e ricompense.  Benché antichissimo e rudimentale, è lo stesso brevettato col pomposo termine di “condizionamento” dai signori Pavlov, Skinner e compagnia bella: un topo morto di sete impara facilmente a premere una levetta che provoca l'erogazione di una goccia d'acqua. E' provato che, in quattro e quattr’otto, anche un topo deficiente preme la levetta col ritmo di una mitragliatrice!
Noi non eravamo topi morti di sete, eravamo bambini.
Poco male: i preti s’inventarono una bella raccolta-punti e noi scolaretti, né più e né meno come i famosi topolini, ci davamo un gran da fare ad accumularli.
Sono sicuro, ad esempio, che passare per la cappella, al mattino prima di andare in classe, valesse un punto.
Entravi, facevi il segno della croce, uscivi, trovavi un compagno, uno dei tre o quattro che avevano il privilegio di svolgere questo compito, e quello ti dava un bigliettino verde: verde uguale un punto. Un punto di che? Di fervore religioso? Un punto.
Ora non ricordo con esattezza quali fossero gli altri comportamenti o situazioni che consentivano ulteriori e più cospicui arricchimenti, anche perché in questo particolare campo fui sempre una schiappa e più che bigliettini verdi non seppi accumulare, però ce n’erano di bianchi, rossi, e forse anche gialli.
Servire Messa come chierichetto valeva senz’altro un bigliettone da capogiro, ma non era facile ottenere certi incarichi, anzi era pressoché impossibile.
Alcuni però, misteriosamente, ci riuscivano! Erano i professionisti. Erano quelli del “Padre di qua, Padre di là”; e c’erano sempre, accanto al Padre Rettore, al Padre Preside, ai Prefetti… Loro avevano le chiavi della sala giochi, distribuivano i palloni per la ricreazione, segnavano i buoni e soprattutto i cattivi alla lavagna, eccetera eccetera.

In ogni modo, alla fine dell’anno, piccolo o grande che fosse, ognuno aveva il suo gruzzolo di punti e poteva utilizzarlo nel corso della grande asta. Sì, proprio un’asta, con tanto di “Padre battitore”.
C’era un mucchio di roba, più o meno interessante.
Mettiamo che io avessi accumulato cinquanta punti; dovevo gestirli bene.

Lascio stare le Madonnine fosforescenti, ce n’è un sacco e di tanto in tanto ne va all’asta una; e sorvolo senz’altro anche sui rosari, tanto non prego granché.
Sto aspettando un libro illustrato sugli animali che ho adocchiato fin dall’inizio. Com'è bello!
Eccolo. Parto con dieci punti, replico prontamente ai primi timidi rilanci, e poi tiro la botta: “Cinquanta!”
“Cinquanta e uno, cinquanta e due, …cinquanta e….”
“Sessanta”: un professionista del Padre di qua, Padre di là.
Addio libro - Andiamo in pace – Amen.

Non sto ad annoiarvi con la sorte che toccò a qualche altro bel libro, ad una scacchiera, ad una variopinta confezione di pastelli a cera.
Alla fine me ne tornai a casa con una delle Madonnine (carina, devo ammettere, tutta luminosa nel buio della stanza), e i rimanenti vent’otto quadratini verdi, ormai inservibili perché fuori corso legale da quella sera stessa.

Forse, a ripensarci col senno di poi, non è vero che la scuola è solo nozionismo inutile e che non ti prepara alla vita di tutti i giorni.
Certi apprendimenti, però, dipendono da come si è fatti, dall’impegno che ci si mette, e, ovviamente, dalle tecniche formative della singola scuola.