MIELE - G&F GIAMPIERO PIERI

La nostra è un'epoca essenzialmente tragica, perciò ci rifiutiamo di viverla tragicamente. Io amo la delicatezza, ed Éros ha ottenuto per me la bellezza e la luce del sole.

“Noo, ti prego. Mi fai il solletico!”
“Su su, non fare storie. Il miele è la cosa più buona del mondo. Il suo solo nome evoca la dolcezza assoluta, come quella che mi scioglie il cuore e le ginocchia ogni volta che ti vedo”.
“Ma sono tutta sudata. Noo, ti prego. Che schifo, sono tutta un pastrocchio”.
Il dolce nettare diventa ancora più fluido col calore della pelle, sembra voler sfuggire ovunque, e tutto appiccica. Dietro alle orecchie deliziose perline salate le impreziosiscono la pelle delicata, inumidiscono l’attaccatura dei capelli alla base della nuca. E’ un invito troppo forte per non poter essere raccolto. La mia lingua ne è attratta, cerca disperatamente di nettarle, le insegue una ad una lungo il collo. Il miele intanto allaga ogni superficie della pelle, attraversa il solco tra i suoi seni e precipita lento come un’eruzione vulcanica in miniatura. Inarrestabile corre giù alla ricerca del ventre piatto in cui raccogliersi, trova l’ombellico e pare soffermarsi un attimo finché non lo sommerge fino a traboccare. Quindi riprende la sua corsa precipitando ancora più in basso mentre la mia mano, più su continua a versarne dal vasetto per alimentare la sorgente di questo piccolo fiume dorato, lieve. Disegno ampi cerchi con il dito a spanderlo in ogni angolo dimenticato.
“Oh! Guarda guarda, che pasticcio.”
“Sì, non so cosa ti è preso. Mi ci vorrà una lunga doccia calda per toglierlo via tutto. Il miele non mi piace nemmeno.” È divertita, rialza un poco la testa per ammirare quella piccola alluvione che la sta invadendo.
“Certo, una bella doccia è quello che ci vuole. Dopo sarò io a lavarti, amore mio “dolcissimo”, ma intanto bisogna rimediare, in qualche modo.”
Dio quanto la desidero, il suo sguardo nocciola mi ha rapito l’anima già il primo momento che l’ho incontrata, e adesso non potrei rinunciare a lei per niente al mondo. Ora, qui sul mio lettone, sono dietro di lei, in ginocchio con le gambe raccolte sotto di me. Lei usa le mie cosce semiaperte come cuscini, come spalliere di una bassa poltrona, con la nuca che si appoggia sul mio pube mentre lascia penzolare le sue gambe all’altra estremità del letto. Mi basta inchinarmi per trovare i suoi occhi semichiusi e la sua bocca, vogliosi di bacetti. Dalla mia posizione rialzata vedo il rivolo zuccherino che invade ormai il piccolo ciuffetto di peli che si erge raccolto sopra al monte di Venere. So che proprio lì finirò col cercare il nostro piacere. Dal mio ventre parte un brivido continuo che mi percorre tutte le membra, un piccolo terremoto interno che non trova sfogo alla tensione, che mi fa sciogliere come un fiocco di neve fuori stagione. È un’onda di calore che mi pulsa nello sterno, che svuota ogni muscolo. Non resisto più, Faccio ponte col mio corpo e inizio a muovermi scivolando lieve su di lei alla ricerca del nettare. Per un attimo i nostri capezzoli si scontrano, a lungo roteano attorno a cercarsi l’un l’altro. Poi riprendo ad inseguire la scia del dolce succo impreziosito dal gusto salato di sudore. Sento la sua bocca che da sotto che mi cerca. Le sue mani scortano il mio passaggio, quasi a sorreggermi, mi guidano mentre avanzo verso il piccolo lago ricolmo di sudore e miele disciolti insieme. Lei mi restituisce ogni bacio che le poso sulla pelle. Ogni colpetto di lingua che insinuo nel suo ombellico mi viene immediatamente reso come il riflesso di uno specchio. Finalmente realizza che sto per arrivare in fondo al mio percorso, sa che niente ormai mi potrà fermare. Le sue cosce che si allargano in rassegnata, desiderata attesa. A quel segnale inconscio, quanto inequivocabile, d’istinto compio un altro piccolo balzo e avanzando lascio cadere il mio peso su di lei. Mentre, avida, prendo il mio premio, già sento i suoi baci raccogliere il piacere che mi si scoglie tra le gambe.