UN SILENZIO DI PIOMBO - TURI RUBINO

Alle otto in punto Aldo Grassi abbassò la saracinesca. Chiuse i catenacci che l’assicuravano e salutò le ragazze.
“Buonanotte signor Aldo”, cinguettò Monica. Era la nuova commessa: vent’anni, occhioni verdi, labbra corallo e un culo… un culo da perderci il sonno.
“Notte”, biascicò lui.
Montò in macchina trascinandosi appresso un’ombra di malumore.
Era duro ammetterlo… dopo dieci anni il suo matrimonio andava avanti con la monotonia di un vecchio trenino elettrico. Lui al negozio, da mattina a sera. Lei in ufficio. Poi il cineclub, gli amici il sabato, sempre i soliti, e una scopata ogni tanto.
Come avevano fatto a ridursi così?
Accese una sigaretta. Cacciò fuori un nuvolone denso, acre di nostalgia.
Non gli restava che noleggiare una cassetta e tornare a casa. Il pollo sarebbe stato in forno, pronto, solo da riscaldare. Cinzia aveva la sua canasta, il giovedì.
Chissà se anche lei si sentiva così…
Davanti a Blockbuster decise che quella sera non aveva voglia di film, e tanto meno di pollo.
Deviò sulla litoranea. Ricordava una trattoria, appena fuori città, una terrazza ubriacata dal profumo del mare. C’era stato con Bruno, un suo amico, tempo addietro.
“MARECHIARO”. L’insegna azzurra lampeggiava, degna di un luna-park.
Rallentò. Sgranocchiando il pietrisco sotto le ruote, raggiunse il parcheggio.
Lì in fondo, violentata dai fari, la macchia gialla di un’auto balzò fuori dal buio. Inconfondibile.
Chiuse gli occhi di scatto. Li serrò più che poteva e rimase così, immobile.
Rantolava. L’immagine di due sagome che si baciavano, avvinghiate nell’abitacolo, gli bruciava dentro.
Quando s’impose di riaprire gli occhi, Bruno stava scendendo dalla “due cavalli” di Cinzia.
Aldo si dileguò. Come un ladro.

Al Commissariato di Polizia, dove finalmente ha deciso di rivolgersi, Cinzia è sconvolta.
Non chiude occhio da due giorni.

Era tornata a casa verso l'una, la notte di giovedì, attenta come sempre a non far rumore. Era andata in bagno, aveva indossato il pigiama e, al buio, aveva raggiunto la camera da letto.
Non aveva cercato il corpo di Aldo. S'era rannicchiata dal suo lato del letto e s'era disposta a dormire.
Era sempre difficile prendere sonno lì, a casa, dopo l'amore con Bruno. Erano amanti da oltre un anno. Cinzia non stava troppo a chiedersi come e perché fosse accaduto. Era successo, basta. All'inizio pensava che sarebbe finita subito, invece era andata avanti, e ancora avanti. Un piacevole passatempo. Sì, niente di più, si diceva. O un vizio, ammetteva in altri momenti, un vizio che per adesso era più forte di lei.
Lì, in quel momento, aveva rivolto il pensiero ad Aldo. Era un brav'uomo. Forse un po' noioso. E ingenuo. Uno che non avrebbe mai sospettato, che sarebbe caduto dalle nuvole...
A un tratto, seppure immobile e già avvolta dal torpore della sonnolenza, Cinzia aveva avvertito un freddo vuoto alle spalle.
D'istinto aveva allungato una mano.
Aldo non c'era.

I poliziotti, quasi con indolenza, le spiegano che hanno ben poco da fare: “se uno vuole allontanarsi, cara signora, è padrone di farlo; mica è un reato”, l’esortano a tranquillizzarsi, a dare tempo al tempo: “intanto sono passati solo due giorni, e poi di mariti che spariscono all'improvviso per ricomparire dopo un po', magari con la coda fra le gambe, ne abbiamo pieni gli archivi”. E qui i poliziotti si danno un'occhiata d'intesa.
Disperata, Cinzia prova a parlare ancora, a raccontare, ma le sembra di arrampicarsi su uno specchio.
“Come dice, signora? Nelle ultime ventiquattro ore è irrintracciabile anche un'altra persona?”
Prendono nota, con malcelato fastidio: Bruno Monti.
E chi è? Un amico del marito? E quale nesso dovrebbe esserci fra le due, diciamo così, scomparse?
Qui Cinzia si smarrisce del tutto, sa solo sussurrare: “non so, è strano...”, e tace tutto il resto.
Ed è proprio tutto il resto a martoriarle la mente.

Quella notte Cinzia aveva preso ad aggirarsi per casa. Un animale in gabbia. Poi aveva chiamato Bruno, prima a casa e dopo anche al cellulare. Nessuna risposta. Era notte fonda, ormai.
Allora l'ombra di un'idea, di un sospetto, le era saettata in mente. Mentre una morsa le serrava lo stomaco, Cinzia era corsa alla scrivania di Aldo. Aveva aperto il cassetto con furia, sfilandolo completamente. Carte, matite, tutto s'era rovesciato per terra. Tutto. Mancavano solo la pistola e la scatola dei proiettili.
Cinzia era crollata sulla poltrona. Dopo un attimo il telefono aveva preso a squillare.
“Pronto... pronto!”
Silenzio.

Uscita dal Commissariato, Cinzia torna a casa. Svuotata.
Ingoia una manciata di sonniferi e si mette a sfogliare una rivista presa a caso, implorando di addormentarsi anche soltanto un paio d'ore.
Il telefono squilla di nuovo. È una persecuzione, ormai.
“Pronto. Pronto! ... Aldo sei tu? Aldo! Dove sei?”
Il solito silenzio. Un silenzio di piombo.
Sospira. Va in cucina. Ha la gola asciutta, secca.
Poi, quasi imponendoselo, si rimette in poltrona e riprende a leggere ma un rumore la interrompe. Un click nella sala. Lo scatto di una serratura? Poi dei passi. Una pausa. Un altro passo. Poi silenzio.
Sa che è inutile, ma lo stesso prova a chiamare, a implorare un'ultima volta: “Aldo? Aldo!”